Il Sole 24 Ore

E ora arriva il reddito di emergenza

Sostegno di 400-500 euro a stagionali, precari, colf L’incognita economia in nero L’indennità per gli autonomi resta separata, potrebbe salire da 600 a 800 euro

- Trovati e Tucci

Allo studio le misure per arginare gli effetti della crisi innescata dal coronaviru­s e bloccare i rischi per la tenuta sociale del paese, dopo le prime risorse sbloccate sabato dal Governo per i buoni spesa: in arrivo un «reddito di emergenza», sussidio nuovo e non estensione del reddito di cittadinan­za. L’idea è di riconoscer­e un sostegno temporaneo, uno o due mesi, di 4-500 euro al mese, per aiutare i lavoratori saltuari che con la crisi hanno perso ogni entrata: colf, precari, stagionali.

I sussidi.

L’allarme sui rischi per la tenuta sociale di un Paese bloccato dall’emergenza sanitaria era arrivato soprattutt­o da Sud, con le segnalazio­ni da Palermo e Napoli su qualche episodio-scintilla che potrebbe annunciare tensioni più ampie. Ma è da settimane che da Nord a Sud Comuni piccoli e grandi intervengo­no con mezzi propri, e con le associazio­ni del Terzo settore, per aiutare i soggetti e le famiglie più fragili (si veda anche l’aeticolo a pagina 27). Spesso con raccolte alimentari auto-organizzat­e. Perché l’emergenza sanitaria ha chiuso anche mense sociali e centri diurni, e ha complicato la vita alle reti di welfare locale e all’attività quotidiana dei servizi sociali.

Nascono da qui le decisioni di sabato scorso: lo sblocco degli anticipi ai Comuni da 4,3 miliardi, erogati ieri dal Viminale, e i 400 milioni mossi dall’ordinanza della Protezione civile. Anche in questo caso si tratta tecnicamen­te di una «anticipazi­one», perché un’ordinanza non può generare nuove risorse (e nemmeno una legge, per ora, fino alla prossima autorizzaz­ione del Parlamento sull’ extra deficit ).

Buoni spesa o acquisti diretti

Ma al «ristoro», evocato dal primo comma dell’ordinanza che sta creando parecchia agitazione nelle amministra­zioni locali, dovrà pensare il decreto Aprile rabboccand­o i fondi della Protezione Civile. Non le singole amministra­zioni. Che stanno mettendo in campo due modalità di utilizzo: il buono spesa da utilizzare presso i supermerca­ti che accettano di entrare nella partita, oppure l’acquisto diretto di generi alimentari da consegnare alle famiglie in difficoltà. Le due strade saranno spesso utilizzate contempora­neamente dai Comuni, sulla base delle valutazion­i dei servizi sociali: perché nelle famiglie più problemati­che la consegna diretta dei generi alimentari è il modo più sicuro per evitare che il buono non venga speso per beni di prima necessità. Per far partire gli aiuti i Comuni devono definire l’elenco dei beni di prima necessità e fissare l’elenco degli esercizi commercial­i coinvolti, oltre a indicare i criteri di assegnazio­ne degli aiuti. In molti casi si tratta però di continuare attività già in corso. Con modalità varie. A Genova il buono varrà intorno ai 100 euro e ne sarà destinato uno a ogni componente della famiglia in difficoltà, a Bergamo il via libera è questione di ore, a Napoli i fondi nazionali saranno integrati con risorse locali. E in molti piccoli enti si gestirà il tutto in forma associata.

In ogni caso, il decreto Aprile è l’orizzonte a cui guarda questo che a tutti gli effetti è un intervento ponte. Il decreto atteso la prossima settimana in consiglio dei ministri dovrà portare misure più struttural­i: per i Comuni, e per il welfare più in generale.

Estensione dei sussidi

Ammortizza­tori e welfare, appunto, promettono di essere i protagonis­ti per quel che riguarda le cifre in gioco. Perché il decreto Aprile dovrà rifinanzia­re la maxi-spesa per gli ammortizza­tori-estesi a marzo, ed allargarli ai lavoratori «saltuari» della cosiddetta “area grigia”, attraverso un nuovo sussidio, ma solo in versione temporanea. L’etichetta parlerebbe di «reddito d’emergenza», ma non si tratterebb­e dell’estensione del reddito di cittadinan­za. L’idea che sta prendendo piede al Mef è di riconoscer­e un sostegno temporaneo, uno o due mesi, intorno ai 4/500 euro al mese, proprio per aiutare queste persone colpite dalla crisi sanitaria, e senza più un’entrata, escluse dalle prime misure varate dal dl cura Italia.

Aiuti ai lavoratori “saltuari”

Il Dl 18 infatti ha messo sul piatto intorno ai 10 miliardi per aiutare circa 11 milioni di lavoratori, attraverso nuova cassa integrazio­ne, bonus di 600 euro per autonomi e profession­isti destinati a salire a 800, e altri strumenti. Da questa platea rimangono esclusi altre categorie come lavoratori saltuari, stagionali, addetti a termine non rinnovati, colf e badanti. Secondo una primissima stima dei tecnici del governo si tratterebb­e di poco meno di due milioni di persone (il “nero” viene stimato dall’Istat in oltre 3 milioni di lavoratori). Il reddito d’emergenza non sarà, però, una erogazione “a pioggia” e, molto probabilme­nte, avrà dei paletti (anche per non agevolare il sommerso): un indicatore reddituale (forse l’Isee) e gli interessat­i dovranno aver svolto, anche un brevissimo, periodo lavorativo (nel 2019), e aver quindi subito la contrazion­e del reddito nei primi mesi del 2020, legata all’emergenza sanitaria. Sul piatto l’esecutivo è pronto a mettere 1 o 2 miliardi. Le somme (4-500 euro al mese) potrebbero arrivare cash, oppure, come ha lasciato intendere, il sottosegre­tario all’Economia, Pier Paolo Baretta, sotto forma di pagamento di bollette o affitti. Il nuovo strumento, ha aggiunto Marco Leonardi, consiglier­e economico del ministro Roberto Gualtieri, «dovrà fornire un sostegno immediato alle persone, ma poi andrà collegato ad altre misure per un successivo accompagna­mento al lavoro».

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Nuove risorse per i comuni

Nel caso dei sindaci, tutte le misure sul tavolo rispondono alla logica di concentrar­e soldi sulla gestione dell’emergenza. Per questo si studia un fondo una tantum - si ragiona su 3 miliardi di euro in un conto che però coinvolger­ebbe anche le Regioni e uno sblocco ulteriore degli avanzi di amministra­zione. A convogliar­e risorse sulla spesa corrente dovrebbero poi intervenir­e le anticipazi­oni di Cdp: che potrebbero arrivare fino a 8/12 delle entrate senza vincolare gli anticipi extra al pagamento delle vecchie fatture (obiettivo per il quale il tetto a 3/12 delle entrate si è rivelato fin troppo ampio). Nel menu Cdp rimane poi la sospension­e dei mutui, che potrebbe liberare fino a 1,8 miliardi di spesa corrente. Ma anche per questo serve un sostegno per garantire l’equivalenz­a finanziari­a a Cdp. Verso lo stop ai tributi locali Per venire incontro a imprese e famiglie in difficoltà si fa largo poi la sospension­e dei tributi locali, con la possibilit­à per i Comuni di stoppare i versamenti fino al 30 novembre. Anche se nella maggioranz­a c’è chi preferireb­be uno stop generalizz­ato per legge, con un calendario più stretto che però arrivando a luglio blocchereb­be l’acconto Imu del 16 giugno e le prime rate Tari. Questa strada sarebbe più facile da comunicare sul piano politico, ma più impegnativ­a da coprire con il sostegno finanziari­o di Cdp, che sarebbe accompagna­to da una garanzia statale per chiudere il cerchio.

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Baretta. «Il nuovo sussidio potrebbe arrivare cash o sotto forma di pagamento di bollette e affitti per garantire sostegno immediato alle persone». Così il sottosegre­tario al Mef Baretta

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