Stretta sul decreto: si tratta su un deficit da almeno 1,5 punti
Goldman Sachs: deficit italiano verso il 10%, il debito crescerà al 160%
L’approssimarsi del consiglio dei ministri che domani dovrà decidere il nuovo deficit per finanziare la seconda ondata di misure a sostegno dell’economia fa crescere la pressione della maggioranza per spingere in alto i numeri del decreto Aprile, con i Cinque Stelle e parte del Pd che punta ad arrivare a 50 miliardi. Ma alimenta i timori di Via XX Settembre sulla tenuta dei conti. Anche perché è dato per certo un nuovo intervento a maggio, che dovrebbe occuparsi delle misure per la ripartenza una volta chiusa la fase più serrata dell’emergenza. In un braccio di ferro che ruota su un disavanzo aggiuntivo vicino all’1,5% del Pil (28 miliardi) per finanziare un decreto da almeno 35 miliardi: ma può spingersi fino al 2% secondo la linea più ambiziosa. Accanto al disavanzo c’è in gioco un recupero almeno parziale dei fondi europei non ancora impegnati, e perché una quota della spesa per gli ammortizzatori sociali incide sul saldo netto da finanziare ma non sull’indebitamento.
Numeri e prospettive sono finite ieri sui tavoli della “cabina di regia” economica al Mef, con ministro, vice, sottosegretari e Italia Viva. Obiettivo della riunione è stato quello di condividere le priorità sfrondando una lista di proposte che cuberebbe oltre 50 miliardi. Non per prudenza ragionieristica, avrebbe ribadito Gualtieri nella riunione, ma per tracciare un percorso che sia giudicato sostenibile dai mercati proprio nelle ore in cui arriva agli snodi decisivi la rete dei confronti bilaterali in vista dell’Eurogruppo del 7 aprile: altro fronte che agita parecchio la maggioranza per la questione Mes, e che promette di scaldare anche l’incontro che il premier Conte ha in programma stamattina con l’opposizione. Nel frattempo il ministro dell’Economia continua i confronti con i colleghi del G20 per costruire un’impostazione fiscale coordinata in funzione anti-crisi.
Il fatto è che la giornata di Via XX Settembre non era iniziata bene, scandita da tre numeri significativi. Il Btp decennale con scadenza al 1° agosto 2030 ha incontrato una buona domanda ma ha fatto segnare un rialzo di 48 punti base rispetto al rendimento all’1% dell’ultima asta, uno scarto non da poco in tempi di acquisti massicci da parte della Bce con il programma Peep. Nelle stesse ore Confindustria discuteva le slide del Centro Studi che disegnano un crollo del Pil del 6% per quest’anno, e le agenzie battevano il 10% di deficit sul Pil (con debito al 160%) stimato per l’Italia da Goldman Sachs. «Un accordo sul Mes a condizionalità limitata alla fine si troverà», spiega in pratica il report, ma questo non basta a cancellare i «timori sulla sostenibilità fiscale» del Sud Europa. Con Francia e Spagna proiettate verso un deficit al 7%. Ma con l’Italia nel ruolo scomodo del detonatore.
È in uno scenario del genere che va cercato l’equilibrio per far partire senza troppi scossoni il decreto Aprile. Equilibrio delicato. Perché il blocco produttivo ha fatto esplodere il costo degli ammortizzatori sociali, che per essere rifinanziati chiedono almeno 11-12 miliardi. Ma il conto cresce di circa 3 miliardi con la replica degli aiuti ad autonomi e partite Iva, per i quali il governo vuole alzare l’assegno a 800 euro limitando però la platea ai più colpiti dalla crisi; e il pacchetto si porta dietro almeno altri 2-3 miliardi per l’estensione del sostegno a colf, badanti, stagionali e lavoratori discontinui, tema su cui i ministri M5S continuano a premere per un intervento a tutto campo. Non meno di 3 miliardi servono poi per i congedi parentali, e la nuova spinta alle garanzie per la liquidità delle imprese, indispensabile per evitare che la crisi diventi definitiva per migliaia di imprese, ha bisogno di 3-4 miliardi per raddoppiare la leva avviata con il decreto Marzo.
Ma l’elenco non può dimenticare gli aiuti a Regioni ed enti locali (si parla di 3 miliardi di trasferimenti extra), che ieri in Conferenza Unificata sono tornati a ribadire l’urgenza di un sostegno più strutturato dopo gli anticipi del weekend.
Basta insomma questo elenco minimo per esaurire il bacino da 30 miliardi. Ma tra gli interventi indispensabili c’è il rifinanziamento degli aiuti per le famiglie con figli fino a 12 anni, reso ancora più irrinunciabile dal prolungarsi della chiusura di asili e scuole, mentre la ministra della Famiglia Binetti rilancia il dossier sull’assegno universale per i figli fino a 14 anni. E ci sono le spese extra per sanità e forze di sicurezza. Quasi impossibile fermarsi sotto i 35 miliardi, in un calcolo che non considera le nuove sospensioni dei versamenti fiscali e contributivi perché essendo a tempo incidono solo (si fa per dire) in termini di cassa. In attesa di costruire un piano di rientro per evitare di proporre alla ripresa uno scalone fiscale ai contribuenti.
Il provvedimento è già lievitato a 35 miliardi, cresce il pressing per arrivare a 50, ma serve un altro Dl a maggio