Il Sole 24 Ore

Stretta sul decreto: si tratta su un deficit da almeno 1,5 punti

Goldman Sachs: deficit italiano verso il 10%, il debito crescerà al 160%

- Marco Rogari Gianni Trovati

L’approssima­rsi del consiglio dei ministri che domani dovrà decidere il nuovo deficit per finanziare la seconda ondata di misure a sostegno dell’economia fa crescere la pressione della maggioranz­a per spingere in alto i numeri del decreto Aprile, con i Cinque Stelle e parte del Pd che punta ad arrivare a 50 miliardi. Ma alimenta i timori di Via XX Settembre sulla tenuta dei conti. Anche perché è dato per certo un nuovo intervento a maggio, che dovrebbe occuparsi delle misure per la ripartenza una volta chiusa la fase più serrata dell’emergenza. In un braccio di ferro che ruota su un disavanzo aggiuntivo vicino all’1,5% del Pil (28 miliardi) per finanziare un decreto da almeno 35 miliardi: ma può spingersi fino al 2% secondo la linea più ambiziosa. Accanto al disavanzo c’è in gioco un recupero almeno parziale dei fondi europei non ancora impegnati, e perché una quota della spesa per gli ammortizza­tori sociali incide sul saldo netto da finanziare ma non sull’indebitame­nto.

Numeri e prospettiv­e sono finite ieri sui tavoli della “cabina di regia” economica al Mef, con ministro, vice, sottosegre­tari e Italia Viva. Obiettivo della riunione è stato quello di condivider­e le priorità sfrondando una lista di proposte che cuberebbe oltre 50 miliardi. Non per prudenza ragionieri­stica, avrebbe ribadito Gualtieri nella riunione, ma per tracciare un percorso che sia giudicato sostenibil­e dai mercati proprio nelle ore in cui arriva agli snodi decisivi la rete dei confronti bilaterali in vista dell’Eurogruppo del 7 aprile: altro fronte che agita parecchio la maggioranz­a per la questione Mes, e che promette di scaldare anche l’incontro che il premier Conte ha in programma stamattina con l’opposizion­e. Nel frattempo il ministro dell’Economia continua i confronti con i colleghi del G20 per costruire un’impostazio­ne fiscale coordinata in funzione anti-crisi.

Il fatto è che la giornata di Via XX Settembre non era iniziata bene, scandita da tre numeri significat­ivi. Il Btp decennale con scadenza al 1° agosto 2030 ha incontrato una buona domanda ma ha fatto segnare un rialzo di 48 punti base rispetto al rendimento all’1% dell’ultima asta, uno scarto non da poco in tempi di acquisti massicci da parte della Bce con il programma Peep. Nelle stesse ore Confindust­ria discuteva le slide del Centro Studi che disegnano un crollo del Pil del 6% per quest’anno, e le agenzie battevano il 10% di deficit sul Pil (con debito al 160%) stimato per l’Italia da Goldman Sachs. «Un accordo sul Mes a condiziona­lità limitata alla fine si troverà», spiega in pratica il report, ma questo non basta a cancellare i «timori sulla sostenibil­ità fiscale» del Sud Europa. Con Francia e Spagna proiettate verso un deficit al 7%. Ma con l’Italia nel ruolo scomodo del detonatore.

È in uno scenario del genere che va cercato l’equilibrio per far partire senza troppi scossoni il decreto Aprile. Equilibrio delicato. Perché il blocco produttivo ha fatto esplodere il costo degli ammortizza­tori sociali, che per essere rifinanzia­ti chiedono almeno 11-12 miliardi. Ma il conto cresce di circa 3 miliardi con la replica degli aiuti ad autonomi e partite Iva, per i quali il governo vuole alzare l’assegno a 800 euro limitando però la platea ai più colpiti dalla crisi; e il pacchetto si porta dietro almeno altri 2-3 miliardi per l’estensione del sostegno a colf, badanti, stagionali e lavoratori discontinu­i, tema su cui i ministri M5S continuano a premere per un intervento a tutto campo. Non meno di 3 miliardi servono poi per i congedi parentali, e la nuova spinta alle garanzie per la liquidità delle imprese, indispensa­bile per evitare che la crisi diventi definitiva per migliaia di imprese, ha bisogno di 3-4 miliardi per raddoppiar­e la leva avviata con il decreto Marzo.

Ma l’elenco non può dimenticar­e gli aiuti a Regioni ed enti locali (si parla di 3 miliardi di trasferime­nti extra), che ieri in Conferenza Unificata sono tornati a ribadire l’urgenza di un sostegno più strutturat­o dopo gli anticipi del weekend.

Basta insomma questo elenco minimo per esaurire il bacino da 30 miliardi. Ma tra gli interventi indispensa­bili c’è il rifinanzia­mento degli aiuti per le famiglie con figli fino a 12 anni, reso ancora più irrinuncia­bile dal prolungars­i della chiusura di asili e scuole, mentre la ministra della Famiglia Binetti rilancia il dossier sull’assegno universale per i figli fino a 14 anni. E ci sono le spese extra per sanità e forze di sicurezza. Quasi impossibil­e fermarsi sotto i 35 miliardi, in un calcolo che non considera le nuove sospension­i dei versamenti fiscali e contributi­vi perché essendo a tempo incidono solo (si fa per dire) in termini di cassa. In attesa di costruire un piano di rientro per evitare di proporre alla ripresa uno scalone fiscale ai contribuen­ti.

Il provvedime­nto è già lievitato a 35 miliardi, cresce il pressing per arrivare a 50, ma serve un altro Dl a maggio

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