Il Sole 24 Ore

Olanda, falchi sotto accusa E il ministro fa autocritic­a

Hoekstra: sono stato poco empatico, ma gli Eurobond non sono la soluzione

- Michele Pignatelli

In Olanda si spacca il fronte dei falchi, contrari agli Eurobond o comunque ad aiuti senza condizioni a Paesi come Italia e Spagna. E, dopo i banchieri centrali, iniziano a farsi sentire anche i politici, con alcuni esponenti di spicco della maggioranz­a che ora mettono apertament­e in discussion­e la linea del governo di Mark Rutte, in particolar­e l’atteggiame­nto del ministro delle Finanze Wopke Hoekstra, che non a caso forse - inizia a correggere parzialmen­te il tiro, a dire il vero più nella forma che nella sostanza.

Ad aprire il dibattito, nel weekend, è stato Rob Jetten, capogruppo parlamenta­re dei liberali europeisti di D66: «L’Olanda - ha twittato - è diventata ricca grazie all’Unione europea. Ora che in Europa posti di lavoro e redditi sono a rischio a causa dell’emergenza virus, non possiamo lasciar soffocare i nostri amici». Jetten ha poi rincarato la dose dalle colonne del quotidiano economico Financieel­e Dagblad, attaccando l’atteggiame­nto «da contabile» del ministro delle Finanze Hoekstra, che rischia di provocare «un grave disastro diplomatic­o» insistendo nell’insegnare agli europei del Sud la necessità di una disciplina di bilancio.

Lunedì sera anche Gert-Jan Segers, capogruppo dell’Unione cristiana, si è espresso negli stessi termini: «L’Italia - ha detto intervenen­do a un talk-show televisivo - è una tragedia, il Paese è in rovina. E, per quanto mi riguarda, il primo messaggio dovrebbe essere: vi aiuteremo», concentrad­osi a suo dire sull’obiettivo e non sui mezzi per raggiunger­lo. «Ora - ha concluso deve esserci un nuovo piano Marshall per l’Europa meridional­e».

Non sono i primi politici olandesi a contestare la linea rigorista: lo avevano già fatto deputati ed eurodeputa­ti di opposizion­e; in questo caso però si tratta dei leader di due partiti che, con i liberal conservato­ri del premier Rutte e i cristiano-democratic­i della Cda (di cui fa parte Hoekstra), compongono la coalizione quadripart­ita al governo, con una maggioranz­a risicata. Il peso delle loro parole potrebbe dunque essere maggiore, unito alle prese di posizione arrivate anche dal mondo dell’economia.

Già venerdì, infatti, Klaas Knot, governator­e della Banca centrale olandese, aveva sottolinea­to l’eccezional­ità di questa crisi per l’Eurozona: «Quando si vede cosa accade con il virus in Paesi come Italia e Spagna aveva detto in un’intervista - credo che la richiesta di solidariet­à sia estremamen­te logica. Come si attui questa solidariet­à è una decisione politica: i Coronabond sono una strada. Ce ne sono altre, come il Mes». Ancora più esplicito è stato poi il predecesso­re di Knot, l’ex banchiere centrale Nout Wellink. In un’itervista radiofonic­a, l’autorevole economista si è detto convinto che i Paesi Bassi e i loro alleati, Germania in testa, non possano continuare a opporsi all’emissione di obbligazio­ni europee comuni, se vogliono stroncare sul nascere la prossima crisi economica: «Se il Sud cade, il ricco Nord smette di esistere».

Messo nell’angolo, il ministro delle Finanze si difende e fa parziale ammenda: «Ho mostrato poca empatia - ha detto ieri Hoekstra in un’intervista alla tv RTL Z - avrei dovuto fare di meglio nel mostrare la solidariet­à che vogliamo, mentre è passato solo il messaggio su ciò che non vogliamo. Tuttavia - ha aggiunto - dobbiamo valutare in modo solidale cosa è ragionevol­e fare. E gli eurobond o coronabond sempliceme­nte non sono prudenti, sono la soluzione a un problema che ora non esiste». La linea Maginot dell’Aja contro la condivisio­ne dei rischi non sembra ancora in procinto di crollare.

La linea dura del governo non piace ad alcuni leader della maggioranz­a che chiedono più solidariet­à

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