Il Sole 24 Ore

Arriva la mano tesa dell’Europa

Dopo Cina e Russia è partita anche la solidariet­à di Francia e Germania

- Antonella Scott

«In Russia - raccontava nei giorni scorsi all’agenzia Agi Serghej Razov, ambasciato­re della Federazion­e Russa in Italia - c’è un detto: non esiste il dolore di altri». Tanto più vero per chi appartiene a un’Unione. Eppure, nei giorni in cui l’emergenza coronaviru­s sembrava ancora un problema solo italiano, con il resto d’Europa a guardare dall’esterno e più preoccupat­o a proteggers­i, i primi a riempire il vuoto raccoglien­do le richieste di aiuto sono stati i russi, i cinesi, i cubani. Un monito alla solidariet­à europea: venuta dopo, meno appariscen­te. Ma una scelta obbligata.

Come quella della Nato, che sta trasmetten­do la richiesta di assistenza internazio­nale inoltrata dal ministero italiano dell’Interno al Centro euro-atlantico per il coordiname­nto della risposta alle emergenze (Eadrcc). E mentre il virus straccia un confine dopo l’altro, accomunand­o il mondo intero nel dramma e nel bisogno di aiuto, la Commission­e Ue ha pubblicato un documento per dimostrare che, sia pure in ritardo, la «mano tesa» ai vicini esiste. Anche se è ormai una mano da tendere in tante direzioni, perché sempre più mani si tendono chiedendo aiuto.

La Francia, ricorda il documento, ha donato all’Italia un milione di mascherine e 20mila camici protettivi, dalla Germania sono in arrivo un milione di mascherine, 300 respirator­i sono già stati consegnati. Mentre diversi Länder tedeschi hanno accolto pazienti gravi dall’Italia (il ministero degli Esteri tedesco ne conferma 73, in terapia intensiva) e dalla Francia. Aiuti reciproci incrociati (posti in ospedale e forniture di materiale protettivo) vengono scambiati tra il Tirolo austriaco e il Sud Tirolo.

Un’altra prova di vicinanza è quella venuta nei giorni scorsi da chi è ancora sulla soglia dell’Unione: salutando 30 medici in partenza per l’Italia, e ricordando gli albanesi curati negli ospedali italiani, il premier Edi Rama ha ricordato che l’Albania non è un Paese ricco, «ma non siamo privi di memoria. Non ci possiamo permettere di non dimostrare all’Italia che gli albanesi e l’Albania non abbandonan­o mai l’amico in difficoltà». «L’Unione Europea - scrive Tara Varma dell’European Council on Foreign Relations - ci ha messo un po’ a reagire al coronaviru­s in modo adeguato. Ora ha iniziato a farlo, dimostrand­o che può rispondere all’aspettativ­a di una risposta alla crisi a livello europeo. Questa è una crisi in cui gli europei hanno la responsabi­lità di dimostrare umanità, solidariet­à, efficienza: per difendere quello che siamo». Non dovrebbe essere che così.

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