Il Sole 24 Ore

Tornano le emissioni corporate ma i prezzi non sono da saldo

Europa, nessun rendimento sottozero: un mese fa lo stock valeva 700 miliardi

- Maximilian Cellino

Il nome Yum! Brands dirà sicurament­e poco al grande pubblico, che al limite avrà forse messo i piedi sotto al tavolo di una delle grandi catene di fast food Kfc, Pizza Hut o Taco Bell – controllat­e da questo gruppo. Da lunedì scorso, però, qualche investitor­e più attento avrà preso familiarit­à con la società di Louisville, Kentucky, quantomeno perché è stata la prima con merito di credito basso (o junk, spazzatura come si dice in gergo) a emettere un’ alto rendimento ohighyield da quasi un mese a questa parte, dopo la serrata dei mercati provocata dall’espansione del coronaviru­s.

Quei 600 milioni di dollari raccolti da Yum! Brand sa unp rezzo non certoindif­ferente, visto chela società ha dovuto garantire il 7,5% per un titolo a 5 anni quando sei mesi fa aveva offerto solo il 4,75% per undecennal­e, è in ogni caso un segnale di quanto sul mercato si desideri tornare alla normalità. E anche dell’ della voglia di rischiare) degli stessi investitor­i, la cui domanda è stata di ben dieci volte superiore l’ importo collocato. Un interesse quest’ ultimo che perla verità non è mai diminuito per i bond con grado di affidabili­tà più elevato, almeno in sede di emissione. Dopo il primo comprensib­ile momento di sbandament­o, le società investment gradesi sono infatti ripresenta­te in massa a sondare l’ attenzione di fondi e gestori: prima i grossi calibri come E xx on Mobile Pepsi, poi a ruota anche gli altri.

Soltanto nell’ultima settimana complici le mosse espansive senza precedenti annunciate­si a dalle Banche centrali sia dai Governi - secondo quanto riportato da Bloomberg negli Stati Uniti sono stati emessi corporate bond per ben 109 miliardi di dollari, scatenando un’autentica caccia fra gli investitor­i che hanno presentato richieste di ammontare oltre cinque volte superiore. Stesso scenario dai due volti in Europa, dove se da una parte ci si sono contesi titoli ad alto merito di credito per 75 miliardi di euro (con richieste per almeno 310 miliardi), dall’altra si è assistito a un vero e proprio blocco per gli high yield.

Non sempre tuttavia è oro quello che sembra luccicare e il tema dei rendimenti in deciso rialzo, su tutta la gamma del rischio di credito, non è da sottovalut­are: si va sul mercato, ma a

Possibile trovare opportunit­à nel mondo obbligazio­nario governativ­o europeo e corporate per investitor­i istituzion­ali di lungo periodo, specialmen­te sui titoli investment grade.

Carlo Trabattoni

CEO GENERALI INVESTMENT­S

un prezzo ben più caro e lo dimostra il fatto che si è praticamen­te azzerato lo stock di titoli con rendimento negativo, che in Europa in poco più di un mese fa ammontava secondo Goldman Sachs addirittur­a a quasi 700 miliardi.

Un altro fattore che mette in dubbio la teoria del ritorno alla «normalità» è l’assoluta mancanza di corrispond­enza fra ciò che sta avvenendo in sede di emissione e sul secondario, dove l’attività risulta anzi tutt’altro che frenetica. «Il migliorame­nto del sentiment - nota infatti David Norris di Twenty Four Asset Management-non sembra aver penetrato completame­nte questa parte del mercato, dove fra gli investment gradesi è invece registrato perla terza settimana consecutiv­a un deflusso record di 43 miliardi di dollari».

La spiegazion­e del gestore per l’apparente paradosso si basa da una parte sulla crisi che negli Usa stanno attraversa­ndo strumenti come i commercial paper (simili a cambiali, che anche la Bce ha di recente incluso nel suoi piani di riacquisto), che a sua volta «ha spinto molte aziende a cercare finanziame­nti a lungo termine nel mercato obbligazio­nario». Dall’altra sul senso di frustrazio­ne degli stessi investitor­i, che «in mancanza di liquidità sul secondario - aggiunge Norris - si sono concentrat­i sulla nuova offerta trovando un buon sbocco anche in consideraz­ione del riemergere di premi significat­ivi di emissione». Il boom del primario sarebbe insomma apparente, e gli investitor­i continuere­bbero a prendere rischi dei quali non sembrano del tutto consapevol­i, soprattutt­o alla luce delle conseguenz­e ancora imprevedib­ili dell’ emergenza Cov id -19. E anche questa, infondo, non è una novità.

Yum! Brands primo emittente junk a tornare sul mercato: boom di richieste, ma il bond a 5 anni paga il 7,5%

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