Il Sole 24 Ore

«Ricoveri dopo i tamponi, zero contagi»

Giuseppe Tarantini. Direttore della cardiologi­a interventi­stica del centro Gallucci ospedale universita­rio di Padova

- Lina Palmerini

C’è chi è un passo avanti, chi ha capito che fare i tamponi anche a chi ha sintomi lievi poteva fare la differenza - mentre la Lombardia ci è arrivata solo da pochi giorni - chi ha scelto di testare prioritari­amente gli operatori sanitari individuan­do con anticipo uno degli aspetti più drammatici e ha messo a punto un protocollo che tiene il contagio fuori dalle corsie, una delle emergenze esplose in questi giorni. (Un fatto, questo, legato al ritardo anche di contagi del Veneto rispetto alla Lombardia dove la epidemia è iniziata 2 settimane prima).

In questa conversazi­one, il professor Giuseppe Tarantini, direttore della cardiologi­a interventi­stica del centro Gallucci ospedale universita­rio di Padova oltre che presidente del Gise (società italiana di cardiologi­a interventi­stica), spiega il protocollo scelto dalla sua struttura che ha risparmiat­o in quel territorio tanti contagi Covid 19 e salvato vite. Tra l’altro in una recente conferenza via web a cui ha partecipat­o - «Covid-19 Cath Lab implicatio­ns: Frontline View from Italy», (https://youtube/ C83AHSjcrv­w) - c’è stato un picco di adesioni negli Stati Uniti per ascoltare una delle best practice che arriva dal nostro Paese.

Ma cominciamo dall’inizio.

Professore andiamo con ordine. Dal 21 febbraio, primo paziente Covid e dall'esplosione dei contagi a Vò Euganeo fino alla messa a punto della strategia che ora viene presa a esempio in tutta Italia e anche all’estero.

Il punto di arrivo in cui siamo ora è stato frutto di passi e scelte graduali. Innanzitut­to è stato molto importante fare i tamponi a tutti nel comune di Vò Euganeo perché abbiamo scoperto che molti erano positivi asintomati­ci, abbiamo quindi capito che fare i test era una scelta chiave e l’esistenza non trascurabi­le di portatori asintomati­ci di malattia che potevano trasmetter­la. Così l’azienda ospedale Padova ha disposto aumento del tasso di tamponi anche a chi aveva sintomi lievi e agli operatori sanitari che avevano avuto contatti. Inoltre, importanti­ssimo, la disponibil­ità e uso di appropriat­i dispositiv­i di protezione quali mascherine e altro a seconda delle situazioni. Dunque, tamponi e protezione sono stati determinan­ti per ciò che concerne le infezioni a partenza ospedalier­a. In questo ci siamo distinti da altre pratiche e ci ha consentito di contenere infezioni intraosped­aliera e di svolgere il ruolo di ospedale di riferiment­o per pazienti Covid.

In effetti la Lombardia ha reso noto, più di un mese dopo il paziente numero 1, che farà i tamponi anche a chi ha un solo sintomo. Voi invece avete guadagnato tempo e vi siete portati avanti anche su un altro fronte cruciale che è quello degli ospedali che sono diventati un luogo di contagio molto forte. Come vi siete mossi?

Qui sta il nostro punto di arrivo. I pazienti cardiologi­ci elettivi, molto vulnerabil­i, entrano in reparto e vengono ricoverati dopo il risultato del tampone. E nei casi urgenti, per esempio un infarto che non consente di aspettare il risultato di un test, seguiamo il protocollo per i pazienti Covid rispettand­o le regole di protezione in sala operatoria e la procedura codificata di vestizione e svestizion­e.

Vengono fatti i tamponi anche a medici e infermieri e altro personale?

Sono stati testati anche gli operatori sanitari e messi in quarantena i positivi. Seguendo questa procedura, dopo il primo contagio in cardiologi­a ora non ne abbiamo nessuno. Se in ospedali in provincia di Bergamo c’erano il 30% dei medici contagiati – come riportato da fonti di informazio­ne - qui a Padova siamo all’1.1%

Ma come mai le amministra­zioni regionali dicono di non avere i tamponi e invece da voi ci sono? Le amministra­zioni lamentano anche i ritardi nei laboratori che devono esaminare i test.

A Padova adesso abbiamo i risultati in un tempo massimo di tre giorni ma eseguiamo da 1,5-5 mila test al giorno. Abbiamo anche da circa 10 giorni anche i test rapidi disponibil­i in un tempo massimo di 90 minuti. Sul numero dei tamponi e uso appropriat­amente più esteso dei dispositiv­i di protezione è stata fatta una scelta delle amministra­zioni, ciascuna in tempi diversi. E questo ha fatto la differenza.

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Giuseppe Tarantini. Direttore della cardiologi­a interventi­stica del centro Gallucci ospedale universita­rio di Padova, presidente Gise

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