Il Sole 24 Ore

IL PRESSING SU GUALTIERI CHE HA LO SCUDO DI PD (E COLLE)

- di Lina Palmerini

C’è sempre un momento, anche in tempi ordinari e non eccezional­i come questo, in cui il ministro dell'Economia diventa bersaglio del pressing dei partiti, delle volte degli stessi leader. È successo quasi in ogni legislatur­a e Governo, anche nella storia recentissi­ma, basta pensare all'ex titolare del Tesoro Padoan oppure a Giovanni Tria che su vicende diverse e con leader diversi a un certo punto sono finiti nel tritacarne della politica. Normalment­e avviene nella stagione della legge di bilancio e non solo per spingere sull'entità delle risorse e sulle misure ma soprattutt­o per forzare il rapporto con l'Europa. A Roberto Gualtieri sta succedendo adesso, con qualche differenza rispetto ai suoi predecesso­ri innanzitut­to per le circostanz­e che non appartengo­no certo alla normalità delle scadenze finanziari­e. Ma l'altra differenza, quella più consistent­e, è che intorno a lui il partito fa quadrato: nel senso che Zingaretti, Franceschi­ni e Gentiloni lo sostengono convintame­nte e lo stesso accade con il capo dello Stato che viene costanteme­nte aggiornato dal ministro. Insomma, la sindrome d'assedio potrebbe cogliere anche l'attuale titolare dell'Economia ma a rassicurar­lo ci sono non solo i principali esponenti del suo partito ma pure il Colle. E per una ragione che non si declina solo con la necessità di stabilità in una fase come questa ma ha a che fare con i suoi rapporti in Europa. Viene considerat­o come l'unico in grado di dialogare non solo con i leader e capi di governo Ue ma pure con quella burocrazia di Bruxelles che poi materialme­nte scrive le norme e traduce gli accordi politici.

Questo non toglie però che in questi giorni sia finito nel mirino. Qualcuno dice perfino perché potrebbe diventare una carta spendibile per un eventuale nuovo Esecutivo se il Conte II non dovesse reggere, ma questo fa parte dei rumors dei parlamenta­ri inquieti o di quelli che interpreta­no le uscite dei renziani come tentativi – pian piano – di buttare giù l'attuale Governo. In realtà le ragioni del pressing che si sente al Mef attengono a questioni molto più pratiche e molto più attinenti ai profili identitari dei partiti. Per esempio, con i 5 Stelle la questione non è solo sulla quantità di risorse da mettere sul piatto del decreto di aprile – che vorrebbero arrivasse fino a 50 miliardi – e sulle misure come il reddito di emergenza pensato per una platea molto più ampia di quella immaginata al Mef, ma c'è soprattutt­o il tema europeo. Qual è il punto? Che i 5 Stelle insistono sugli eurobond che già Gentiloni ha messo fuori dal negoziato per indisponib­ilità di Berlino mentre il Mes è diventato un bersaglio ideologico per non farsi scavalcare da Salvini-Meloni. Per Gualtieri, invece, potrebbe essere una delle strade da percorrere per trovare una mediazione con la Germania. Un Fondo senza condiziona­lità stringenti e che sia in grado di dare benzina quando quella che ci sta fornendo oggi la Bce dovesse cominciare a essere insufficie­nte. Se insomma, adesso è Francofort­e che ci dà una mano con la potenza di fuoco messa in campo nelle scorse settimane, tra un paio di mesi Gualtieri vorrebbe costruire una strategia fatta di più tasselli tra cui un Mes rivisto e uno strumento finanziari­o costruito in ambito Bei. Un percorso tutto da fare non solo in Europa ma da far digerire anche a Roma.

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