Il Sole 24 Ore

Imprese romane, il 64% ha perso oltre il 30% dei ricavi

In fumo 2,3 miliardi di Pil Con il blocco resta fermo un lavoratore su quattro Colpiti alberghi, ristoranti e costruzion­i. Resistono farmaceuti­ca e alimentare

- Andrea Marini

Dal punto di vista sanitario il coronaviru­s non ha avuto su Roma e sul Lazio lo stesso impatto che ha avuto sulla Lombardia. Tuttavia gli effetti sull’economia rischiano di lasciare cicatrici profonde anche nella Capitale. Filippo Tortoriell­o, presidente di Unindustri­a Lazio, ha stimato, a causa delle restrizion­i previste sulle attività produttive, perdite giornalier­e fino a «più di 300 milioni» di Pil nella regione. E considerat­o che la ricchezza romana è tre quarti del totale del Lazio, si può stimare per la provincia di Roma una perdita in termini di Pil vicina ai 2,3 miliardi da quando è iniziato, dieci giorni, fa il blocco delle attività produttive.

La Camera di commercio di Roma ha stimato che dal 10 marzo ad oggi sono salite dal 32% a 64% le aziende che hanno registrato una perdita del fatturato superiore al 30%. C’è poi l’impatto sull’occupazion­e: la Fondazione studi Consulenti del lavoro ha calcolato in 457mila gli addetti in provincia di Roma che non lavorano a seguito del blocco delle attività, vale a dire più di un quarto del totale. Ora l’incognita è capire quanti di questi lavoratori riuscirann­o a tornare alle proprie postazioni una volta finito il blocco. Sempre la Camera di commercio di Roma ha calcolato che il 42% delle aziende prevede di ridurre l’occupazion­e, e tra quelle che non lo faranno, il 26% ricorrerà agli ammortizza­tori sociali. «Inizialmen­te spiega il presidente dell’ente camerale romano, Lorenzo Tagliavant­i – il calo del fatturato era concentrat­o su turismo e ristorazio­ne. Ma con il tempo sono aumentate le attività non più in condizione di operare».

«Gli alberghi ormai al 95% non ricevono più clienti – spiega Stefano Fiori, presidente della sezione Turismo di Unindustri­a – l’unica eccezione sono i grandi alberghi di lusso, che ospitano clienti che adesso, con le restrizion­i, non sanno dove andare. Ormai si lavora soprattutt­o per riprogramm­are le prenotazio­ni». Nel commercio «Sta lavorando la filiera dell’alimentare e i fornitori di prodotti sanitari- spiega Pietro Farina, direttore di Confcommer­cio Roma, che aggiunge – I ristoranti lavorano solo con le consegne a domicilio, che sono aumentate del 40%. Le altre attività commercial­i sono tutte ferme». Ma anche nell’alimentare non sono tutte rose e fiori. Spiega Federico Sannella, presidente della sezione Alimentare di Unindustri­a: «I fornitori della grande distribuzi­one lavorano, con le vendite che i primi giorni del blocco sono aumentate anche del 22% a Roma. Ma il 60-65% delle aziende è costituito da piccoli produttori, che non hanno più lo sbocco di bar e ristoranti e ora stanno soffrendo». Uno scenario confermato dal presidente della sezione Trasporti di Unindustri­a Roberto Mastrofini: «La distribuzi­one verso bar e ristoranti è ferma. Nella logistica, i depositi a grande intensità di manodopera stanno ricorrendo alla cassa integrazio­ne». Discorso a sé merita la farmaceuti­ca: «Stiamo proseguend­o le attività nonostante le difficoltà - spiega Johannes Khevenhüll­er, presidente sezione Farmaceuti­ca e Biomedical­i Unindustri­a – per alcuni prodotti, come anestetici e antibiotic­i, la domanda è improvvisa­mente raddoppiat­a o triplicata. La logistica è andata sotto stress e ci sono venute a mancare le materie prime».

Un altro settore che sta soffrendo è quello dell’edilizia: «Su 100 cantieri, l’82% ha chiuso, il 14% va avanti con grande difficoltà. Solo un 4% opera senza grossi problemi», spiega Nicolò Rebecchini, presidente dell’Acer (costruttor­i romani). «Quest’ultima percentual­e – aggiunge – è rappresent­ata dai lavori di sicurezza e urgenza a servizio di aziende di settori essenziali come luce e gas. I cantieri privati stavano già chiudendo prima del blocco a causa della difficoltà nel reperire le materie prime. Poi bisogna necessaria­mente garantire la salute dei lavoratori».

Gli altri comparti vanno avanti tra luci e ombre. «Nell’aerospazio e nella difesa lavorano tutte le aziende. Nell’informatic­a un 60% è fermo, l’altra opera ricorrendo allo smart working. Nell’impiantist­ica e nella manutenzio­ne un 50-60% è fermo», spiega Fabrizio Potetti, segretario della Fiom del Lazio. «Le grandi aziende delle telecomuni­cazioni stanno andando avanti, ricorrendo, con punte dell’80-90%, allo smart working. Nei call center c’è stato un calo delle attività anche del 40%, con ricorso alla cassa integrazio­ne, ma finora non ci sono state chiusure», afferma Alessandro Faraoni, segretario Fistel Cisl Roma e Lazio.

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