IL CANNONE (DI CARTA MONETA) DELLA BCE
Èbene cercare di fare chiarezza, per meglio comprendere le vie d’uscita alla crisi in atto, sulle diverse alternative a disposizione del Governo italiano per affrontare la crisi, partendo dall’assunto che l’Italia avrà necessità di aumentare il ricorso a risorse esterne (e non a tassazione) per sospingere la propria economia fuori dalle sabbie mobili per il mezzo di un sostanzioso intervento pubblico.
A tal fine, sarà utile distinguere tra due possibili situazioni in cui potrebbe venirsi a trovare il nostro Paese. La prima, una per la quale l’intervento necessario è sì importante ma non è tale da superare una soglia di domanda di fondi da non poterlo fare autonomamente. Diciamo ad esempio che 100 miliardi di euro di spesa (compresi i 25 già approvati e in aumento) sia tale soglia critica. Se tuttavia il Governo italiano volesse spendere al di sopra di tale soglia, magari perché la crisi si protrae, allora ciò potrà essere fatto solo con un aiuto di risorse esterne.
Esaminiamo la prima situazione in cui l’Italia può trovare fondi in autonomia sui mercati, emettendo titoli di Stato. In tal caso il vantaggio del ricorso a un eurobond o a un finanziamento del Mes senza condizionalità di successiva austerità pare limitato rispetto allo scontro politico che pare necessitare. In effetti l’unico vantaggio per noi sarebbe quello di godere di condizioni di mercato favorevoli con uno spread minore, magari pari a zero. Dato lo spread attuale di 200 punti base, su 100 miliardi risparmieremmo dunque grazie a questi strumenti circa 2% di costo aggiuntivo del debito, 2 miliardi di euro. Non molto. Se per di più si considera che i Paesi europei che si oppongono a tali proposte lo fanno temendo che l’Italia ripudi questa parte di debito caricandolo sui loro contribuenti per un massimo di 100 miliardi, si può ben capire come la posta in gioco sia talmente squilibrata da non avere che pochissime possibilità di vedere la luce. Lo stesso tra l’altro varrebbe per una terza opzione, altrettanto delicata in senso politico, ovvero quella di far sì che la Bce acquisti direttamente in asta i nostri titoli di Stato finanziando la nostra spesa pubblica: sempre di debito trattasi, sempre un risparmio di 2 miliardi circa si andrebbe a generare, sempre di una perdita di capitale (questa volta della Bce) si tratterebbe in caso di default italiano.
Diversa appare la situazione per la quale l’Italia necessiti di molte più risorse di quante non ne possa mobilitare autonomamente sui mercati per motivi di credibilità. Se l’Italia avesse bisogno di un totale di 170 miliardi (10% di Pil, equivalente in proporzione alla manovra fiscale a cui sta pensando Trump per gli Stati Uniti) il nostro Paese, in assenza dei 70 miliardi di euro residui, cadrebbe in una crisi tale (scenario prefigurato dal Presidente Mattarella nel suo recente discorso) da generare rivolte sociali tali da rendere inevitabile l’uscita dall’euro per stampare la propria carta moneta e finanziare direttamente i 70 miliardi (o 170, perché a quel punto forse i mercati si ritrarrebbero) di spesa. Uno scenario a cui l’Europa deve guardare con grande attenzione se non vuole mettere a rischio l’intera sua costruzione.
È evidente che finanziare quei 70 miliardi via Mes o Eurobond o acquisto in asta da parte della Bce sarebbe un contributo importante alla tenuta del nostro sistema e dunque di quello europeo. Eppure sarebbero, queste mosse, comunque un cannone a media gittata, nel senso che sempre di debito da restituire si tratterebbe e dunque di aiuto a metà.
Se ragioniamo di uno scenario di drammatica intensità recessiva che richiede un intervento enorme in termini di risorse per salvare il Paese, tanto vale che questo intervento sia fatto con il cannone a più lunga gittata possibile: un cannone capace di ridurre il peso del rimborso del debito per il nostro Paese e rilanciare credibilmente le nostre prospettive di crescita.
È a questo cannone a cui forse pensa Draghi quando sostiene la causa di una garanzia pubblica al 100% per le banche sui prestiti da concedere alle imprese in difficoltà.
Con un solo rischio: che la Repubblica italiana debba trovare i soldi per far fronte all’escussione delle banche della garanzia, trovandosi dunque a dover finanziare questi esborsi, di nuovo con un intervento di tipo europeo come sopra.
Ma una soluzione migliore ci sarebbe, il vero cannone a lunga gittata: senza debito, la stampa di carta moneta da parte della Bce, come farebbe un vero Stato federale europeo, direttamente trasferita sui conti delle imprese o dei cittadini in difficoltà. Saremmo certamente in territorio nuovo, dove la politica monetaria diventerebbe, come poche volte nella nostra storia, politica fiscale, e di cui conosciamo poco le conseguenze. Ma d’altronde conosciamo altrettanto poco le conseguenze economiche del virus, e sarebbe dunque lecito ipotizzare che a questa incertezza del male si opponga con altrettanto vigore uno strumento, seppur incerto, del bene che abbia la possibilità concreta di combatterlo, salvando il tessuto europeo e rispettando in larga parte le esigenze di tutti i Paesi coinvolti, primo segno visibile di un’Europa unita.
CI VOGLIONO SOLUZIONI DI LUNGA GITTATA PER FAR FRONTE A SCENARI ECCEZIONALI