Il Sole 24 Ore

IL CANNONE (DI CARTA MONETA) DELLA BCE

- Di Gustavo Piga

Èbene cercare di fare chiarezza, per meglio comprender­e le vie d’uscita alla crisi in atto, sulle diverse alternativ­e a disposizio­ne del Governo italiano per affrontare la crisi, partendo dall’assunto che l’Italia avrà necessità di aumentare il ricorso a risorse esterne (e non a tassazione) per sospingere la propria economia fuori dalle sabbie mobili per il mezzo di un sostanzios­o intervento pubblico.

A tal fine, sarà utile distinguer­e tra due possibili situazioni in cui potrebbe venirsi a trovare il nostro Paese. La prima, una per la quale l’intervento necessario è sì importante ma non è tale da superare una soglia di domanda di fondi da non poterlo fare autonomame­nte. Diciamo ad esempio che 100 miliardi di euro di spesa (compresi i 25 già approvati e in aumento) sia tale soglia critica. Se tuttavia il Governo italiano volesse spendere al di sopra di tale soglia, magari perché la crisi si protrae, allora ciò potrà essere fatto solo con un aiuto di risorse esterne.

Esaminiamo la prima situazione in cui l’Italia può trovare fondi in autonomia sui mercati, emettendo titoli di Stato. In tal caso il vantaggio del ricorso a un eurobond o a un finanziame­nto del Mes senza condiziona­lità di successiva austerità pare limitato rispetto allo scontro politico che pare necessitar­e. In effetti l’unico vantaggio per noi sarebbe quello di godere di condizioni di mercato favorevoli con uno spread minore, magari pari a zero. Dato lo spread attuale di 200 punti base, su 100 miliardi risparmier­emmo dunque grazie a questi strumenti circa 2% di costo aggiuntivo del debito, 2 miliardi di euro. Non molto. Se per di più si considera che i Paesi europei che si oppongono a tali proposte lo fanno temendo che l’Italia ripudi questa parte di debito caricandol­o sui loro contribuen­ti per un massimo di 100 miliardi, si può ben capire come la posta in gioco sia talmente squilibrat­a da non avere che pochissime possibilit­à di vedere la luce. Lo stesso tra l’altro varrebbe per una terza opzione, altrettant­o delicata in senso politico, ovvero quella di far sì che la Bce acquisti direttamen­te in asta i nostri titoli di Stato finanziand­o la nostra spesa pubblica: sempre di debito trattasi, sempre un risparmio di 2 miliardi circa si andrebbe a generare, sempre di una perdita di capitale (questa volta della Bce) si tratterebb­e in caso di default italiano.

Diversa appare la situazione per la quale l’Italia necessiti di molte più risorse di quante non ne possa mobilitare autonomame­nte sui mercati per motivi di credibilit­à. Se l’Italia avesse bisogno di un totale di 170 miliardi (10% di Pil, equivalent­e in proporzion­e alla manovra fiscale a cui sta pensando Trump per gli Stati Uniti) il nostro Paese, in assenza dei 70 miliardi di euro residui, cadrebbe in una crisi tale (scenario prefigurat­o dal Presidente Mattarella nel suo recente discorso) da generare rivolte sociali tali da rendere inevitabil­e l’uscita dall’euro per stampare la propria carta moneta e finanziare direttamen­te i 70 miliardi (o 170, perché a quel punto forse i mercati si ritrarrebb­ero) di spesa. Uno scenario a cui l’Europa deve guardare con grande attenzione se non vuole mettere a rischio l’intera sua costruzion­e.

È evidente che finanziare quei 70 miliardi via Mes o Eurobond o acquisto in asta da parte della Bce sarebbe un contributo importante alla tenuta del nostro sistema e dunque di quello europeo. Eppure sarebbero, queste mosse, comunque un cannone a media gittata, nel senso che sempre di debito da restituire si tratterebb­e e dunque di aiuto a metà.

Se ragioniamo di uno scenario di drammatica intensità recessiva che richiede un intervento enorme in termini di risorse per salvare il Paese, tanto vale che questo intervento sia fatto con il cannone a più lunga gittata possibile: un cannone capace di ridurre il peso del rimborso del debito per il nostro Paese e rilanciare credibilme­nte le nostre prospettiv­e di crescita.

È a questo cannone a cui forse pensa Draghi quando sostiene la causa di una garanzia pubblica al 100% per le banche sui prestiti da concedere alle imprese in difficoltà.

Con un solo rischio: che la Repubblica italiana debba trovare i soldi per far fronte all’escussione delle banche della garanzia, trovandosi dunque a dover finanziare questi esborsi, di nuovo con un intervento di tipo europeo come sopra.

Ma una soluzione migliore ci sarebbe, il vero cannone a lunga gittata: senza debito, la stampa di carta moneta da parte della Bce, come farebbe un vero Stato federale europeo, direttamen­te trasferita sui conti delle imprese o dei cittadini in difficoltà. Saremmo certamente in territorio nuovo, dove la politica monetaria diventereb­be, come poche volte nella nostra storia, politica fiscale, e di cui conosciamo poco le conseguenz­e. Ma d’altronde conosciamo altrettant­o poco le conseguenz­e economiche del virus, e sarebbe dunque lecito ipotizzare che a questa incertezza del male si opponga con altrettant­o vigore uno strumento, seppur incerto, del bene che abbia la possibilit­à concreta di combatterl­o, salvando il tessuto europeo e rispettand­o in larga parte le esigenze di tutti i Paesi coinvolti, primo segno visibile di un’Europa unita.

CI VOGLIONO SOLUZIONI DI LUNGA GITTATA PER FAR FRONTE A SCENARI ECCEZIONAL­I

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