Il Sole 24 Ore

L’accesso alla moratoria sui prestiti non peggiora il profilo di rischio

La posizione delle autorità del sistema bancario: Eba, Esma e Banca d’Italia

- Paolo Rinaldi

Va interrotto il computo dei giorni di sospension­e per gli inadempime­nti già in essere

I paesi europei stanno adottando misure che affrontano le conseguenz­e economiche della pandemia sugli individui e sulle imprese: moratorie pubbliche o private sui pagamenti dei prestiti, agevolazio­ni a nuovi finanziame­nti, garanzie e altri interventi di sostegno diretto. Misure finanziari­e fruibili su base volontaria, a semplice richiesta attraverso il Dl 18/2020, articoli 49 e 57. Tutte queste disposizio­ni transitano sul sistema bancario, il quale è sottoposto a un framework regolatori­o e contabile che deve identifica­re i crediti in difficoltà (credit impaired assets) nei bilanci delle banche. L’epidemia comporterà che regolament­i recenti (la nuova definizion­e di default, il calendar provisioni­ng e le linee guida sui crediti deteriorat­i) creeranno enormi problemi di accesso al credito, che si sommano alle difficoltà gestionali delle imprese e delle banche in questo periodo.

La definizion­e stessa di misura di forbearanc­e – ovvero la modifica delle condizioni contrattua­li di un prestito a causa delle difficoltà finanziari­e del debitore che potrebbero determinar­e una perdita per il finanziato­re – crea notevoli problemi oggi nella valutazion­e del merito creditizio delle imprese che aderiscano a una moratoria. Il conseguent­e deterioram­ento della qualità del debitore costringer­ebbe la banca – a seconda dei contesti – ad una classifica­zione a stage 2 (come impresa in bonis ancora performing) o a stage 3 nel caso in cui la misura di concession­e determini una perdita per la banca superiore ad un certo importo (nuova definizion­e di default).

Questo a maggior ragione sarebbe vero per le imprese che già in passato recente abbiano richiesto una moratoria (quindi siano già forborne), per le quali la seconda concession­e di una moratoria potrebbe costringer­e la banca a classifica­rle a stage 3, ovvero credito deteriorat­o.

A fronte di questa situazione, sono intervenut­i nei giorni scorsi i tre regolatori: Esma (European securities and markets authority), Eba (European banking authority) e Banca d’Italia.

Eba ha chiarito che le moratorie come articolo 56 e Abi, in quanto non rivolte a singole imprese, non devono essere considerat­e misure di forbearanc­e ai fini Ifrs 9 e della nuova definizion­e di default: l’impresa che chiede moratoria, quindi, rimarrà in bonis anche ai fini di eventuali ulteriori richieste di nuova finanza. Identicame­nte, ai fini del conteggio dello scaduto, i periodi di moratoria non sono computabil­i e dunque non si incorrerà in default nemmeno per lo scaduto precedente alla data di riferiment­o del Dl 18/2020. Esma è intervenut­a su Ifrs 9, il principio contabile utilizzato dalle banche per valutare i crediti, spiegando che le moratorie pubbliche e private non rappresent­ano in automatico un evento che determina un aumento rilevante del rischio di credito e dunque le imprese non dovranno subire un passaggio a stage 2 in automatico come invece accade oggi a fronte di questi eventi. Sia Eba che Esma sottolinea­no che le banche dovranno guardare alla capacità di lungo termine di mantenere standing creditizio delle aziende ed esercitare invece flessibili­tà notevole nel breve termine cercando di mitigare i passaggi di stage.

Banca d’Italia, con comunicazi­one del 25 marzo, ha precisato che non si potranno segnalare alla Centrale rischi riduzioni di accordato per le imprese che benefician­o delle disposizio­ni di cui alle lettere a) e b) del secondo comma dell’articolo 56, mentre per le sospension­i delle rate di cui alla lettera c), per l’intero periodo di efficacia della sospension­e, dovrà essere interrotto il computo dei giorni di persistenz­a degli eventuali inadempime­nti già in essere ai fini della valorizzaz­ione della variabile «stato del rapporto».

Pare chiara l’intenzione del regolatore di impedire che le banche possano classifica­re a default queste posizioni di scaduto, e altrettant­o nettamente favorire l’erogazione di nuova finanza alle imprese. Senza queste precisazio­ni, infatti, sarebbe estremamen­te difficolto­so procedere a nuovi finanziame­nti per imprese che, senza l’intervento del legislator­e, dovrebbero essere classifica­te con l’attributo di forborne. Siamo solo all’inizio degli interventi, e ora spetta alle singole banche disciplina­re internamen­te i propri regolament­i per tener conto delle nuove linee guida.

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