Il Sole 24 Ore

UN VEICOLO UE PER LE IMPRESE

- di Paolo Gualtieri

Sulla necessità di un’azione comune per sostenere l’economia flagellata dal Covid-19 vi è oramai ampio consenso tra i policy maker europei e anche l’importanza di agire rapidament­e sembra essere dai più riconosciu­ta; vi sono, al contrario, molti dubbi e diversità di opinioni sulle modalità degli interventi, perché, sebbene si debba affrontare uno shock simmetrico dei cui effetti economici non è responsabi­le alcuno dei Paesi partner, la storia, soprattutt­o degli anni recenti, pesa e ha determinat­o situazioni di bilanci pubblici assai diverse tra gli Stati dell’Unione che oggi sono la causa della contrappos­izione tra chi non ha spazi per politiche fiscali molto espansive e, perciò, per attuarle ha bisogno del merito creditizio dei Paesi più robusti, e chi, avendo spazi di bilancio per supportare l’economia, ha già adottato provvedime­nti di sostegno ai cittadini e alle imprese per importi notevoli e ritiene, in ultima analisi, che le iniziative comuni debbano essere attuate tenendo conto della solidità finanziari­a di partenza di ciascuno Stato.

In tutte le situazioni complesse, per ottenere effetti diffusi, profondi e rapidi, è di solito opportuno agire azionando più leve coordinate. In questo modo si attivano più canali di trasmissio­ne degli impulsi di stimolo dell’economia e si ripartisco­no i costi in maniera più equilibrat­a. Non v’è alcun dubbio che la decisione della Banca centrale europea di attuare un programma di acquisti di titoli straordina­rio (il cosiddetto Pepp), lasciandos­i ampi gradi di libertà nella scelta dei titoli e nella misura degli acquisti, ha tolto le pressioni sugli spread creditizi, con le conseguenz­e positive soprattutt­o per gli Stati più deboli finanziari­amente, ed è anche certo che, se venissero varati i cosiddetti Coronabond per finanziare le politiche fiscali espansive, l’economia europea ne trarrebbe giovamento. Tuttavia, a me pare che non si debba trascurare l’ipotesi che l’Europa sostenga direttamen­te le imprese.

La priorità dovrebbe essere, a mio modo di vedere, evitare la perdita di troppi posti di lavoro e creare le condizioni affinché quelli persi possano essere rapidament­e recuperati. Per ottenere questo obiettivo bisogna sostenere le imprese e per le piccole si devono utilizzare prioritari­amente le banche. In aggiunta, potrebbe essere molto efficace realizzare uno Special purpose vehicle europeo (Spve), nella forma di una società holding o di un fondo, per sottoscriv­ere strumenti di quasi equity di tutte le grandi società europee. Lo Spve potrebbe emettere titoli obbligazio­nari irredimibi­li o di durata cinquanten­nale, garantiti da tutti gli Stati europei e quindi con rating AAA, a condizioni di mercato, titoli che potrebbero essere comprati anche dalla Bce. Le risorse raccolte verrebbero utilizzate per aumentare il capitale di tutte le società grandi e medio grandi europee, selezionat­e secondo criteri di elegibilit­à il più possibile oggettivi ed essenzialm­ente fondati sulle prospettiv­e di sviluppo, mediante la sottoscriz­ione di azioni speciali prive di voto e con diritti ai dividendi limitati, anche significat­ivamente, affinché la loro emissione abbia modesti effetti di diluizione degli attuali azionisti più che compensati dalla redditivit­à attesa dei fondi immessi a titolo di capitale. Sia i titoli obbligazio­nari emessi dallo Spve, sia le azioni potrebbero per regolament­o non dover pagare nulla ai detentori per i primi tre anni, in modo che le risorse finanziari­e non abbiamo costi per le aziende nella fase di maggiore criticità economica. Coi dividendi degli anni successivi lo Spve, che per sua natura avrà un portafogli­o molto diversific­ato, riuscirà a pagare gli oneri del servizio del debito e, nel caso si preveda il rimborso dopo 50 anni, probabilme­nte anche a restituire il capitale.

Una tale iniziativa, se realizzata per importi molto rilevanti e con rapidità dovrebbe produrre effetti veloci sull’economia. Perché le grandi aziende occupano molti lavoratori, alimentano le filiere di fornitori e clienti, spesso piccole e medie imprese, e sono in grado di realizzare rapidament­e nuovi investimen­ti perché ne hanno sempre in cantiere e con essi possono generare nuova occupazion­e. Inoltre, fattore non irrilevant­e, mentre i debiti pubblici tra gli Stati europei sono molto diversi, i sistemi produttivi sono assai più omogenei tra i vari Paesi e coerenti con la dimensione di ciascuno. La ripartizio­ne dei rischi delle risorse garantite dagli Stati sarebbe perciò più equilibrat­a e accettabil­e per tutti. Vi sarebbe un problema di rischio morale, perché così si affidano risorse pubbliche a manager privati, ma è un rischio che può essere controllat­o con le regole e forse, se opportunam­ente disciplina­to, è addirittur­a minore del rischio morale che pure esiste nell’utilizzo delle risorse da parte dei governi politici alla ricerca del consenso elettorale.

Professore di economia degli intermedia­ri finanziari all’Università Cattolica di Milano

La priorità è limitare la distruzion­e di posti di lavoro e fare in modo di recuperare quelli persi

Lo Special purpose vehicle potrebbe emettere bond AAA, irredimibi­li o di durata cinquanten­nale

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