Conte apre al Mes senza vincoli Distensione con le opposizioni
Il centrodestra chiede che lo scostamento del deficit non sia inferiore a 75 miliardi Il premier: per me orizzonte di legislatura ma accetto le scelte della maggioranza
Stavolta è andata meglio. Il secondo confronto tra Giuseppe Conte e i leader delle opposizioni, pur non avendo raggiunto traguardi concreti, ha confermato la volontà di rafforzare la collaborazione: già oggi i capigruppo e i responsabili economici di Lega, Fdi e Fi torneranno a incontrarsi con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e con il titolare dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, presenti entrambi ieri a Palazzo Chigi.
Al tavolo Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Maurizio Lupi hanno evidenziato la necessità di concentrare nel prossimo scostamento di bilancio già deciso dal Governo un importo non inferiore a 75 miliardi e di assicurare liquidità a imprese e famiglie sia attraverso prestiti immediati e garanzie statali alle banche sia dirottando sui conti correnti di chi non accede agli ammortizzatori sociali una somma di mille euro.
Conte non ha fornito risposte né tantomeno cifre, a partire dall’entità del nuovo aumento di deficit, su cui è aperta la discussione nel Governo. Il premier ha però preso spunto da un tweet di Salvini sul caos Inps per stigmatizzare l’atteggiamento «di chi vuole soffiare sul malcontento in una situazione drammatica» e ha chiarito: «Io vi propongo un altro percorso, di collaborazione e confronto effettivo».
Ma la replica dai leader del centrodestra è stata unanime: «Presidente, non ci puoi chiedere di votare a scatola chiusa. Per senso di responsabilità stiamo evitando una contrapposizione inopportuna, ma ti assicuriamo che ogni giorno riceviamo migliaia di richieste di assumere posizioni più dure». Quanto al confronto con l’Europa, Meloni ha detto di aver «apprezzato» la rigidità del premier all’ultimo Consiglio europeo, in particolare sul Mes. A quell’ora però non erano ancora arrivate le ultime dichiarazioni del premier, che poco dopo in conferenza stampa ha aperto all’ipotesi di ricorrere anche al Meccanismo europeo di stabilità «purché snaturato e posto nell’ambito di un ampio ventaglio di interventi, senza condizionalità preventive o successive». Parole che rivelano quanto ancora la partita con i partner europei sia soltanto all’inizio. Sia sul Mes sia sugli eurobond. «Il vento in Europa sta cambiando rispetto alle posizioni rigoriste», ha detto il premier, sottolineando di avere un «orizzonte di legislatura»: «Rimetto alle forze di maggioranza le valutazioni, ma confido che si possa lavorare anche per la ricostruzione». La possibilità di un corto circuito nel Governo è però tutto fuorché scongiurata. Perché, come ha fatto notare qualcuno dei presenti all’incontro a Palazzo Chigi, ora che le finestre elettorali sono definitivamente chiuse, un cambio di Esecutivo è paradossalmente più semplice.
Il clima comunque è stato franco. Adesso il centrodestra attende le mosse del Governo. Gli occhi sono puntati sul decreto liquidità e sul “Dl aprile”. Se davvero si viaggiasse intorno ai 50 miliardi e se arriverà subito la garanza pubblica per i prestiti delle banche alle imprese le posizioni inevitabilmente si avvicineranno. Con effetti anche sull’iter parlamentare del “cura Italia”. «Sono troppi gli emendamenti che avete presentato», ha detto il premier, chiedendo conferma a D’Incà. «Non puoi chiederci di ritirarli senza che ci diciate cosa avete in mente di inserire nei nuovi provvedimenti», ha ribattuto Tajani. E Meloni ha aggiunto: «Italia Viva ne ha presentati più di noi». Un colpo che Conte ha dovuto incassare, ammettendo che «a volte è già difficile trovare un accordo nella maggioranza». Lo dimostrano le riunioni con i capidelegazione, da ultimo ieri, in cui ciascun partito di Governo marca il proprio posizionamento, a partire dal botta e risposta tra Matteo Renzi e Nicola Zingaretti sull’opportunità di riaprire scuole e fabbriche. «Se molliamo ora sforzi inutili», ha ammonito il segretario dem. A chiudere la discussione è stato il premier annunciando la proroga del lockdown fino al 13 aprile: «Non possiamo allentare la presa ora».