I RITARDI DEL GOVERNO SULLA FASE 2 DELL’EMERGENZA
Tra le tante giornate difficili che ci sono state fin qui, ieri è stata tra le peggiori per il Governo che, dopo lo tsunami sul sistema sanitario, ha sperimentato pure la complessità che comporta la gestione dell'emergenza economica. Il collasso del sito Inps è stato un esempio di quando siano fragili le strutture predisposte per governare il monte dei problemi che scaturiranno dalla crisi delle aziende, dei lavoratori dipendenti e autonomi. Così quella che doveva essere la giornata del debutto per le richieste dei 600 euro di bonus per le partite Iva si è trasformata in un fallimento. Un caos totale con la chiusura dell'accesso al sito Inps dopo scambi di dati e violazioni della privacy accompagnate dalle necessarie spiegazioni del presidente dell'Istituto Tridico che ha parlato di un attacco hacker. Una falsa partenza per chi voleva mostrare una presenza efficace dello Stato, un boomerang che ha mostrato un'impreparazione a rendere disponibile una delle prime misure-simbolo della strategia contro la recessione.
Ad aggiungersi all'inciampo dell'Inps, c'è tutta la questione del Fondo di garanzia che serve a sbloccare la liquidità alle imprese, già scritto nel decreto di metà marzo ma senza che sia ancora operativo. Ieri c'è stata la conferma che servirà un altro decreto legge - che sarà approvato nei prossimi giorni – ed è pure questa una conferma di quanto sia frammentario e lacunoso l'andamento del Governo. Se è vero che l'economia del post-virus sarà simile a un'economia di guerra - come molti dicono nella maggioranza - finora non sembra ci sia una consapevolezza degli sforzi che servono in casa, non solo in Europa. Ieri si è quindi affacciata con maggiore realismo, la portata dei problemi che non si esaurisce solo nella costruzione di norme e risorse ma che ha bisogno di strutture burocratiche e finanziarie in grado di contrastare un'altra ondata di contagi nefasti, quelli sui redditi degli italiani.
Il fatto, per esempio, che non sia ancora stato costituito un comitato tecnico-politico –a livello centrale - che inizi a programmare una strategia di uscita dal lockdown compatibile con le esigenze sanitarie ed economiche del Paese, fa pensare che rivedremo il film che è andato in onda nei giorni scorsi tra Governo e Regioni. Come è accaduto per le regole comportamentali che riguardano uscite e spostamenti dei cittadini, a questo punto è verosimile che ciascun territorio si costruirà una sua road map e calendario di ripartenza.
Sempre ieri se n'è avuto un assaggio quando è scoppiata una polemica tra Esecutivo e Regioni sulla possibilità di consentire una passeggiata a un genitore con figli minori. Ciascun Governatore ha detto la sua, andando contro la disposizione del Viminale tant'è che in serata il premier ha dovuto chiarirne l'interpretazione nella conferenza stampa in cui ha annunciato la proroga della “serrata” fino al 13 aprile. Se insomma i Governatori si ritagliano le proprie regole sulle passeggiate, a maggior ragione potrà accadere sulle riaperture di negozi, fabbriche, cantieri dove le pressioni dei cittadini saranno più stringenti del fare due passi. Un rischio di nuovi e più aspri conflitti in quella che ieri Conte ha chiamato la “fase 2 di convivenza con il virus”. E con la recessione.