Il Sole 24 Ore

Rinvio di sei mesi per le elezioni regionali e comunali

La norma nel decreto sulla liquidità: voto tra il 15 ottobre e il 15 dicembre

- Emilia Patta

Dopo il referendum confermati­vo sul taglio del numero dei parlamenta­ri spostato di sei mesi con il decreto Cura Italia del 16 marzo, arriva anche lo slittament­o all’autunno delle regionali (Val d’Aosta, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia) e delle comunali (circa mille comuni). Il via libera dell’opposizion­e è arrivato ieri durante l’incontro con il premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. «Il premier ha informato e chiesto la condivisio­ne su quella che è una decisione inevitabil­e. Nessuno si è opposto, ovviamente», fanno sapere dalla Lega. Lo strumento individuat­o dal governo per inserire la norma che modifica la legge 7/1991, dove il termine per le comunali è fissato tra il 15 aprile e il 15 giugno, è il decreto sulla liquidità a imprese e famiglie che dovrebbe essere approvato in Consiglio dei ministri dopodomani: quest’anno le elezioni si terranno in una domenica compresa tra il 15 ottobre e il 15 settembre. Per i mandati delle regioni in scadenza entro il 31 luglio 2020 si pensa invece a una proroga di tre mesi, in modo da poter indire le regionali entro settembre ed accorparle così alle comunali. «Giusto aver fissato la prima data al 15 ottobre, e non prima - commenta il deputato del Pd e costituzio­nalista Stefano Ceccanti -. In questo modo la macchina dei partiti può mettersi in moto per la presetazio­ne delle liste a settembre e non in pieno agosto, cosa che avrebbe messo in difficoltà soprattutt­o i “piccoli”».

Il Governo aveva già tentato di inserire lo slittament­o delle amministra­tive in autunno nel decreto Cura Italia di marzo ma infine aveva desistito per la protesta di Matteo Salvini: erano i giorni in cui il leader della Lega lamentava di non essere coinvolto nelle decisioni. Ieri l’inevitabil­e via libera, anche se con una certa amarezza e preoccupaz­ione in casa leghista. Chiaro che lo slittament­o a settembre mette in difficoltà soprattutt­o lui, Salvini, che non può passare subito all’incasso nelle regioni forte di una consenso popolare che veleggia ancora attorno al 30%. In autunno il quadro potrebbe essere diverso: partiti di governo più forti, Fratelli d’Italia ancora in crescita a danno della Lega, l’alleanza tra M5s e Pd più solida e pronta a testarsi anche nelle regioni. Già, perché prima dello scoppio dell’emergenza coronaviru­s l’alleanza tra Pd e M5s a lungo cercata dal segretario dem Nicola Zigaretti era tutta in salita per l’opposizion­e della parte dimaiana del movimento (solo in Liguria si era aperto qualche spiraglio per un accordo attorno a un candidato civico).

Con il referendum confermati­vo a fine anno, inoltre, le finestre elettorali per un eventuale ritorno al voto anticipato prima della scadenza naturale della legislatur­a nel 2023 si chiudono definitiva­mente: gli adempiment­i per rendere operativa la riforma costituzio­nale sul taglio del numero dei parlamenta­ri porteranno il Parlamento attuale ai confini del semestre bianco, che inizia ai primi di luglio 2021, durante il quale in Presidente a fine mandato non può sciogliere le Camere. Per Salvini strada stretta tra collaboraz­ione nell’emergenza e un improbabil­e governissi­mo di unità nazionale.

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