Plastic tax, Assobibe chiede lo stop alla tassa
Il mondo dei beni di consumo è in allarme per l’avvicinarsi della tassa sulla plastica, l’imposta di di 45 centesimi al chilo che scatterà da luglio su tutti i prodotti di plastica. Primo segmento industriale a uscire allo scoperto è l’Assobibe, l’associazione confindustriale delle bevande analcoliche messa alle strette da più fattori come la clausura sanitaria (non c’è ancora alcuna idea di quando potrà riaprire ai clienti il canale di vendita di ristoranti e bar, pari al 40% del settore), la plastic tax e la sugar tax, un’imposta che vanta finalità morali e che dall’autunno colpirà con 10 centesimi al litro le bevande cui sono stati aggiunti zuccheri o dolcificanti non zuccherini. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, si dice “laico” sul tema, vista l’importanza della ripartenza dell’intero sistema-Paese: la plastic tax «se serve, si fa; se non serve, non si fa». La stima iniziale era una perdita del 20% nel giro d’affari, ma il blocco dei consumi primaverili e forse anche quelli estivi si annuncia più severo: nei supermercati il calo di vendite è già del 10% mentre la chiusura sanitaria paralizza perfino l’export delle bevande tipiche italiane come aperitivi, chinotti, gassose, aranciate. All’Assobibe si affianca la Lega dove Lucia Bergonzoni, nella veste di senatrice emiliana, chiede ai parlamentari di difendere «una terra che conta una packaging valley con oltre 200 aziende e circa 17mila addetti e, praticamente, l’ultimo zuccherificio rimasto in Italia». Che cosa chiede l’associazione delle bevande analcoliche? Semplice. «La sospensione immediata di sugar e plastic tax». Secondo l’Assobibe, la contrazione della domanda e le incertezze sulla ripresa «rendono insostenibile un qualunque ulteriore aumento della pressione fiscale, mettendo a rischio gli 80mila posti di lavoro della filiera nel Paese, in parte già in ferie forzate e in cassa integrazione».