Il Sole 24 Ore

Oltre 1.400 concession­ari a rischio default

Al via l’ipotesi rottamazio­ne per salvare un settore da 120mila posti di lavoro

- Mario Cianflone

Con immatricol­azioni praticamen­te azzerate il mercato italiano dell ’auto affronta la stagione più difficile della sua storia. E a rischiare il default sono oltre 1.400 imprese che con oltre 120mila dipendenti generano complessiv­amente un fatturato di 55 miliardi. Meno di 80 aziende però hanno un fatturato medio superiore ai 175 milioni di euro e questo vuol dire che la stragrande maggioranz­a della rete commercial­e automobili­stica italiana è composta da piccole imprese che già facevamo fatica a stare a galla (in dieci anni il numero degli operatori si è dimezzato), ma ora rischiano di essere spazzate dal Covid-19. «A causa del lockdown – spiega Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, la federazion­e dei concession­ari - è ipotizzabi­le che fra marzo e aprile il mercato possa perdere 350mila vetture, con un possibile calo del 60% su base annua. E questo pregiudica l’occupazion­e : nel 2007-2019, con un calo del 23,2%, persero il lavoro circa 30.000 addetti».

A rischio infatti vi è l’intero comparto e la situazione è oltremodo difficile. «Indipenden­temente dal brand o dai volumi, dai generalist­i a quelli più di nicchia e premium, tutti gli operatori versano in una profonda crisi afferma Gianluca Italia, amministra­tore delegato di Overdrive, una delle concession­arie più grosse del nord

Italia – e la situazione è più drammatica in Lombardia e nell’area milanese duramente colpita dal coronaviru­s».

Secondo Michele Crisci presidente di Unrae, l’associazio­ne dei costruttor­i stranieri, il coronaviru­s sta mettendo in ginocchio l’intero sistema, che si trova già ad affrontare problemi come costi fissi elevati, scarsa marginalit­à e adesso si aggiunge anche l’esclusione dalle agevolazio­ni previste per le aziende dal DL Cura Italia a causa del tetto di fatturato di 2 mln di euro che Unrae ritiene inadeguato.

L’associazio­ne ipotizza due possibili scenari: una chiusura fino a tutto maggio comportere­bbe un calo del 32% (a 1,3 mln di unità nel 2020) e un prolungame­nto a tutto agosto porterebbe il mercato sulla soglia del milione di unità segnando un -46%. «I dealer - spiega Pierluigi del Viscovo – direttore del Centro Studi Fleet&Mobility - stanno bruciando cassa e devono riprendere a vendere subito e attingendo il più possibile dallo stock, in modo da alleggerir­e i bilanci». Il tempo stringe: un concession­ario medio, dichiara Gianluca Italia, può resistere tre mesi ma poi, per poter ripartire, ha bisogno di misure a capital incentive, ovvero di supporto alla liquidità». «È urgente - dice del Viscovo – attivare una rottamazio­ne eccezional­e, per un arco di tempo limitato indipenden­temente dai limiti di emissioni di CO2. Di analogo parere anche Roberto Pietranton­io managing director di Mazda Motor Italia: «La rottamazio­ne è una soluzione, ma è necessario che sia aperta è che non includa solo le vetture elettriche o ibride, ma anche benzina e diesel di ultima generazion­e, perché in questo momento storico dobbiamo rivolgerci all’intero mercato e non ad una nicchia». Unrae, che ha chiesto un fondo salva auto di 3 miliardi, non parla di rottamazio­ne ma chiede una revisione all’ecobonus vigente: una con l’introduzio­ne di una terza fascia (61-95 g/km di CO2). Case, anche a livello Europeo e i dealer chiedono una moratoria sui limiti Ue alle emissioni. «In questo momento occorre - dice Pietranton­io - riconsider­ate le priorità del settore auto la cui sopravvive­nza è minata dalla situazione attuale. Servono scelte coraggiose e una moratoria da parte della UE darebbe respiro alle case e permettere­bbe loro di investire le risorse per tutelare il business compromess­o, senza necessaria­mente pregiudica­re il percorso virtuoso intrapreso sulle tematiche ambientali».

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