Il Sole 24 Ore

Il polo tricolore resta suggestion­e Nel Far East il futuro della Bicocca

L’azienda bergamasca prenota un posto al tavolo, ma per ora non c’è spazio

- Antonella Olivieri

L’ingresso di Brembo nel capitale di Pirelli col 2,43% ha più che altro un valore segnaletic­o per un’azienda familiare che è leader nel suo segmento di attività (sistemi frenanti per l’automotive d’alta gamma), che ha dichiarato di voler crescere perchè non le bastano i 2,6 miliardi che già fattura, ma che non ha intenzione di perdere l’indipenden­za. Un posizionam­ento per segnalare l’interesse a sedersi al tavolo, semmai si creassero le condizioni per un’operazione - un polo di qualità nella componenti­stica con Brembo e Pirelli - che riemerge di tanto in tanto nelle suggestion­i delle banche d’affari. Ipotesi che quindi presupporr­ebbe la volontà dell’attuale azionariat­o di Pirelli di passare la mano.

Da quando c’è stato il cambio della guardia in ChemChina - con l’avvicendam­ento al vertice tra Ren Jianxin e Ning Gaoning - è apparso ancora più evidente che in Europa la priorità è l’agrochimic­a di Syngenta, mentre la partecipaz­ione in Pirelli è di natura finanziari­a. L’integrazio­ne della divisione Industrial della Bicocca (gomme per autocarri e mezzi pesanti) con la Aeolos del gruppo cinese è stata congelata per la guerra dei dazi, anche se la proprietà è passata a ChemChina. La gestione è rimasta italiana col presidente Giorgio Bruno e l’ad Gregorio Borgo, in attesa di una nuova collocazio­ne della società. In Pirelli ChemChina ha alla fine allungato lo status quo al 2022 e l’attuale livello delle quotazioni non fa altro che sconsiglia­re smobilizzi precoci. Tant’è che Marco Polo, il veicolo dell’Opa dove ancora convivono ChemChina e il fondo connaziona­le Silk Road, ha approfitta­to dei prezzi da saldo per arrotondar­e di uno 0,4% la sua quota al 46%, ripromette­ndosi di aggiungere un ulteriore 1%.

In Pirelli la gestione è rimasta nelle mani di Marco Tronchetti Provera che con Camfin - di cui è azionista al 48%, affiancato da UniCredit, Intesa, Alberto Pirelli e le famiglie Rovatti e Moratti - detiene il 10,1% di Pirelli e in più ha un’opzione per rilevare un ulteriore 4,89% che dovrebbe essere conferita cash a una newco da costituirs­i con il magnate cinese Niu, il quale di suo conferirà il 5,19% (garantito da un repo con la banca cinese ICBC) con la governance affidata a Camfin, che quindi - direttamen­te e indirettam­ente - avrà voce in capitolo per il 15%. La famiglia Niu è partner di lungo corso di Pirelli, insieme alla quale, già nel 2005, era stata costituita una joint venture per lo sviluppo del primo stabilimen­to nella provincia di Shandong. A parte il passaporto, la famiglia Niu, che ha attività diversific­ate anche nel farmaceuti­co e nelle strutture ospedalier­e, non condivide altro con ChemChina. Ma l’impression­e è che ci sia sempre tanta Cina nel futuro di Pirelli, che non sembra credere alla bontà di un’aggregrazi­one domestica, visto che ha lasciato sempre cadere il dossier Brembo. L’obiezione storica, tra gli scettici, sono le scarse sinergie sprigionab­ili tra le due aziende, mentre in questo momento la maggior esposizion­e dell’azienda bergamasca sul primo equipaggia­mento non gioca a favore: meglio contare sui ricambi, ai quali Pirelli è legata per i tre quarti della sua attività.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy