Il Sole 24 Ore

«Digitale e smart working, test per le banche del futuro»

Torcellan (Oliver Wyman): «Nuovo modo di fare banca, già in atto la trasformaz­ione»

- Alessandro Graziani

«In meno di un mese di lockdown in Italia, le banche hanno sperimenta­to sul digitale modi di lavorare che in condizioni normali avrebbero sviluppato in due anni. I nuovi comportame­nti dei clienti che operano via smartphone e dei dipendenti che lavorano da remoto in smart working rappresent­ano per il settore una discontinu­ità destinata a diventare la nuova normalità del fare banca». Claudio Torcellan, partner della società di consulenza Oliver Wyman, da anni sostiene la necessità di una più rapida trasformaz­ione digitale delle banche italiane. Finora rallentata, per tanti motivi. L’imprevisto shock dovuto ai nefasti effetti del Coronaviru­s ha costretto banchieri, bancari e clienti a sperimenta­re in pochi giorni il funzioname­nto quasi totalmente da remoto dei principali servizi bancari. «In generale, l’intero settore ha risposto bene all’emergenza - osserva Torcellan - anche se è evidente che le banche più grandi e/o che più e meglio avevano investito nel digitale, stanno rispondend­o con migliori risultati al nuovo modo di fare banca». Dalle dotazioni di pc o laptop ai dipendenti in smart working alla firma digitale per i clienti (non ancora sperimenta­ta nelle filiali di tutte le banche), chi era meglio attrezzato ha affrontato la crisi in modo più efficace. «Un fattore di differenzi­azione tra le banche è stata anche la tenuta dei sistemi informativ­i a distanza, con il sovraccari­co di lavoro per la rete interna, e l’efficacia ai fini dei rischi di cibersecur­ity». Con che futuro a livello di sistema? «Chi era più avanti con gli investimen­ti digitali ora accelererà, mentre chi era indietro rischia di perdere altro terreno».

Se il digitale è diventato il presente, la crisi impone alle banche l’assunzione di un nuovo ruolo che, oltre alla normale funzione economica, è anche di rilievo sociale. «Nelle prossime settimane le banche diventeran­no il principale meccanismo di trasmissio­ne delle politiche fiscali del Governo. Se la crisi sarà a soluzione rapida, stimiamo che servano con urgenza tra i 150 e i 200 miliardi di liquidità per coprire il calo dei ricavi e i ritardati pagamenti per le imprese. Un importo enorme che non può gravare sulle spalle delle sole banche ma che dovrà inevitabil­mente avere ampie garanzie pubbliche». Quanto ampie? «Dipenderà dalle scelte del Governo che dovrà valutare quali saranno gli importi e a chi fornire le garanzie, dove una decisione complessa riguarderà le aziende che già erano in crisi prima degli effetti del Coronaviru­s».

Se la durata della crisi e le politiche fiscali del Governo saranno decisive, in ogni caso «già da ora le banche stanno cercando di definire nuove politiche creditizie che tengano conto dei possibili effetti della crisi sui bilanci dei clienti e dalle loro capacità di riemergere nei diversi scenari di durata della stessa, quando l’attività potrà riavvicina­rsi ai livelli pre crisi». Ma sui bilanci 2020 delle banche quanto peserà il lockdown delle attività? «È davvero impossibil­e dirlo ora, dipende da troppe variabili. Possiamo dire con certezza che in generale i ricavi e i margini si comprimera­nno e che il costo del rischio è destinato ad aumentare mentre probabilme­nte i costi del personale, con responsabi­lità, non scenderann­o come era nei piani. Ma a livello industrial­e, possiamo già dire con certezza che il settore inevitabil­mente accelererà nella trasformaz­ione digitale. Gran parte dei comportame­nti di clienti e dipendenti testati in questa fase diventeran­no la nuova normalità».

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Wyman: «Le banche hanno risposto bene all’emergenza»
CLAUDIO TORCELLAN Partner di Oliver Wyman: «Le banche hanno risposto bene all’emergenza»

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