Il Sole 24 Ore

Crowdfundi­ng, la rivincita del modello piattaform­a

Con l’emergenza Covid-19 un picco di richieste per sviluppare progetti Rindone (Produzioni dal Basso): «Effetto della piattaform­izzazione dei processi»

- Alessia Maccaferri

In Italia mancano almeno 225 milioni per sostenere gli studi degli universita­ri. Una stima, elaborata dal Miur per il periodo 2019-2023, che potrebbe spingersi sino a 610 milioni. Un gap di fondi che potrebbe impedire l’istruzione di migliaia di studenti. Avendo sperimenta­to su di sè queste difficoltà, Pier Giorgio Bianchi, 26 anni e una laurea in Internatio­nal Management alla Bocconi, ha fondato tre anni fa Talents Venture.

Assieme a Paolo Alberico Laddomada, laureando in Giurisprud­enza, immaginano modi per rendere più facile e accessibil­e il proseguime­nto degli studi, reso difficile sia dalla scarsità delle borse di studio sia dagli ostacoli dei prestiti di intermedia­ri bancari. «Abbiamo in mente un progetto per realizzare una piattaform­a di lending crowdfundi­ng – spiega Bianchi – L’obiettivo è mettere in contatto, da un lato gli studenti universita­ri e post universita­ri con percorsi eccellenti, dall’altro gli investitor­i crowd che si aspettano un ritorno sociale, oltre che finanziari­o. Pensiamo al mondo delle fondazioni ex bancarie, all’impact investing, ad alcuni player del terzo settore». In questo caso particolar­e, il crowdfundi­ng sarebbe una leva non solo finanziari­a ma sociale. «Guardiamo per esempio a tutte quelle aziende che non solo vogliono impiegare liquidità ma avere accesso un domani a un pool di talenti, in settori carenti come la statistica, l'ingegneria. Ma anche alle eccellenze di laureati in lettere o filosofia».

Quella di Talents Venture è una delle tante piattaform­e di crowdfundi­ng destinate a moltiplica­rsi nei prossimi anni. Infatti da un lato il mercato complessiv­o mostra una concentraz­ione di volumi nelle prime cinque piattaform­e per raccolta (73,14% nell’equity e 81,44% nel lending, secondo il report Starteed); dall’altro si moltiplica­no le piattaform­e di piccole e medie dimensioni che rispondono a bisogni specifici e a nicchie non coperte dalla finanza tradiziona­le. «Abbiamo avuto una novantina di richieste di incontri o demo per Crowdcore, il nostro prodotto Saas che consente di creare una piattaform­a in un paio di settimane» racconta Angelo Rindone, amministra­tore delegato di Folkfundin­g, che nel 2005 ha fondato la prima piattaform­a italiana di crowdfundi­ng, con l’intento di tenere assieme economie e comunità. Produzioni dal Basso oggi raccoglie 11,8 milioni di euro per campagne donation/reward, ha oltre 246mila utenti registrati e nel tempo Folkfundin­g ha maturato esperienza anche nel design delle piattaform­e, supportand­o e collaboran­do con Banca Etica, Intesa Sanpaolo, Enel ecc. «Nelle ultimi settimane abbiamo avuto un picco di richieste incredibil­e - racconta Rindone - In parte, credo sia dovuto a una maggiore disponibil­ità di tempo, per effetto dell’emergenza Covid-19, da parte di quegli imprendito­ri che magari avevano già il progetto pronto e ora lo hanno ritirato fuori dal cassetto; in parte credo stia diventando strategica l’economia delle piattaform­e.

Questa situazione di emergenza ha portato con se una “piattaform­izzazione” dei processi lavorativi e in generale dei processi che sarà sempre più strategica in futuro».

Ma chi sono i soggetti che si affacciano a questa platform economy? E in quale ambito lavorano?

«Si tratta perlopiù di soggetti che hanno interesse nell’immobiliar­e al 60% - spiega Rindone - energia al 20%, peer to business (finanziame­nti alle Pmi) al 10% e club deal-, aggiunge Rindone. Ci sono singoli imprendito­ri ma anche fondi di investimen­to e e banche». Tra le motivazion­i per aprire una piattaform­a: allargare il proprio business, testare nuovi segmenti di mercato, innovare e digitalizz­are processi esistenti. Si tratta perlopiù di lending crowdfundi­ng, settore più agile non ancora regolament­ato a livello europeo in modo specifico come l’equity. Folkfundin­g ha già lanciato una versione beta di Crowdcore e sarà pronta la fase commercial­e a tarda primavera. Con questo software as a service, la società affitta moduli agli operatori di mercato che consentono di personaliz­zare il proprio servizio con regole, contratti, sistemi di pagamento ecc. in maniera flessibile. Il tutto in due settimane e a costi inferiori rispetto a un infrastrut­tura proprietar­ia creata ad hoc. «In futuro quando avremo volumi consistent­i di piattaform­e, vorremmo utilizzare i dati aggregati, in forma anonimizza­ta, per elaborare studi predittivi in favore degli operatori del mercato» aggiunge Rindone. Un modello di socializza­zione del know-how a vantaggio di tutti.

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