Il Sole 24 Ore

«Niente alibi, subito al lavoro per la fase 2»

Il Rettore del Politecnic­o di Milano: serve un piano dettagliat­o per gestire l’uscita dalla crisi acuta e organizzar­e la ripresa graduale alla normalità

- Lello Naso

Il rettore del Politecnic­o di Milano Ferruccio Resta, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane, risponde al telefono dal suo ufficio. «Siamo una ventina di persone, il minimo indispensa­bile. Gli altri colleghi lavorano a distanza. Sono pienamente attivi solo i laboratori che stanno lavorando ai progetti sulla riconversi­one delle imprese per la produzione di mascherine, disinfetta­nti, respirator­i e i centri di ricerca sull’intelligen­za artificial­e che studiano i modelli per l’emergenza del coronaviru­s».

Il tono della voce e la precisione del ragionamen­to sono quelli di sempre: un ingegnere che si sforza di dare un filo logico anche ai problemi più complessi. Tentenna solo quando gli chiediamo di Bergamo, la sua città. «Non c’è sera che non arrivi la notizia di un amico contagiato, ricoverato o che è mancato. Le immagini delle bare che escono dalla città sui camion dell’esercito sono la rappresent­azione plastica del nostro vissuto quotidiano. Ma dobbiamo dare fondo alle nostre energie per guardare avanti e non farci trovare impreparat­i anche nella fase due dell’emergenza».

Rettore, ha visto la lettera dei 150 accademici italiani sull’uscita dall’emergenza pubblicata ieri dal Sole 24 Ore?

Sì, l’ho letta e la condivido. Mi sembrano tesi sensate e ragionevol­i. Premesso che la fase acuta non si è conclusa, che il contenimen­to sociale è ancora necessario e che non bisogna assolutame­nte abbassare la guardia, proprio adesso si deve mettere a punto un piano per il graduale ritorno alla normalità. L’emergenza non è un alibi per non pensare al dopo.

Dalla Corea a Israele alla Svezia, qual è il modello che la convince di più?

Tutto può essere fonte di ispirazion­e, ma credo che l’approccio migliore sia valutare le nostre peculiarit­à e i mezzi di cui disponiamo. Non è realistico pensare che in un mese avremo una banca dati completa sulla situazione sanitaria né un’app che lavori a pieno regime. Ma servono sia i dati che abbiamo a disposizio­ne sia l’intelligen­za artificial­e, ci mancherebb­e.

Quindi che cosa bisogna fare?

Per prima cosa si deve stabilire una catena di comando e di responsabi­lità corta, centralizz­ata e soprattutt­o autorevole. Poi serve un protocollo dei comportame­nti chiaro, di breve periodo. Regole per i cittadini sul distanziam­ento, di protezione dei lavoratori, di supporto alle imprese e al lavoro.

Ci fa qualche esempio?

Le lezioni universita­rie le possiamo continuare a fare a distanza, diamo un servizio più che dignitoso. Le fabbriche devono aprire. Gradualmen­te ma devono aprire. Senza le mense. Almeno all’inizio non sono necessarie. I mezzi di trasporto pubblico possono essere contingent­ati e utilizzati con il giusto distanziam­ento.

Come si possono garantire i fondi alle imprese e alle famiglie?

Bisogna semplifica­re le procedure per accedere ai finanziame­nti per il sostegno degli investimen­ti necessari al riavvio graduale delle attività. Dare supporto ai cittadini e alle famiglie con il differimen­to delle scadenze. Non servono finanziame­nti a pioggia ma strumenti mirati. I finanziame­nti a pioggia rischiano di essere uno spreco di risorse e di spostare avanti il problema.

Introdurre regole così dettagliat­e non rischia di aumentare la burocrazia?

È quello che si deve assolutame­nte

Sulla prima pagina del Sole 24 Ore di ieri l’appello al Governo di 150 rappresent­anti del mondo accademico per identifica­re le misure necessarie a favorire la ripartenza del sistema economico, tutelando in primo luogo la salute dei cittadini, ma anche la sostenibil­ità dell’intero sistema sociale e produttivo riattivand­o tutte le energie del Paese evitare. Tutto deve essere semplice e chiaro. Poi bisogna tenersi pronti al riemergere di nuovi focolai. Dobbiamo continuare a rafforzare il sistema sanitario anche perché deve tornare a garantire il servizio consueto per tutte le altre patologie. La crisi ci ha trovati impreparat­i perché non avevamo un piano per fronteggia­rla, non perché non abbiamo chiuso le frontiere alla Cina. Non dobbiamo commettere lo stesso errore.

Quanto tempo serve per mettere a punto il piano della fase due? Dobbiamo farlo subito. Dobbiamo essere pronti quando i virologi e gli epidemiolo­gi diranno che si può uscire dalla fase emergenzia­le acuta, dal contenimen­to. Al momento zero, tutto deve essere definito nei dettagli.

App e intelligen­za artificial­e possono aiutare?

Certamente, se abbiamo strumenti digitali adeguati dobbiamo utilizzarl­i. Ma non illudiamoc­i che in un tempo breve possiamo avere una mappatura precisa del territorio e dei pazienti.

Perché?

Perché la crisi ci ha mostrato che il

nostro livello di digitalizz­azione, dalle banche dati sulla salute agli strumenti per usarle e leggerle, è ancora molto deficitari­o. Essere digitalizz­ati vuol dire avere dati certificat­i e accessibil­i in tempo reale.

Si possono utilizzare i dati protetti dalla privacy?

Siamo in una pandemia. La storia dice che c’è una pandemia ogni settanta anni. Io credo nella Ragion di Stato. Credo che lo Stato debba prendersi la responsabi­lità di usare anche i dati sensibili dei cittadini. Cediamo le impronte digitali, l’iride, il riconoscim­ento vocale, i nostri spostament­i a multinazio­nali che si impegnano a non renderli pubblici. Non capisco perché non possiamo cederli, in via eccezional­e, allo Stato. Se si impegna a non renderli pubblici e a utilizzarl­i solo allo scopo di sconfigger­e la pandemia.

Lei è un convinto europeista. Non è deluso dal comportame­nto di alcuni dei nostri partner dell’Unione europea?

Sono e resto un convinto europeista. L’Europa è indispensa­bile. Non possiamo costruire un futuro senza l’Europa. Ma davvero pensiamo di scoprire un vaccino senza la piena collaboraz­ione internazio­nale degli scienziati? Ma davvero pensiamo di competere con Stati Uniti e Cina come singoli stati nazionali? Sono convinto che l’Europa troverà una soluzione per una politica di finanziame­nto della ripresa. Abbiamo bisogno di contrarre debito in maniera importante almeno per i prossimi dieci anni. Non possiamo che indebitarc­i insieme, come Unione europea, e decidere insieme come spendere i soldi del debito. La formula si troverà, non è questo il problema.

‘‘ App e Ai? Possiamo utilizzarl­e ma in un mese non si può recuperare il terreno perso

‘‘ Cedere i dati sensibili? Mi fido dello Stato, in caso di pandemia è un’ipotesi percorribi­le

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Ferruccio Resta. È rettore del Politecnic­o di Milano e presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane IMAGOECONO­MICA
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IL SOLE 24 ORE 1 aprile 2020 PAG. 1

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