L’e-commerce cresce e tiene in vita la moda, ma non può sostituire i negozi
Vendite appese a un filo digitale, ma il web non può sostituire i negozi
Con le persone chiuse in casa e buona parte dei negozi di abbigliamento, calzature e accessori con le serrande abbassate (in Italia, tutti), l’unico canale che, al momento, tiene in vita le vendite del settore moda in mercati strategici come Europa e Usa è quello virtuale.
Il web bilancia il calo «fisico»
La sopravvivenza del settore moda almeno in questi mesi- sembra dunque essere appesa a un filo digitale, ma l’e-commerce potrebbe non essere ancora pronto per essere investito di un ruolo tanto decisivo sul lungo periodo: «Nel mondo pre-Covid 19, il canale e-commerce proprietario pesava nei brand più “digitalizzati” per il 10-12% dei ricavi nel segmento lusso, e fino al doppio nel segmento mass/apparel, una quota ancora limitata rispetto ad altri settori. Di conseguenza, per quanto forte possa essere la crescita nel breve termine, il canale online non è ancora strutturato per sostituire quello fisico, ma può solo contrastare in parte la perdita di ricavi che questo registrerà», dice Filippo Bianchi, managing director e partner Bcg.
La crescita dopo lo shock
Dopo un primo momento di stop, legato allo shock generato dalla situazione, le persone hanno infatti ricominciato a comprare prodotti di moda. Premiandosi con prodotti non essenziali. Lo confermano da Bcg: «Nei giorni immediatamente successivi al “blocco”, le vendite sono calate sensibilmente anche online, dato il taglio delle spese non essenziali da parte del consumatore - dice Bianchi -. Successivamente, però, alcuni brand hanno registrato un incremento significativo delle vendite e-commerce nei maggiori Paesi europei, e in particolare in Italia. La resilienza di questo stesso trend dipende ovviamente dal rischio di chiusura dei siti logistici, e sarà da verificare – con 1/2 settimane di “ritardo” – anche negli Stati Uniti».
L’organizzazione degli e-store
In Italia (in lockdown totale da metà marzo) e nel resto del mondo alcuni e-store hanno gi messo le attività in stand-by temporaneo: lo hanno fatto, per esempio, big player come yoox.com e net-à-porter.com del gruppo Ynap che permettono di fare acquisti, ma spostano la consegna dei prodotti a quando l’emergenza si sarà attenuata. «Dobbiamo sospendere i nostri desideri. Non interromperli, solo rimandarli», ha scritto Federico Marchetti, ceo di Ynap in una lettera inviata ai clienti finali.
Se qualcuno si ferma, altri continuano a vendere online, stimolando i consumatori ad acquistare con sconti e spedizioni gratuite, ma con un’avvertenza: per lavorare in sicurezza, si è dovuto ridurre il numero di persone al lavoro contemporaneamente e, quindi, per ricevere il pacco potrebbe volerci più tempo. È il caso di brand come Furla, e di marchi del gruppo Calzedonia. Se per i big è ancora troppo presto per fare un bilancio in termini di numeri, ci sono realtà che, nonostante le difficoltà generali, confermano di registrare una crescita nelle vendite digitali. È il caso di Manila Grace : «Dall’inizio dell’anno il nostro sito ha registrato un andamento positivo rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente - dice Enrico Vanzo, amministratore delegato -. Pensavamo di perdere terreno perché non siamo un bene cosiddetto indispensabile». I risultati sono anche merito delle promozioni e delle campagne social per coinvolgere le clienti costrette a casa.
La strategia dei multibrand
Accanto alle piattaforme dei brand anche quelle dei negozi multimarca italiani - che negli ultimi anni le hanno utilizzate come volàno per crescere, anche all’estero - sono rimaste attive e con risultati positivi: «Da quando abbiamo chiuso le boutique le vendite e-commerce sono cresciute del 10% circa rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso - dice Beppe Angiolini, titolare di Sugar -, anche se il valore medio degli acquisti è basso. Sono in crescita sia le vendite in Italia sia quelli in Europa». Cambia, di fatto, ciò che le persone hanno voglia di acquistare: «Capi confortevoli come t-shirt, felpe, sneaker. Niente borse». Federico Giglio, titolare delle boutique Giglio di Palermo, conferma di aver mantenuto attiva la piattaforma Giglio.com: «Ci sono mercati in cu in stiamo vendendo, come l’Asia che è in ripresa, ma nel complesso registriamo un leggero calo sul 2019 e, senza dubbio, rispetto alle previsioni 2020. Stiamo pensando a misure per stimolare gli acquisti, come uno sconto ma non superiore al 15 per cento».
Il boom del second hand
Un’interessante conferma dell’andamento individuato da Bcg arriva dalle parole di Fanny Moizant, co-founder e presidente di Vestiaire Collective: «Inizialmente abbiamo visto un calo delle vendite nei mercati interessati dal virus, ma poi abbiamo registrato un +25% nelle vendite rispetto alla settimana precedente e la crescita continua». In Italia la piattaforma second hand di lusso ha registrato un «forte aumento dei depositi di prodotto, +89% rispetto all’anno precedente: le persone, passando più tempo a casa, hanno modo di mettere a posto i guardaroba e vendere ciò che non indossano più. Inoltre in un momento di crisi sanitaria ed economica come questo la vendita di pezzi può essere una risorsa economica in più».