Prima apertura delle Regioni sull’uso dei fondi Ue
Il confronto sui 10 miliardi da aggiornare alla luce della nuova flessibilità europea
Sull’impiego dei fondi europei per affrontare l’emergenza le Regioni aprono più di uno spiraglio. Ieri si è svolta una conferenza a distanza tra il ministro del Sud Giuseppe Provenzano e i governatori e un nuovo passaggio si svolgerà la prossima settimana. Le resistenze che erano emerse negli ultimissimi giorni di fronte al piano del ministro si sono almeno in parte diradate alla luce degli impegni sul mantenimento della titolarità regionale e dell’addizionalità delle risorse.
Soprattutto, la mossa che avrebbe sbloccato in buona parte l’impasse è la prospettiva che in cambio di questa riprogrammazione proemergenza (per spese relative a sanità, lavoro e sostegno al reddito, circolante delle imprese) le Regioni possano avere flessibilità nell’uso del Fondo nazionale sviluppo e coesione (Fsc). In pratica verrebbe accantonata l’attuazione dell’articolo 44 del decreto crescita del 2019 sulla riprogrammazione dell’Fsc gestita a livello centrale, operazione molto temuta dai governatori.
Nella lettera inviata nei giorni scorsi ai presidenti, Provenzano illustrava la proposta (anticipata al Sole 24 Ore il 28 marzo) con la quale il governo chiede alle Regioni, così come alle amministrazioni centrali nel caso di Programmi nazionali, di indirizzare all’emergenza circa il 20% del valore dei rispettivi programmi. Per un totale di 10 miliardi di cui 6,7 a valere sul Fondo Fesr e 3,3 sul Fondo sociale europeo (Fse), di cui rispettivamente circa 5 e 2,1 a valere sui programmi regionali. Per salvaguardare i progetti definanziati si userebbero il Fondo sviluppo e coesione e le risorse dei cosiddetti Piani operativi complementari. In più, per garantire il principio dell’addizionalità (i fondi Ue non devono essere sostitutivi di risorse ordinarie) verrebbe garantito un ristoro di risorse, sempre a valere sull’Fsc, nella prossima programmazione 2021-2027.
Ora però, alla luce delle ultimissime novità giunte da Bruxelles, le cifre in gioco potrebbero essere ridiscusse. Sia il 20%, sia i 10 miliardi. Ieri la Commissione europea ha allargato ulteriormente le maglie regolamentari nell’utilizzo dei fondi: non è più obbligatorio il cofinanziamento nazionale degli investimenti realizzati con i fondi strutturali; sono stati eliminati i vincoli di “concentrazione tematica” delle spese; è stata introdotta la massima flessibilità tra i fondi, quindi sarà possibile trasferire, per esempio, risorse dal Fondo per lo sviluppo regionale al Fondo sociale, o viceversa, a seconda delle esigenze; infine sarà possibile trasferire risorse da un programma all’altro, sia tra regioni che tra programmi nazionali. Una flessibilità piena, che si applica solo agli stanziamenti di bilancio 2020, ultimo anno del periodo di programmazione 2014-2020, e solo per spese legate all’emergenza coronavirus. Ora ministero e regioni ne valuteranno l’impatto. «Intanto - dice Provenzano - abbiamo chiarito ai governatori che non c’è alcuna distrazione territoriale delle risorse dal Sud verso Nord. La proposta è che concorrano a un menù di misure nazionali - per il decreto Cura Italia, per il decreto aprile e per quello che verrà dopo su rilancio e investimenti - per la parte di interventi che ricade nel proprio territorio, le risorse non saranno riversate in unico fondo centrale. Inoltre se metteremo risorse Fsc a a copertura di progetti definanziati nei programmi del Centro-Nord lo faremo comunque nell’ambito del 20% di ripartizione dell’Fsc che spetta a quest’area del paese. La compensazione che assicureremo sulla nuova programmazione 2021-2027, invece, avverrà per la parte in cui si concorre a misure orizzontali di carattere nazionale».
«L’incontro - commenta Fulvio Bonavitacola, vicepresidente della Regione Campania - è servito a tranquillizzarci su alcuni aspetti della lettera del ministro che ci convincevano meno. Ci è stato assicurato che non c’è un intento redistributivo dalle regioni al centro e che si lavorerà solo sulle risorse che non sono caratterizzate da impegni giuridicamente vincolanti con obblighi verso soggetti terzi. Speriamc che con questa operazione vengano superate tutte le bardature burocratiche del passato sull’uso dei fondi Ue». La Campania punta a impiegare parte dei fondi a supporto della Piattaforma regionale economica e sociale per l’emergenza.