Lo dice la storia: a Milano rimbalzi più lunghi dei crolli
Dal 2007 Piazza Affari è caduta più del 10% 25 volte: il ribasso medio è del 19,8%
Prove di rimbalzo ieri per Piazza Affari, per ora davvero piuttosto timide. Nel passato recente il listino milanese ha saputo però anche riprendersi dai rovesci più importanti, quando è arrivato il momento. Il problema sta appunto nel capire quando i tempi matureranno, si potrà dichiarare chiusa la fase «orso» e guardare con maggior ottimismo anche alla Borsa. Prima di quello attuale, dal 2007 in poi sono stati infatti ben 25 i periodi durante i quali l’indice Ftse Mib ha perso più del 10% e altrettante le successive risalite.
L’analisi di Intermonte Sim rileva che la perdita media subita in queste fasi è stata del 19,8%, mentre la correzione più marcata è avvenuta durante la crisi del debito sovrano fra maggio e settembre 2011, quando Piazza Affari lasciò sul terreno quasi il 40 per cento. La durata poi è stata in media di 41 sedute (con un picco fino a 169, oltre 7 mesi, nel 2018): un dato che almeno dal punto di vista statistico fa ben sperare, perché con quella di ieri la crisi innescata dal coronavirus è arrivata alla 33esima giornata di Borsa, quindi non lontano dall’ipotetico momento di svolta.
Certo, come più volte sottolineato, l’ondata di vendite che si è scatenata dal 19 febbraio ha colpito per violenza e rapidità. Per subire un passivo nell’ordine del 35% come quello attuale erano per esempio stati necessari 96 giorni nel già citato caso della crisi del debito o 52 giorni fra la fine del 2015 e i primi mesi dell’anno successivo. Più simile invece il comportamento durante la grande tempesta finanziaria post-Lehman, non a caso la situazione alla quale la crisi Covid-19 fino a questo momento si avvicina di più. Allora, rileva Intermonte, Piazza Affari arrivò a perdere il 34,3% in sole 33 sedute, ma dopo il primo rimbalzo vi furono poi ricadute altrettanto dolorose ed è questo il primo elemento che deve oggi indurre prudenza.
Il rovescio della medaglia sta nel fatto che proprio da quel fondo, toccato il 9 marzo di 11 anni fa, è poi partito uno dei rimbalzi più vigorosi che la storia recente del listino milanese ricordi, con un progresso del 62,5 % in 45 sedute. Nel complesso i rimbalzi si sono protratti più a lungo delle cadute che li hanno preceduti (67 sedute in media, con il picco di 468 registrato fra il giugno del 2016 e il maggio del 2018) e hanno registrato un rialzo medio del 21% leggermente superiore alle perdite precedenti, almeno nei numeri.
Ma qui siamo purtroppo di fronte alla più classica delle illusioni ottiche, vuoi perché sotto l’aspetto puramente matematico un recupero non è in grado di compensare una perdita precedente dello tasso percentuale, vuoi soprattutto perché nelle fasi non interessate da movimenti evidenti come quelli registrati da Intermonte l’indice milanese ha seguito una traiettoria generalmente ribassista: prova ne sia che anche prima del rovescio legato alla diffusione in Italia del coronavirus il Ftse Mib stazionava pur sempre su valori inferiori di oltre il 40% rispetto ai livelli del 2007 precedenti la crisi subprime.
Fin qui le note statistiche riferibili alle traiettorie del passato che la situazione odierna, con le sue peculiarità, non necessariamente potrà ripercorrere. «Quello in corso sembra più un rally temporaneo ed è prematuro considerare già alle spalle questa correzione», frena Alberto Villa, Head of Equity Research di Intermonte Sim.
Dai minimi postLehman, nel marzo del 2009, è partito un rimbalzo del 62,5%: uno dei più forti
Le perduranti incertezze su durata e severità della crisi e sulle sue conseguenze per l’economia impongono infatti particolare cautela: «Saranno importanti - avverte l’analista - i primi segnali di miglioramento concreto della situazione in Italia e la tempistica del graduale ritorno alla normalità, oltre alle misure che saranno messe in atto da governi e banche centrali».
Sempre a titolo di confronto, il Pil italiano si ridusse del 5,3% nel 2008 con la crisi finanziaria globale, ma oggi si rischia una caduta maggiore. «Un rimbalzo più robusto in Borsa - aggiunge Villa - si materializzerebbe se invece la diffusione del virus dovesse rallentare e contemporaneamente si riuscissero a mettere sul piatto misure concrete per rendere disponibile la liquidità alle imprese e alle famiglie per riprendere attività e consumi». La speranza, in fondo, è questa.