Nautica ferma al 90%, a rischio 5mila posti
Confindustria nautica dà al Governo un piano per avviare la riapertura
Confindustria nautica presenta al Governo un piano per la riapertura progressiva delle attività di settore, accompagnato da una relazione del suo ufficio studi che raccoglie i numeri sugli effetti, per il comparto, del lockdown dovuto al coronavirus. Numeri tutt’altro che rassicuranti, visto che, a fronte di un fermo totale della produzione, il 90% delle aziende è al palo: con il 57% delle imprese che risulta non operativo e il 33% solo parzialmente operativo. Una situazione che, se si protrarrà fino al 15 aprile, secondo le elaborazioni dell’ufficio studi di Confindustria nautica (basate sull’andamento della crisi finanziaria 2008) comporterebbe la perdita di oltre 5mila posti di lavoro nella filiera. Un dato, tra l’altro, che potrebbe salire a oltre 8mila, con una chiusura fino alla fine di aprile. I dati sono emersi dai questionari inviati ai soci per rilevare informazioni puntuali sull’impatto dell’emergenza Covid-19 sulla nautica da diporto. Il consiglio generale di settore si è poi riunito (in teleconferenza) in una sessione durante la quale è stata analizzata la relazione dell’ufficio studi. Vi hanno preso parte, tra gli altri, Baglietto, Ferretti, Fincantieri, Pardo, Perini navi, Permare, Overmarine e Sanlorenzo.
Il piano presentato al Governo per una riapertura progressiva della produzione industriale del settore, che prevede anche una parte normativa sulla sicurezza dei lavoratori, è stato, dunque, rappresentato non come una rivendicazione di un comparto in difficoltà, sottolinea Saverio Cecchi, presidente di Confindustria nautica, ma quale risultato dell’analisi tecnica ed economica dei dati rilevati, a cadenza settimanale, sugli effetti progressivi del lockdown sulla filiera.
L’analisi dell’associazione rileva che la maggior parte delle aziende «ha un periodo di flussi finanziari positivi che va da aprile a luglio, seguito da flussi finanziari negativi da agosto a marzo». L’andamento fortemente stagionale del comparto impone, pertanto, e queste sono le richieste che l’associazione ha rivolto all’Esecutivo, «la riapertura modulare e progressiva delle attività, la sospensione dei canoni demaniali marittimi (come previsto, peraltro, dagli stessi contratti sugli oneri concessori in essere con lo Stato, nei casi di eventi straordinari e quindi per cause di forza maggiore non imputabili ai concessionari) e l’equiparazione anche delle attività industriali alla filiera del turismo (per beneficiare degli strumenti messi a disposizione del settore turistico, ndr)». Bisogna ricordare, a questo proposito, come le ultime misure di contenimento adottate con i dpcm del 22 e del 25 marzo scorsi abbiano comportato che, tra gli 86 codici Ateco al momento autorizzati a proseguire la produzione, quelli che Confindustria nautica «è riuscita a far inserire rispetto alle bozze iniziali e di interesse per il settore, sono manutenzione e riparazione di navi e imbarcazioni; riparazione e manutenzione di macchine di impiego generale (inclusi motori, pompe, compressori); magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti (inclusi i porti turistici)”.
Dal lockdown del 26 marzo, dunque, l’analisi di Confindustria nautica evidenza quattro elementi macroscopici: una ridotta operatività delle aziende (con il 57% che risultano non operative e il 33% parzialmente operative) ma con il fermo totale della produzione; il ricorso a strumenti di sostegno al reddito, con il 75% del campione che intende richiedere accesso alla Cig, se il lockdown della produzione dovesse protrarsi; la certezza di un impatto dirompente del fermo della produzione e delle vendite sui conti aziendali. In base alle primissime stime, il 25% del campione si aspetta una riduzione di fatturato entro il 20%; il 37,5% del campione fra 30 e 40%; il 28,5% tra 50 e 60%; il 9% oltre il 70%. Infine, emergono le forti difficoltà della catena distributiva, specialmente nell’export: il 74% delle imprese ha rilevato problemi nella logistica, con conseguenze molto significative per oltre la metà del campione, e il 71% ha già riscontrato problematiche di tipo commerciale, con serie conseguenze per il 47% del campione; Francia, Spagna e Germania, in Ue, e gli Usa, oltremare, sono le nazioni verso le quali sono state rilevate le maggiori difficoltà.
«I nostri imprenditori – sottolinea Marina Stella, direttore generale di Confindustria nautica - hanno messo in primo piano la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori rispettando, da subito, il protocollo del 14 marzo scorso; e sono pronti a continuare a farlo, creando un percorso in armonia con le istituzioni. Alcune aziende (tra cui Veleria San Giorgio e Zaoli, ndr) hanno perfino riconvertito la produzione, dedicandosi a realizzare mascherine protettive. Ora è importante vedere come potrà avvenire, con gradualità, la ripresa delle attività produttive, per non interrompere i flussi finanziari altamente correlati alla stagionalità ed evitare così di incidere sui fondi di cassa integrazione. Ricordando anche che molte piccole imprese, senza produrre, rischiano di chiudere definitivamente». Ieri, intanto, è stata annullata la quarta edizione del Versilia Yachting Rendez-vous, che avrebbe dovuto svolgersi a Viareggio dal 28 al 31 maggio 2020.