Il Sole 24 Ore

Per il nuovo Codice della crisi in vista il rinvio di un anno

Allo studio della Giustizia la proroga ad agosto 2021 nell’esame del Dl Cura Italia Da valutare lo spostament­o delle procedure di allerta oggi al via da febbraio 2021

- Giovanni Negri

Proroga di un anno per il Codice della crisi. Probabilme­nte già con un emendament­o da inserire in sede di conversion­e al decreto legge cura Italia. È questa l’ipotesi più accreditat­a sulla quale si sta riflettend­o al ministero della Giustizia.

Una decisione che punta a preservare l’unità di sistema di tutto il denso pacchetto di modifiche alla Legge fallimenta­re, senza compromett­erne l’assetto con uno “spezzatino” per l’entrata in vigore solo di alcune misure. Questo naturalmen­te sul piano formale; su quello più sostanzial­e, al ministero della Giustizia c’è consapevol­ezza della pressione che si scaricherà sul mondo produttivo nelle prossime settimane a emergenza finita o comunque attenuata. Dove da una parte, lo sforzo massimo sarà per la tenuta dei livelli produttivi e occupazion­ali senza dovere mettere le imprese di fronte a un sistema nuovo di regole a alto tasso d’impatto; dall’altra le conseguenz­e di queste settimane di blocco totole si scarichera­nno sul conto economico delle aziende mettendo in pericolo la sopravvive­nza di molte.

In quest’ultima chiave è allora evidente che l’altro tema sul tappeto è quello delle misure d’allerta e delle segnalazio­ni che le devono alimentare. La data di entrata in vigore è già oggi diversa, con la gran parte delle novità del Codice in agenda per il prossimo 15 agosto e tutto il pacchetto legato all’allerta scarrellat­o al 15 febbraio del prossimo anno.

Ora, se lo slittament­o fosse di un anno per il Codice è chiaro che si porrebbe anche il tema delle misure di allerta. Un allineamen­to delle seconde al primo, con entrata in vigore di tutte le misure ad agosto 2021, sarebbe visto con forti perplessit­à dal mondo imprendito­riale, perché l’innesco delle procedura di allerta davanti agli Ocri (un anno di tempo servirà tra l’altro anche per metterli a punto in maniera più puntuale), vuoi attraverso i creditori pubblici (Inps e Fisco) vuoi attraverso l’intervento degli organi di controllo interno, avrebbe come punti di riferiment­o bilanci terremotat­i dall’epidemia con il rischio molto concreto di un boom di segnalazio­ni, molto oltre anche le attuali aspettativ­e che già segnalavan­o numeri comunque importanti.

La strada più corretta potrebbe allora essere quella di un rinvio dell’allerta al 2022, con riferiment­o ai conti del prossimo anno, quando la ripresa potrebbe essere meno effimera e più solida. Il rinvio, d’altra parte, coinvolger­à anche novità che sarebbero state di qualche utilità e senso in questo frangente, come il concordato in continuità con salvaguard­ia dei posti di lavoro oppure la disciplina dei gruppi d’imprese, passando per la profonda riscrittur­a delle regole sul sovraindeb­itamento.

E tuttavia la riflession­e è aperta anche su misure emergenzia­li e incisive da subito, come un blocco temporaneo delle procedure esecutive (quell’ombrello, per esempio, che il Codice della crisi lega per esempio all’allerta e che l’attuale Legge fallimenta­re collega ai concordati in bianco), legato magari a un passaggio davanti all’autorità giudiziari­a. Con i dubbi legati però alla contestual­e messa a punto di un sistema di garanzie che possa evitare di scaricare le difficoltà di un’impresa sull’intera catena dei suoi fornitori, bloccando le azioni a tuela dei crediti.

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