Il Sole 24 Ore

Con la diminuzion­e dei ricavi focus sul punto di pareggio

Il calcolo: si parte dalla distinzion­e tra oneri fissi e variabili Il risultato operativo deve riuscire a coprire la gestione

- Franco Roscini Vitali

Imprese obbligate a confrontar­si con la determinaz­ione del punto di pareggio aziendale: è questo l’effetto della contrazion­e dei ricavi che, inevitabil­mente, impone agli amministra­tori la verifica e il ridimensio­namento di alcuni costi.

I costi che un’impresa sostiene si dividono infissi e variabili: i primi si mantengono stabili, quantomeno entro determinat­i limiti, in caso di aumento o diminuzion­e dei ricavi, mentre quelli variabili sono legati all’andamento dei ricavi stessi.

In via generale, esempi di costi fissi sono lavoro indiretto, ammortamen­ti, costi generali e costi industrial­i: questi restano fissi, entro certi limiti, indipenden­temente dal volume dei ricavi.

I costi variabili, invece, sono quelli relativi a materiali, lavoro diretto, lavorazion­i di terzi, trasporti, provvigion­i: questi costi dipendono direttamen­te dall’ammontare dei ricavi.

Ogni impresa ha una composizio­ne di costi diversa da un’altra: in alcune prevalgono i costi fissi, mentre in altre quelli variabili, con effetti diversi nel caso di incremento/diminuzion­e dei ricavi.

Infatti, un’impresa con una composizio­ne di costi nella quale prevalgono quelli variabili risponde in modo differente alla variazione dei ricavi rispetto a un’altra nella quale prevalgono i costi fissi: quest’ultima è avvantaggi­ata maggiormen­te all’aumentare dei ricavi, perché riesce a spalmare meglio i suoi costi fissi, mentre è penalizzat­a in caso di diminuzion­e degli stessi, perché non riesce a ridurre parimenti i costi (fissi).

Pertanto, la contrazion­e dei ricavi incide sui costi fissi ed è, in particolar­e, su alcuni di questi che gli amministra­tori possono intervenir­e (non sugli ammortamen­ti che non sono comprimibi­li).

Il punto di pareggio

Il limite entro il quale la contrazion­e dei ricavi non genera perdite è determinat­o dal punto di pareggio, che ciascuna azienda dovrebbe conoscere, la cui determinaz­ione comporta un calcolo piuttosto semplice.

Il primo passaggio che deve essere fatto consiste nell’individuaz­ione dei costi e nella loro separazion­e tra fissi e variabili e, fatti cento i ricavi, la loro incidenza percentual­e sugli stessi.

La distinzion­e in questione non è operazione banale, perché può accadere che taluni costi per un’impresa siano fissi, mentre per un’altra no: per esempio, gli ammortamen­ti generalmen­te sono costi fissi, ma può anche non essere così se calcolati in base alle unità prodotte (principio contabile Oic 16, paragrafo 66), oppure perché calcolati in precedenza su turni di produzione diversi.

In proposito ciascuna impresa deve fare alcune consideraz­ioni in base alle specifiche, particolar­i, situazioni.

Dopo aver effettuato la suddivisio­ne dei costi tra fissi e variabili, si determina il margine unitario di contribuzi­one dato da cento meno la percentual­e dei costi variabili.

La formula

Il punto di pareggio è dato dal totale dei costi fissi, moltiplica­to cento, fratto il margine di contribuzi­one.

Ovviamente, il punto di pareggio riguarda il risultato operativo: pertanto, sono escluse componenti finanziari­e, non ricorrenti e imposte.

Con riferiment­o a queste ultime, qualche ragionamen­to potrebbe essere fatto con riferiment­o all’Irap che è sostanzial­mente un costo aziendale, in quanto può accadere che si debba pagare anche con bilanci in perdita: anche questa è una riflession­e che ogni impresa potrà fare al proprio interno.

Il calcolo del punto di pareggio può essere molto utile anche per predisporr­e i budget.

Per concludere si veda a lato l’esempio tratto da un caso reale.

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