Cassa integrazione, una babele di 20 causali e 14 strumenti per averla
La modifica preparata dal ministro Catalfo ha il sostegno della maggioranza
Mentre la politica è in cerca di fondi per rifinanziare gli ammortizzatori sociali e far fronte all’emergenza, gli imprenditori sono alle prese con una giungla di regole diverse, a seconda della tipologia di sussidio da attivare. Dopo il Dl cura Italia infatti la situazione, sul fronte procedurale, si è persino complicata e si contano ben 14 istituti e circa 20 causali diverse (ra cui quella emergenziale relativa al Covid-19), a volte anche quasi sovrapponibili, come per la cassa integrazione ordinaria e la cassa integrazione straordinaria. Insomma, un vero e proprio ginepraio.
Estendere il sostegno della cassintegrazione anche agli assunti dopo il 23 febbraio. Il messaggio è «tuteliamo tutti anche chi ha un giorno solo di anzianità» aziendale: lo propone un emendamento al Dl cura Italia preparato dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, su cui c’è convergenza dentro il governo, mentre sulla seconda proposta, ovvero di allungare la sospensione dei licenziamenti oltre i 60 giorni previsti dal Dl 18, è in corso una riflessione nell’Esecutivo; si ipotizza di circoscrivere l’allungamento del blocco ai soli licenziamenti collettivi (considerando l’attivazione generalizzata della cassa integrazione), mentre il titolare del lavoro vorrebbe ricomprendervi anche quelli individuali per tutta la durata della crisi.
Fin qui le modifiche allo studio nell’iter di conversione in legge del Dl cura Italia che è all’esame del Senato (calendarizzato in Aula l’8 aprile), ma il confronto all’interno del governo riguarda anche il prossimo provvedimento, il cosiddetto decreto di aprile, ed ha per oggetto la dotazione finanziaria per ciascuna misura e i nuovi strumenti, a partire dal reddito di emergenza (Rem). «Con gli indennizzi del Cura Italia siamo intervenuti, riproporremo queste misure e aumenteremo la cifra con cui abbiamo tutelato una parte dei cittadini italiani, le partite Iva, gli autonomi e gli stagionali, ma ci sono, e anche i comuni ci hanno fatto rilevare, famiglie e cittadini che non sono coperti, si tratta di circa 3 milioni di persone, stiamo facendo la valutazione d’impatto, il Rem sarà per coloro che non hanno alcun sostegno al reddito».
Alla domanda se varrà anche per chi lavora in nero, il ministro risponde: «Il lavoro in nero non dovrebbe esistere ma purtroppo è una piaga che c’è. A tutte le famiglie che si trovano in una situazione emergenza dobbiamo pensare». Già in precedenza Nunzia Catalfo aveva parlato di un sostegno anche per chi si trova a lavorare in nero «suo malgrado». Il ministro punta ad avere per il Rem una dote di 3 miliardi, aggiuntiva rispetto al pacchetto per gli ammortizzatori - su cui le valutazioni dei tecnici del governo spaziano in un range piuttosto ampio, da 10 a 15 miliardi-, ma nel governo è ancora in corso la valutazione.
Chiara Gribaudo (Pd) indica alcune categorie escluse dal Dl 18 che dovrebbero ottenere risposte dal reddito di emergenza: «Penso soprattutto a colf e badanti, due milioni di lavoratrici impegnate nel lavoro di cura lasciate senza risposte. E poi a tutti coloro che avevano ammortizzatori sociali in scadenza, come Naspi e Dis-coll, che di certo adesso non possono ritrovare lavoro. Ci sono anche i tirocinanti, le ragazze e i ragazzi a cui è stato interrotto il servizio civile, alcune categorie di partite Iva ancora escluse dai 600 euro, soprattutto fra i più giovani».
Il nuovo reddito d’emergenza dovrebbe garantire una cifra che ancora oscilla trai 4/500 euro fino a 600 euro al mese; il sostegno potrebbe arrivare “cash” (ma è ancora tutto da chiarire come intercettare l’intera area del sommerso); oppure sotto forma di pagamento di bollette o affitto. Va anche detto che oggi l’attuale reddito di cittadinanza intercetta già circa un milione di famiglie garantendo una integrazione salariale media intorno ai 500 euro.
Catalfo ha confermato che nel decreto di aprile «ci saranno ulteriori investimenti per la liquidità delle imprese e questo dovrebbe consentire al sistema economico di non affrontare nel futuro i dati che ci arrivano da altri paesi europei e non solo», ed ha tracciato un bilancio del ricorso allo smart working «abbiamo numeri importanti: più di un milione nel privato e più dell’80% nel settore pubblico stanno in questo momento lavorando in smart working».
Nel provvedimento atteso nei prossimi giorni si conferma anche la prosecuzione e il rafforzamento del bonusaivantaggiodeglioltre5milioni di lavoratori autonomi: a marzo l’indennitè è pari a 600 euro che potrebbero, ora, salire ad aprile e maggio a 800 euro, mettendo sul piatto una dote intorno agli 8/9 miliardi di euro. «Con i provvedimenti finora adottati,ilGovernohatutelatoillavoro dipendente e indipendente - afferma Marco Leonardi, consigliere economico del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri -. Giusto adesso pensare a chi è rimasto fuori. Ma le nuove misure dovranno essere equilibrate per evitare spiazzamenti».