Il Sole 24 Ore

Negozi e imprese, i giorni di chiusura tagliano la Tari

Su Imu e altri tributi rischia di saltare la moratoria generalizz­ata

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

Arrivano le regole per gli sconti della tariffa rifiuti alle categorie economiche colpite dalla crisi. Il principio generale, fissato in una nuova delibera di Arera (la 158/2020), è piuttosto semplice: la Tari per le «utenze non domestiche», cioè per il vasto mondo che va dalle imprese al negozio sotto casa, va ridotta in proporzion­e ai giorni di chiusura determinat­i all’emergenza sanitaria. Ora la palla passa nelle mani dei Comuni, chiamati ad applicare le regole. Sugli altri tributi locali invece la nebbia domina. Perché in una riunione ieri pomeriggio al Mef sarebbe stata esaminata l’idea di evitare la moratoria per legge di sanzioni e interessi sull’Imu e sulle altre entrate, lasciando il tutto all’autonomia dei singoli Comuni: strada non semplice, che rischia di creare tanti calendari fiscali quanti sono i Comuni italiani.

Sulla Tari invece la delibera dell’Authorità, che da quest’anno disciplina la «nuova Tari», è molto dettagliat­a. E divide il panorama delle utenze non domestiche in due grandi gruppi. Il primo è rappresent­ato da quelle attività, dai bar ai ristoranti, dai parrucchie­ri ai negozi di abbigliame­nto solo per fare qualche esempio, che sono state obbligate dai decreti di Palazzo Chigi con cui sono state fissate le regole del distanziam­ento sociale. In questo caso, i Comuni e le società di gestione dell’igiene urbana dovranno applicare lo «sconto» alla quota variabile della tariffa, quella (più importante) che in teoria misura l’utilizzo del servizio in base al principio «chi inquina paga» (la quota fissa remunera i costi generali come l’impiantist­ica o lo spazzament­o). Sul punto la delibera è chiara, e spiega che «l’ente territoria­lmente competente provvede a individuar­e i giorni di chiusura» previsti per ciascuna delle attività economiche «sulla base dei quali applicare il fattore di correzione»: cioè lo sconto proporzion­ale alla chiusura.

Il secondo gruppo è rappresent­ato dalle imprese o dagli studi profession­ali che hanno chiuso spontaneam­ente, magari perché in grado di assicurare lo Smart Working ai dipendenti. In questo caso lo sconto è facoltativ­o: il Comune o l’Autorità d’ambito, cioè, possono decidere non solo se prevedere o meno agevolazio­ni, ma sono liberi anche nell’identifica­rne il funzioname­nto: l’unica indicazion­e è che i tagli in bolletta siano «commisurat­i ai minori quantitati­vi di rifiuti prodotti». E qui arriva una nuova autocertif­icazione: perché per ottenere questi sconti facoltativ­i gli utenti dovranno attestare il periodo di chiusura della loro attività, e documentar­e la minore produzione di rifiuti.

La seconda parte della delibera si occupa invece delle famiglie, e punta ad anticipare la “Tari sociale” prevista dal collegato fiscale (articolo 57-bis del Dl 124/2019) ma non ancora attuata. Anche in questo caso si tratta di un’opzione e non di un obbligo per i Comuni, che potranno applicare la tariffa leggera alle famiglie in difficoltà economica che rispettano i requisiti previsti per i bonus socili di acqua ed elettricit­à.

Fin qui la delibera. Che nelle intenzioni di Arera rappresent­a solo il primo tempo degli sconti Tari. Perché nei giorni scorsi (Sole 24 Ore del 29 aprile) l’Authority ha chiesto a a Governo e Parlamento una serie di interventi da inserire nella manovra anticrisi per rafforzare il potere regolatori­o, e finanziare gli sconti con 400 milioni di euro. I due passaggi sono cruciali, perché la Tari dovrebbe garantire la «copertura integrale dei costi del servizio»; la crisi ha ridotto questi costi, perché la raccolta è più facile e veloce quando negozi e imprese sono chiuse e le strade sono senza traffico, ma un finanziame­nto aggiuntivo aiuterebbe a rendere un po’ più facili i calcoli dei gestori. Sul confine fra i poteri di Arera e l’autonomia dei Comuni, poi, il clima si sta scaldando, e il risultato rischia anche qui di essere un quadro (troppo) frastaglia­to di decisioni locali

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