Lavori nei campi e sussidi, occasione sprecata
Quasi fuori tempo massimo la norma per poter lavorare senza perdere altri aiuti
Dall’inizio dell’emergenza coronavirus nell’agricoltura è stato lanciato l’allarme sulla raccolta di frutta e verdura messa a rischio, dopo che decine di migliaia di lavoratori stranieri sono tornati nei loro Paesi d’origine. A fine marzo Confagricoltura stimava in 250mila lavoratori il fabbisogno di manodopera nei campi. Eppure c’erano 900mila beneficiari del reddito di cittadinanza considerati “occupabili”, almeno sulla carta, milioni di percettori del sussidio di disoccupazione o di ammortizzatori sociali che avrebbero potuto occuparsi della raccolta. Il paradosso è che se anche qualcuno dei percettori del sussidio avesse voluto andare nei campi per rendersi utile e guadagnare qualcosa in più, avrebbe rischiato di perdere il reddito di cittadinanza magari solo per un giorno o per una settimana di lavoro. In virtù dei soldi guadagnati sui campi il percettore del reddito di cittadinanza rischia di superare i limiti reddituali richiesti (Isee entro 9.360 euro e reddito inferiore a 6mila euro annui per un single) con la conseguente perdita del sussidio. Mentre chi prende la cassa integrazione, se accetta un’occupazione temporanea, perde il trattamento di integrazione salariale equivalente al periodo lavorato.
Quanto alla Naspi, se il lavoratore è impiegato a termine in agricoltura e il contratto non supera i 6 mesi, l’indennità di disoccupazione è sospesa d’ufficio per le sole giornate di effettivo lavoro». Considerando che il reddito di cittadinanza è riconosciuto per 18 mesi (prorogabili), la cassa integrazione e la Naspi fino a 24 mesi, il gioco non vale la candela.
Una risposta, sia pure probabilmente tardiva, all’allarme lanciato dell’agricoltura arriva dalla bozza del decreto legge Maggio che, per l’emergenza coronavirus, consente ai percettori di ammortizzatori sociali (solo per il periodo di sospensione a zero ore della prestazione lavorativa), Naspi e Discoll, nonché del reddito di cittadinanza di stipulare con i datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine fino a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei benefici previsti, nel limite di 2mila euro per quest’anno. «I compensi percepiti non rilevano ai fini dei requisiti reddituali», si legge nella bozza del Dl, che dovrebbe chiarire se la norma ha valore retroattivo dal 23 febbraio.
Questo non vuol dire che troveremo subito i percettori del reddito di cittadinanza nei campi. Per l’emergenza coronavirus, i centri per l’impiego sono sostanzialmente chiusi al pubblico (si può andare solo su appuntamento), anche se i servizi continuano ad essere erogati a distanza. I criteri di condizionalità, ovvero l’obbligo di accettare un’offerta di lavoro o di recarsi al centro per l’impiego, sono stati sospesi per due mesi dal Dl Cura Italia e la misura sarà prorogata dal Dl Maggio. «Appena approvato il Dl proporrò alle regioni un accordo per fornire assistenza tecnica alle imprese agricole - spiega il presidente di Anpal Mimmo Parisi-, magari anche istituendo un numero verde unico, e prevedendo una formazione specifica per i navigator». I tempi? «Se la proposta sarà accettata dalle regioni in una decina di giorni saremo pronti a partire - aggiunge Parisi-, a quel punto le aziende agricole potranno comunicare le vacancies ai centri regionali per incrociare domanda e offerta». Il problema è che siamo quasi fuori tempo massimo, con la stagione della raccolta nei campi già iniziata.
Parisi (Anpal): approvato il Dl proporrò alle Regioni un accordo per far incontrare domanda e offerta