LA SFIDA CON RENZI E M5S CHE IL PD NON PUÒ PERDERE
La nuova battaglia sui permessi di soggiorno e sanatoria per gli irregolari è diventato un caso politico dentro la maggioranza per diverse ragioni. Compare – di nuovo - una minaccia per il Governo con la ministra Bellanova che evoca le dimissioni e ottiene la convocazione di Conte a Palazzo Chigi per oggi, poi i grillini che si dividono tra favorevoli e contrari al provvedimento e infine il Pd che da tempo rincorre la discontinuità con le politiche migratorie di Salvini (e relativi decreti) ma che finora ha dovuto sempre cedere e rinviare. Non questa volta però. Per il partito di Zingaretti sul tavolo c’è una questione identitaria che attraversa l’immigrazione, la legalità, le infiltrazioni criminali, il caporalato, le politiche per il Mezzogiorno: tutti fronti dove non può essere scavalcato da Italia Viva o essere succube di Luigi Di Maio a sua volta in competizione con il leader leghista. La missione di salvare i provvedimenti e pure le “bandiere” del Pd è stata affidata al ministro Provenzano che nel vertice di ieri ha cercato di mettere d’accordo la Bellanova e la Catalfo con l’assenso della ministra Lamorgese. Una mediazione ancora in sospeso che si gioca sui tempi dei permessi di soggiorno straordinari.
Ma andiamo con ordine partendo dai testi in discussione: è prevista sia una regolarizzazione per colf, badanti e lavoratori agricoli (anche italiani); sia un permesso di soggiorno straordinario di sei mesi – ma si sta trattando su tre mesi o addirittura due mesi come vorrebbero i grillini - per consentire nel settore agricolo non solo la regolarizzazione da parte del datore di lavoro ma per dare la possibilità al lavoratore irregolare di iscriversi agli uffici di collocamento. Il fatto è che si sta creando un’emergenza sui prossimi raccolti agricoli perché con i decreti Salvini e con il mancato rinnovo dei permessi si sono moltiplicati gli illegali, il lavoro passa ancora dai caporali mentre sono venuti a mancare moltissimi stagionali (circa 150mila secondo alcune stime) rimasti bloccati in Romania e altri Paesi dell’Est per ragioni legate al Covid. Questo è il merito di cui si discute ma che comporta in ciascun partito riflessi tutti interni. Le resistenze dei 5 Stelle nascono dalla norma sui permessi straordinari perché l’iscrizione nelle liste di collocamento degli immigrati muniti di permesso creano l’argomento polemico che “rubano” il lavoro agli italiani. In sostanza, torna la paura di dare una bandiera a Salvini soprattutto in quelle zone del Sud dove Luigi Di Maio teme di perdere consensi con l’accusa di voler favorire gli stranieri. Tra l’altro è una linea che divide pure i grillini con l’area del presidente Fico più vicina alle posizioni del Pd. Comunque il caso è stato fatto esplodere dalla ministra Bellanova, renziana, che ha messo sul tavolo le dimissioni. Una minaccia senza le conseguenze di una crisi come conferma Ettore Rosato, uno dei principali esponenti di Italia Viva, che esclude un ritiro della fiducia. Dunque, solo un posizionamento politico che rientra in quella guerriglia su cui Renzi sta scommettendo per indebolire Conte. In mezzo ai due litiganti, al solito, c’è il Pd. Che non alza i toni e non fa minacce ma su questo provvedimento trova un punto politico invalicabile: cedere ai diktat di Luigi Di Maio sarebbe un atto di subalternità verso Salvini.