Piattaforme di gas, solo sei tecnici al largo di Cervia
La gestione nell’epidemia: ogni giorno estratti 400mila metri cubi di metano
La clausura della clausura della clausura. Mentre il virus infuriasulla terraferma, da tre settimane 6 persone abbarbicate a 20 chilometri al largo della costa romagnola vivono in isolamento completo dal resto del mondo. Il ronzio senza sosta dei neon che anche di giorno illuminano i corridoi. Stanze foderate di linoleum e fòrmica. Il rombo basso degli impianti. La percezione del mare. «Il Primo maggio Antonio ci ha preparato il tiramisù e la crostata», ricorda Daniele Negroni, 32 anni, capo della piattaforma Cervia C, posizione latitudine 44°18’N e longitudine 12°38’E. L’Antonio che ha preparato il tiramisù speciale e la crostata è Marzullo Antonio da Gaeta, cuoco della piattaforma.
Oggi Negroni ha chiuso le sacche e aspetta il battello che lo riporterà alla terra virale. Ha finito il turno di tre settimane sull’isola che non c’è. La Cervia C è un rettangolo d’acciaio largo 51 metri e lungo 26, otto zampe rosse posate sulla sabbia dell’Adriatico profondo 23 metri, 9 pozzi che succhiano dalle profondità della terra 400mila metri cubi di metano al giorno e lo mandano verso i nostri scaldabagno e fornelli.
Come Daniele Negroni e come il cuoco Marzullo Antonio, sulle piattaforme in mezzo ai mari italiani sono in clausura totale altri 150-200 irriducibili fra i 130 dell’Eni e quelli delle altre piattaforme, come gli impianti che l’Edison sta cedendo all’Energean il cui accordo si è completato senza i giacimenti algerini da 150 milioni di dollari (un mese fa l’intesa era stata valutata sui 750 milioni più altri 100 per il giacimento Cassiopea al largo della Sicilia). Ricorda Gianni Bessi, romagnolo, consigliere regionale del Pd, l’importanza dell’Italia come Paese petrolifero: «Il solo Adriatico rappresenta un’estrazione pari a oltre 4050mila barili al giorno».
Qui base terra
Alberto Manzati, capo del distretto centro settentrionale dell’Eni, base a Marina di Ravenna, governa i giacimenti dal Piemonte al Molise. «Abbiamo 101 impianti nell’Adriatico, di cui 20 sono piattaforme “madre” presidiate da equipaggi».
In tempi normali gli equipaggi permanenti, 300 persone in 20 piattaforme, lavorano 10 ore al giorno per turni di 15 giorni continui a bordo e 13 giorni di libertà a casa. A questi si aggiungono i giornalieri e i contrattisti esterni che salgono in piattaforma la mattina con il battello e ripartono la sera. Questo in tempi normali. Invece «con l’emergenza Covid abbiamo rivisto i protocolli di sicurezza e i piani d’emergenza». Alcune piattaforme sono state sfollate e il presidio è stato ridotto a 130 persone; è rimasto a terra il personale giornaliero; i turni sono stati allungati di una settimana, cioè l’imbarco in piattaforma dura tre settimane per ridurre gli scambi di personale e per avere un periodo di imbarco più lungo dell’incubazione.
In mezzo al mar
Daniele Negroni, è arrivato sulla piattaforma il 15 aprile. Sono passate le tre settimane d’imbarco e oggi aspetta il battello che lo riporterà con i piedi a terra. In questi 21 giorni ha ascoltato i temporali ringhiosi dell’altra settimana e ha visto i tramonti che profilavano l’Appennino mentre sull’orizzonte si accendevano le luci di Cervia e di Cesenatico.
«Siamo rimasti in sei. Due persone alla mensa, servizi, pulizie, e quattro per la conduzione degli impianti».
Siete in isolamento da settimane: osservate ugualmente le precauzioni?
«Sempre. Uno di noi poteva essere un portatore sano, un asintomatico, e su questi impianti la prevenzione è una cultura. Teniamo sempre la distanza minima di 1 metro e calziamo la mascherina».
Come si svolge la vita in mare?
«Le giornate sono piene. Il centro della vita sociale è la sala mensa, dove ci troviamo la sera per guardare la tv o un film. Telefoniamo alla famiglia dopo le 18, perché durante il lavoro siamo troppo presi».
Le feste?
«Si lavora anche nelle giornate di festa. Ma almeno Antonio, che è un cuoco di qualità, ci ha preparato manicaretti per festeggiare il 25 aprile e il Primo maggio».
Non “andrà tutto stretto”? Siete ingrassati?
«No; è cambiata solo la durata dei turni ma la vita di piattaforma è rimasta la stessa. Tre settimane filate di permanenza in piattaforma sono impegnative».
È stanco di mare?
«Ho la salsedine nel sangue. Questa è la mia seconda casa».
Il battello manovra e accosta per il cambio di equipaggio.