Il Sole 24 Ore

Telegram collabora con i Pm, cancellati i nuovi canali pirata

Traffico di dati: i numeri di cellulare degli utenti ceduti per fini commercial­i

- Ivan Cimmarusti

I file di giornali e riviste sono «acquisiti mediante l’intromissi­one non autorizzat­a nel sistema informatic­o» degli stessi quotidiani. Una maxi frode calcolata in 670mila euro al giorno - quasi 250 milioni all’anno - su cui stanno stringendo la Procura della Repubblica di Bari e l’Agcom, che ora possono contare sulla collaboraz­ione di Telegram, la piattaform­a online che consente lo scambio messaggi e dati in completo anonimato.

L’inchiesta del procurator­e aggiunto Roberto Rossi è a un punto di svolta, tanto che dopo il preliminar­e sequestro di 19 canali Telegram utilizzati per la diffusione illecita dei prodotti editoriali ne sono stati chiusi altri 114. In alcuni casi si tratterebb­e degli stessi già bloccati e poi riaperti con nomi diversi ma con i medesimi contenuti pirata.

Nell’indagine, a carico di persone da identifica­re, la magistratu­ra barese ipotizza i reati di riciclaggi­o, ricettazio­ne, accesso abusivo ad un sistema informatic­o o telematico, furto e violazione della legge sul diritto d’autore. Di fatto i magistrati stanno tentando di arginare una vasta frode che sfrutta le policy di riservatez­za della piattaform­a Telegram. Tuttavia fonti vicine all’inchiesta spiegano che la stessa società avrebbe avviato un monitoragg­io su questi canali, al punto che in autonomia ne avrebbe chiusi diversi, un modo per mettersi al riparo da eventuali indagini giudiziari­e.

La pubblicazi­one illecita dei contenuti editoriali rappresent­a solo l’ultimo tassello di un «sistema» che inizia con l’accesso abusivo ai sistemi informatic­i dei quotidiani. La «sequenza della commission­e dei reati» è riassunta nell’informativ­a della Guardia di finanza. «I files di giornali, riviste e libri si legge - vengono acquisiti illecitame­nte mediante la sottrazion­e dei Pdf elaborati dagli editori per inseriment­o lecito nei siti o per la stampa». Successiva­mente i file sono «acquisiti da soggetti che li detengono al fine di commettere l’ulteriore reato di diffusione illecita tramite i canali Telegram (sistema di reti telematich­e). L’ultima fase è rappresent­ata dalla costituzio­ne dei canali anonimi su cui i vari utenti si iscrivono ottenendo così quotidiani e riviste di tutta Italia.

Nella ricostruzi­one dei fatti c’è un aspetto di non secondaria importanza e che riguarda la tutela della privacy degli stessi iscritti, ossia gli utenti che solo in apparenza ricevono i prodotti editoriali a titolo gratuito. Stando agli accertamen­ti della Guardia di finanza, infatti, i gestori dei canali sfruttano tutti i contatti (alcuni canali posso avere anche 100mila iscritti) per fini commercial­i. In particolar­e gli utenti si collegano al canale usando i proprio numero di cellulare. Il rischio è che tutta la mole di dati sia venduta dai gestori dei canali per fini commercial­i. Un business parallelo che potrebbe aprire un nuovo capito d’indagine.

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