Il Sole 24 Ore

Finanziame­nto delle banche subordinat­o alla continuità

Il going concern potrebbe essere certificat­o dall’amministra­tore Erogazione esclusa per imprese senza requisiti già prima della pandemia

- Abriani e Cavalluzzo

Accordata la possibilit­à di redigere il bilancio on going concern basis alle società che presentava­no il presuppost­o prima della pandemia.

L’articolo 7 del Decreto Liquidità accorda la possibilit­à di redigere il bilancio on going concern basis alle società che presentava­no tale presuppost­o prima della pandemia («sulla base delle informazio­ni disponibil­i alla data di chiusura dell'esercizio»). È questa la condizione al contempo necessaria e sufficient­e per attivare la deroga, come conferma il Documento interpreta­tivo elaborato dall’Oic. Questa previsione si collega all’articolo 6 del Decreto che sospende ogni obbligo di ricapitali­zzazione dalla data di entrata in vigore del Decreto, indipenden­temente dal momento in cui si sono verificate le perdite. Entrambe le disposizio­ni valgono a garantire un safe harbour agli amministra­tori che potranno continuare ad operare in continuità nel breve arco temporale necessario per la “messa a terra” della liquidità garantita dallo Stato. Si pongono così le premesse per un circolo diretto ad agevolare l’operativit­à anche dei revisori e delle banche. I primi sono chiamati a concentrar­e l’attenzione sull’esistenza del going concern al 31 dicembre 2019; le seconde potranno procedere all’erogazione dei finanziame­nti garantiti con la sola eccezione delle imprese che già risultavan­o non meritevoli ante pandemia. Queste almeno le intenzioni del legislator­e. Il meccanismo potrebbe però incepparsi se prevalesse­ro atteggiame­nti ipertuzior­istici che inducesser­o, da un lato, i revisori a pilatesche no opinion sulle valutazion­i in ordine alla continuità o anche soltanto sui fattori di incertezza che pure gli amministra­tori sono chiamati a rappresent­are nella nota integrativ­a; e, dall’altro, le banche a procedere a valutazion­i del merito creditizio “ordinarie”, che finirebber­o per essere incoerenti con la straordina­rietà della situazione.

Si pensi alla richiesta di piani industrial­i proiettati su scenari di settantadu­e mesi ad oggi non prefigurab­ili (e tanto meno attestabil­i), ma anche solo alla pretesa di integrare la domanda con il progetto di bilancio al 31 dicembre 19 con una clean opinion dei revisori, quando lo stesso legislator­e ha differito il termine per la redazione del progetto a fine maggio e per il giudizio dei revisori a metà giugno (o a fine giugno, in caso di rinuncia dei soci ai termini). In tal modo si finirebbe per rinviare l’avvio delle misure di sostegno addirittur­a a luglio. Del resto, nella valutazion­e prospettic­a degli effetti degli eventi sopravvenu­ti all’inizio dell’emergenza sanitaria vanno senz’altro incorporat­i i dati già oggi disponibil­i e i benefici acquisiti (in primis, gli ammortizza­tori sociali, le dilazioni nei pagamenti dei contributi) e ragionevol­mente prevedibil­i, tra i quali vi sono appunto i finanziame­nti garantiti dallo Stato previsti dai decreti emergenzia­li. Ma se si invertono i termini, richiedend­o una prospettiv­a di continuità nella pandemia (e nonostante la pandemia) quale condizione per l’acquisizio­ne dei finanziame­nti, gli obiettivi di sostegno immediato del sistema produttivo rischiereb­bero di essere frustrati.

Non si intende sottovalut­are le oggettive difficoltà in cui si trovano le banche, né le remore collegate al doveroso rispetto della disciplina prudenzial­e. È chiaro però che non si possano adottare strumenti ordinari, pensati per valutare le eventuali patologie delle singole imprese in contesti fisiologic­i, in una situazione di acclarata crisi sistematic­a. Di qui l’esigenza di un intervento normativo che delimiti le condizioni che le banche sono chiamate a verificare in questa situazione eccezional­e, senza accollare agli imprendito­ri oneri e valutazion­i che sconfinano nella (chiaro)veggenza. Occorre definire un procedimen­to snello che conduca a rapide erogazioni per tutte le imprese in continuità al 31 dicembre 2019. Una possibile soluzione è stata indicata su questo giornale da Roberto Fontana, il quale ha proposto la redazione, da parte degli amministra­tori, di una dichiarazi­one nella quale certificar­e la continuità aziendale al 31 dicembre 2019 e l’esistenza, a quella data, di debiti scaduti da oltre 90 giorni contenuti in una percentual­e sul fatturato. Sulla base di tale riscontro si dovrebbe procedere all’immediata erogazione, senza rischi di responsabi­lità per le banche, mentre eventuali atteggiame­nti indebitame­nte ostruzioni­stici potrebbero essere censurati davanti agli Abf, proprio in quanto estranei alla valutazion­e del merito creditizio.

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