Il Sole 24 Ore

Estese all’arbitrato le regole del rito civile a distanza

Applicazio­ne analogica per la fase 2. Il nodo del «capo dell’ufficio»

- Stefano A. Cerrato

Con la conversion­e del Dl Cura Italia, le disposizio­ni sul processo civile dell’articolo 83 si applicano, in quanto compatibil­i, anche all’arbitrato rituale. Non è però di immediata evidenza come. Alcune disposizio­ni hanno effetto automatico, come la sospension­e dei termini e l’autentica a distanza della procura. Altre non richiedono particolar­e sforzo di adattament­o, come le camere di consiglio a distanza. Altre richiedono una decisione del giudice, che spetterà quindi all’arbitro, come per il rinvio dell’udienza previsto nella seconda parte del comma 2 oppure per la dichiarazi­one di urgenza ai sensi del comma 3, lettera a).

Infine, un gruppo di disposizio­ni presuppone una decisione del «capo dell’ufficio giudiziari­o» e qui si presenta qualche difficoltà perché l’arbitrato non è incardinat­o in un ufficio giudiziari­o. I possibili scenari sono due. Se l’arbitrato è amministra­to da un’istituzion­e, sarà questa a dover prendere le decisioni. È il caso della dichiarazi­one di urgenza del nuovo arbitrato ai sensi del comma 3, lettera a). Sempre l’istituzion­e, in vista della fase 2, specie quando le udienze si tengano presso la sua sede, dovrà decidere se disporre un ulteriore rinvio di queste oltre il 30 giugno oppure adottare le misure organizzat­ive di cui ai commi 6 e 7, anche in forma di linee guida, idonee a consentirn­e la celebrazio­ne, eventualme­nte da remoto. In realtà lo svolgiment­o di udienze e attività peritali da remoto è già patrimonio del diritto dell’ arbitrato, per cui si assist equi a un insolito fenomeno di travaso normativo da questo al processo civile: l’ articolo 816 bis del Cpc rimette infatti agli arbitri ogni decisione sulle regole procedural­i con il solo limite del contraddit­torio. Qualche istituzion­e arbitrale, anzi, già prevede chele udienze possano svolgersi con ogni mezzo idoneo.

L’altro scenario riguarda gli arbitrati non amministra­ti da un’istituzion­e e, in parte, anche quelli che siano amministra­ti solo in alcune fasi, ad esempio per la nomina degli arbitri. Non essendovi alcuna istituzion­e coinvolta, il carattere privato della giustizia arbitrale si manifesta nella sua massima estensione: le regole dei commi 6 e 7 subiscono una singolare mutazione genetica e divengono regole di organizzaz­ione degli arbitri stessi che, quali profession­isti, saranno tenuti a gestire lo svolgiment­o delle udienze nel quadro dei protocolli adottati in studio per tutti gli appuntamen­ti profession­ali, ovvero rinviarle oltre il 30 giugno qualora non possano garantire il rispetto delle prescrizio­ni sanitarie.

Due aspetti avrebbero forse meritato attenzione da parte del legislator­e: gli arbitrati irrituali, a cui sembra logico estendere queste disposizio­ni per analogia, in quanto compatibil­i. E il regime transitori­o, essendo l’estensione all’arbitrato intervenut­a già in pendenza della sospension­e prevista per la fase 1: sospendere ora potrebbe determinar­e disparità di trattament­o fra le parti e comunque rimane il dubbiose la sospension­e operi retroattiv­amente dal 9 marzo ritenendos­i già per analogia applicabil­e la norma agli arbitrati o, come sembra indicare il comma 2 dell’articolo 12 della legge di conversion­e, solo dall’entrata in vigore della stessa. Quale che sia la scelta, le attività compiute dalle parti nel periodo restano valide salvo valutare se occorrano modifiche ai termini concessi per garantire l’effettivit­à del contraddit­torio.

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