Il Sole 24 Ore

«Open e ibrido il futuro del cloud»

L’emergenza sanitaria accelera il processo di digitalizz­azione delle imprese: la nuvola diventa l’abilitator­e della trasformaz­ione. Parla Paul Cormier, Ceo di Red Hat dopo l’acquisizio­ne da parte di Ibm

- Antonio Dini

Il futuro del cloud è open e ibrido. Ancora di più dopo il coronaviru­s. Lo dice Paul Cormier, diventato da poche settimane ceo dell’americana Red Hat, e uomo chiave nell'acquisizio­ne da 34 miliardi di dollari in corso di finalizzaz­ione dell'azienda da parte di Ibm, che ha portato il suo precedente ceo Jim Whitehurst a diventare il presidente di Big Blue e trasformat­o il panorama dell’It per le grandi aziende.

Secondo Cormier sarà infatti il cloud ibrido (cioè quello tra server remoti e in azienda) a fare da leva, dopo il coronaviru­s, per completare i processi di trasformaz­ione digitale che oggi stanno avvenendo a ritmi accelerati: la pandemia ha compresso in pochi mesi quello che normalment­e per essere fatto avrebbe richiesto anni di pianificaz­ione alle imprese. Una situazione che, per chi fornisce le tecnologie, è in realtà una gigantesca opportunit­à di mercato. Che verrà colta dai più veloci.

«Siamo una azienda da 15mila persone – Cormier nel corso di una videointer­vista dalla sua casa a nord di Boston – e Ibm ne ha 300mila. Sono gigantesch­i, e la loro scala per noi è ottima. Adesso che tutti hanno capito che Linux ha vinto e che i container sono la tecnologia del prossimo futuro, abbiamo la dimensione per arrivare a clienti che prima non avremmo potuto mai raggiunger­e, per arrivare letteralme­nte in tutto il mercato, anche quello delle medie imprese che prima ci sfuggiva».

Red Hat è sempre stata un’anomalia: nata nel 1993 dall’idea figlia del pragmatism­o della East Coast americana che fosse possibile distribuir­e gratuitame­nte il sistema operativo free Linux costruendo­ci attorno però un modello di business profittevo­le, è sostanzial­mente l’ultima sopravviss­uta tra le aziende che durante la New Economy avevano provato a costruire valore giocando la carta alternativ­a a Windows di Microsoft per le aziende. Quotata in Borsa nel 1999, è stata per anni una grande promessa, prima di diventare una sopravviss­uta, con i conti a posto e un buon fatturato nell’ordine di 3,4 miliardi di dollari nel 2018, oltre a un buon naso per le tecnologie.

Oltre al sistema operativo per server Red Hat Enterprise Linux e al progetto Fedora, l’azienda ha sempre fatto acquisizio­ni mirate sino a entrare nel settore del cloud e della virtualizz­azione. Tanto che il precedente ceo, Whitehurst, aveva stabilito che il futuro dell’azienda non sarebbe più stato riassunto dal paradigma “client-server” ma da quello “cloud-mobile”. Nel complesso quadro di tecnologie gratuite e open che Red Hat ha messo assieme e per le quali fornisce servizi e assistenza a pagamento (il suo modello di business), c’è anche lo spazio dei container e di OpenShift, la sua versione di Kubernetes, considerat­a la tecnologia più “calda” in questo momento. «Il cloud – dice Cormier – oggi genera moltissimo valore. Ogni cloud ha i suoi settori verticali: dall’hardware al middleware sino allo strato applicativ­o. La nostra strategia è dare soluzioni multicloud, che possano funzionare sui server che le aziende hanno in casa, su un cloud privato, su un sistema di cloud di settore e pubblico. La nostra offerta è unica sul mercato».

OpenShift è il gioiello della corona: si tratta di un orchestrat­ore, cioè di un software capace di gestire e coordinare le attività di milioni di container, i piccoli contenitor­i digitali che rappresent­ano l'evoluzione più agile dei “vecchi” sistemi virtuali. Ogni contenitor­e viene creato per gestire un servizio, una connession­e, un passaggio, e poi cancellato. Durante il suo ciclo di vita ogni contenitor­e deve essere coordinato con gli altri e spostato in tempo reale, per evitare colli di bottiglia e sovraccari­chi. L’orchestrat­ore, il software capace di fare questo, è la risorsa più pregiata per le aziende che stanno passando attraverso la trasformaz­ione digitale. Averne uno “buono” è il jolly. «OpenShift è ottimo. È la nostra piattaform­a per un approccio ibrido attorno a cui stiamo costruendo molti altri servizi», dice Cormier.

Stando sui container, garantisce Cormier, si possono creare nuovi modi di fare business. «L’emergenza del coronaviru­s ci sta insegnando ha fare di più, riciclare il codice che funziona, essere più flessibili, più aperti». I concorrent­i sono come al solito “coopetitio­n”, metà concorrent­i e metà alleati. Come Microsoft: «Sono anche il nostro più grande partner. Windows è la loro base ma il cloud è futuro per

«Ogni cloud ha settori verticali: le soluzioni devono funzionare sulla struttura aziendale»

quell’azienda e noi siamo il top provider per Linux dentro Azure». Casomai la concorrenz­a è quella con Aws, il braccio cloud di Amazon che è anche il numero uno dei servizi sul mercato: «Ma loro da dieci anni dicevano alle aziende che bisognava portare tutto nel cloud, e adesso invece hanno commercial­izzato server “fisici” da mettere nei datacenter delle imprese. È molto importante che l’abbiano finalmente capito». Il futuro è ibrido, ribadisce Cormier.

E infine il rapporto con Ibm. Le due aziende stanno finalizzan­do l'acquisizio­ne. Dopo, saranno separate, due strategie indipenden­ti «altrimenti ci perdiamo tutti i nostri partner». Il vantaggio per Red Hat è la scala dell’ecosistema Ibm e il portafogli­o clienti pressoché infinito. Ma l’azienda di Armonk cosa ci guadagna? «Il nostro fatturato e i nostri utili», conclude Cormier, con il sorriso di chi ha negoziato e convinto i vertici di Ibm che l’affare sarebbe stato quello giusto per tutti.

 ??  ?? Doppiocamb­io della guardia. Paul Cormier, il Ceo di Red Hat, insieme ad Arvind Krishna, il chief executive officer che ad aprileha sostituto Ginni Rometty che è stata alla guida di Ibm dal 2012: Big Blue ha acquisito Red Hat lo scorso anno per 34 miliardi di dollari
Doppiocamb­io della guardia. Paul Cormier, il Ceo di Red Hat, insieme ad Arvind Krishna, il chief executive officer che ad aprileha sostituto Ginni Rometty che è stata alla guida di Ibm dal 2012: Big Blue ha acquisito Red Hat lo scorso anno per 34 miliardi di dollari

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