L’anello forte di una filiera globalizzata ma fragile
La pandemia Covid-19 ha dimostrato che l’industria dell’auto è globalizzata, interdipendente e fragile. Basta che manchi un pezzo, anche banale, come era successo fin dai primi giorni del lockdown in Cina e tutto si ferma. In questa fase 2 è evidente, una volta di più, che le potenti case tedesche, non possono fare a meno di tecnologie e componenti italiani. Insomma, il coronavirus ha messo sotto la lente un punto chiave: le case fungono da system integrator, per usare un termine tipico dell’information technology: impiegano soluzioni e tecnologie che giungono da una filiera globalizzata.
Ma c’è di più: il mondo dei motori, e qui mettiamo dentro anche le due ruote, ha visto cadere barriere fisiche e tecniche. In questo processo di trasformazione la Motor Valley dell’Emilia-Romagna ha avuto un ruolo da protagonista nel far evolvere il concetto di made in Italy contrapposto, storicamente, al made in Germany. Infatti, la nostra Motor Valley è legata a doppio filo alla Germania, anche per quanto riguarda il prodotto finito. Lamborghini e Ducati, due delle maggiori eccellenze del distretto automotoristico eliminano, marchi tra i più noti al mondo, considerati una vera leggenda italiana sono, come è noto di proprietà tedesca. Tutte e due fanno parte di Audi, gruppo Volkswagen. La casa di Sant’Agata è controllata dai Quattro Anelli dal 1998, da quando cioè il marchio di Ingolstadt stava ancora consolidando il suo ruolo di plausibile competitor di Mercedes e Bmw. La storia ha insegnato che dalle sinergie e scambio di conoscenze e tecnologie tar le due realtà, Audi è cresciuta (portando benefici anche allo stesso gruppo Volkswagen) mentre Lamborghini è entrata in una nuova fase della sua storia culminata con l’avvio della produzione in Italia (e non a Bratislava) del suv Urus. Le scocche arrivano da Zwickau, in Germania, dove vengono costruite anche quelle del Bentley Bentayga e giungono nella fabbrica di Sant’Agata dove la vettura viene costruita. Con il suv e il sostegno tedesco, Lamborghini, che è rimasta italiana, ha guadagnato una inedita dimensione industriale. Nel 2019, sono state venduti quasi 5mila Urus con un incremento di oltre il 180% rispetto al 2018, anno di debutto del modello. E sono numeri ben superiori a quelli generati alle classiche superar firmate Lamborghini (oltre 2.100 Huracan e 1.100 Aventador). Nel 2019 sono state vendute più di 8.200 vetture. Un record che proietta l’azienda verso quota 10mila auto, Coronavirus permettendo però, visto che la pandemia sta facendo rivendere le stime al ribasso di tutte le case automobilistiche. Insomma, la Germania in Emilia e la dimensione globalizzata della Motor Valley hanno fatto bene a Lamborghini, e lo stesso è avvenuto anche con Ducati. Infatti, il brand di Borgo Panigale, sotto l’ombrello Audi dal 2012, macina record di vendite e nel 2019 ha superato di slancio quota 53mila moto. E qui pesano tecnologie di produzione, scelte industriali e sinergie intergruppo che hanno tuttavia mantenuto l’indipendenza dell’azienda.
La Motor Vally interconnessa con il sistema automobilistico mondiale ha anche altri aspetti, anche di natura tecnologica: Maserati, con i capitali di Fca, ha varato un vasto piano per l’elettrificazione. Un programma orientato al futuro che simboleggia quanto la Motor Valley sia diventata una terra di hi-tech digitale e non più solo di meccanica.