Phil Hogan: «Il commercio sarà pilastro della ripresa»
Il commissario Ue invita a non cedere alla tentazione di chiudere al libero scambio L’intenzione di Bruxelles è rilanciare al più presto i negoziati con Cina e Usa
«L’apertura commerciale ha aiutato l’Europa e sono convinto che contribuirà alla ripresa economica» – dice il commissario Ue al Commercio Phil Hogan. L’intenzione d Bruxelles è di rilanciare i negoziati con Usa e Cina.
Nonostante i segnali di protezionismo che la pandemia influenzale ha provocato in giro per il mondo, la Commissione europea rimane convinta che il commercio internazionale debba essere un pilastro della prossima ripresa economica. È intenzione di Bruxelles rilanciare al più presto i negoziati commerciali sia con gli Stati Uniti che con la Cina, due Paesi che proprio in questi giorni sono al centro di un pericolosissimo diverbio.
«L’apertura commerciale ha aiutato l’Europa in questi anni e sono convinto che contribuirà alla ripresa economica – ha detto il commissario al Commercio Phil Hogan, 59 anni, durante una intervista a un gruppo di giornali europei tra cui Il Sole 24 Ore –. Dobbiamo naturalmente proteggere le nostre imprese più delicate da eventuali svendite e pretendere parità di accesso al mercato, incoraggiando la riduzione delle barriere al commercio, la riduzione o l’eliminazione di tariffe».
Il ruolo dell’export
Secondo un rapporto dell’Organizzazione mondiale per il Commercio (Wto), almeno 80 Paesi in giro per il mondo hanno deciso di introdurre restrizioni commerciali sulla scia della pandemia da Covid-19. «Vi è la tentazione di chiudere le frontiere», ha ammesso il politico irlandese. Ciò detto, 36 milioni di posti di lavoro in Europa dipendono dall’export e 16 milioni da investimenti stranieri. «Se chiudiamo le frontiere non potremo godere di questi benefici».
Lo sguardo di Hogan corre alle necessità europee nel delicato settore delle materie prime di cui l’Europa è deficitaria. È consapevole però che la crisi sanitaria di questi mesi ha messo in luce la dipendenza comunitaria in alcuni settori specifici come la produzione di mascherine o di alcune medicine.In un recente sondaggio, l’associazione dell’industria farmaceutica europea (EFPIA) ha notato che il 61,5% dei principi attivi non coperti da brevetto è prodotto in Europa, il 26,8% in Asia.
Il commissario non appoggia l’idea sostenuta da alcuni dirigenti europei di rimpatriare a tappeto catene produttive che dipendono da Paesi terzi. «Bisogna essere strategici – ha notato Hogan proveniente da un Paese, l’Irlanda, che ha beneficiato molto del processo di globalizzazione –: guardare ai settori in cui siamo più vulnerabili, rafforzare le catene di fornitura e prevedere scorte». Come fu fatto in particolare col petrolio negli anni 70.
Più in generale, secondo il commissario europeo «l’85% della crescita mondiale nei prossimi 20 anni avverrà fuori dall’Unione Europea». Prossimamente, il 50% della popolazione mondiale vivrà in un raggio di cinque ore di volo da Myanmar. «Ecco perché dobbiamo usare al meglio gli accordi di libero scambio già firmati e siglarne di nuovi», tanto più che stiamo assistendo a una progressiva uscita dalla povertà di milioni di persone.
Agli occhi di Bruxelles, il funzionamento della Wto deve essere adattato al momento storico. Nei fatti, il timore della Ue è che la crisi sanitaria possa rimettere in discussione un commercio internazionale basato su regole chiare e certe. Proprio ieri lo stesso esecutivo comunitario ha pubblicato nuove stime economiche, che prevedono nella zona euro una recessione nel 2020 del 7,7%.
Stati Uniti e Cina
La Commissione intende lavorare in due direzioni: Cina e Stati Uniti. Nel primo caso Bruxelles sta negoziando un accordo dedicato agli investimenti, che spera di chiudere entro fine anno. «Restano nodi difficili da risolvere in particolare la parità di accesso al mercato». Interpellato sulle indicazioni geografiche, Hogan ha assicurato che la lista su cui Bruxelles e Pechino si sono accordate di recente continuerà a crescere.
Sul secondo versante, il commissario ha notato che il presidente Donald Trump rischierebbe di «danneggiare la ripresa» con nuove guerre commerciali: «L’interdipendenza tra Unione Europea e Stati Uniti è spesso sottovalutata. Eppure, il nostro interscambio quotidiano è di 3 miliardi di dollari». Il commissario ha scritto di recente al rappresentante americano Robert Lighthizer con l’obiettivo di risolvere dispute, come quella di tariffe americane nel settore dell’acciaio e l’alluminio.
Nessuno a Bruxelles è ingenuo. Tutti sanno che le prossime elezioni americane rischiano di complicare il rapporto con Washington. «Oggi il presidente Trump ha aperto una diatriba con la Cina dopo aver firmato peraltro un accordo che egli stesso ha definito fantastico - nota il commissario -. Ciò detto l’Unione Europea è pronta a lavorare con gli Stati Uniti». Tra le sfide anche la collaborazione regolamentare e la nascita di un comitato dedicato ai temi del commercio di tecnologie.
In conclusione, mentre alcune imprese europee rumoreggiano e chiedono di rivedere gli obiettivi climatici in un contesto economico particolarmente provante, il commissario al Commercio è invece convinto che l’Europa del futuro dovrà continuare a cavalcare i due obiettivi che si è data prima della pandemia influenzale - l’ambiente e il digitale – tanto che Phil Hogan ha preannunciato fin da quest’anno una revisione dell’agenda commerciale europea in una ottica di sostenibilità ambientale.