Conte: valutiamo l’anticipo per la riapertura dei negozi
Le imprese al Governo: proroga dello stop fiscale a fine anno, allungamento dei termini per restituire i prestiti. Conte: valutiamo la riapertura anticipata dei negozi
Lo spiega Conte negli incontri con commercianti e imprese. Lo conferma il ministro Boccia: negozi, bar e parrucchieri potrebbero ricominciare a lavorare già dal 18 maggio, applicando le norme di sicurezza indicate. Una riapertura a carattere territoriale, però, là dove il contagio ha numeri limitati.
L’attesa delle modifiche europee sugli aiuti si incrocia con le tensioni nella maggioranza. E i tempi che si allungano complicano la gestazione della maximanovra. Ieri è stato il turno delle imprese, che con Confindustria e Ance hanno risposto con un «no» secco all’ipotesi di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, ipotesi poi ridimensionata in giornata dalla stessa ministra del Lavoro Catalfo. Ma dagli interventi per le imprese alla regolarizzazione dei migranti sono tanti i capitoli aperti nell’ex decreto Aprile, in un elenco che tra le altre cose comprende il reddito di emergenza, le misure per la famiglia e la moratoria per legge dei tributi locali (rischia di saltare, mentre 200 milioni sono in arrivo per i Comuni delle «zone rosse»). Il fattore tempo è cruciale, sul piano politico ma anche su quello pratico perché il ritardo nell’approvazione investe il rifianziamento di ammortizzatori sociali e sostegni al reddito.
Anche per questo il premier Conte ieri è tornato a spingere per un’approvazione in settimana: l’obiettivo, che di giorno in giorno sdrucciola, ora punta a sabato. Ma resta ambizioso perché il decreto ha bisogno dell’intesa europea sulle modifiche al Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato, e di un’accelerazione decisa nel lavoro tecnico sulle norme di un testo che promette di essere ciclopico anche nelle dimensioni. Per questo non è tramontata l’idea di uno spin off per approvare prima le parti più avanzate nella lavorazione, e soprattutto quella di provvedimento che sul tema spinoso dell’intervento pubblico sulle imprese disegni la cornice per lasciare a passaggi successivi i dettagli dell’attuazione (Sole 24 Ore di ieri). Sembra esclusa a priori invece l’ipotesi di un’approvazione «salvo intese»: discusso in tempi normali, lo stratagemma sarebbe ancora meno adatto alla manovra economica più grande della storia repubblicana. E sarebbe indigeribile per settori della maggioranza a partire da Italia Viva. Con Iv il confronto si è acceso a tutto campo: dagli aiuti di Stato alle imprese, che i renziani chiedono di trasformare in tagli fiscali soprattutto nel caso delle Pmi, all’accelerazione sulla Fase 2, tema su cui Conte ieri si è detto disponibile a «valutare riaperture ulteriori». Di tutto questo oggi il premier dovrebbe parlare nell’incontro con Maria Elena Boschi, Ettore Rosato e Davide Faraone in programma a Palazzo Chigi.
Ieri il giro di incontri con le imprese si è invece aperto con Confindustria, rappresentata dal direttore generale Marcella Panucci, e Ance, senza la presenza del presidente del Consiglio.
Le imprese hanno detto no all’ipotesi del ministro Catalfo di ridurre l’orario a parità di salario, utilizzando risorse pubbliche per la formazione. Dal governo è stato specificato che comunque non entrerebbe nel provvedimento allo studio ora ma semmai in un prossimo pacchetto. Tra le richieste delle imprese il prolungamento della sospensione dei pagamenti fiscali fino a fine anno e l’allungamento dei sei anni per la restituzione dei prestiti. Argomenti su cui è intervenuto anche il vice presidente per le relazioni sindacali , Maurizio Stirpe. «La riduzione dell’ orario di lavoro è come dire alle imprese litighiamo. Ma noi non abbasseremo la testa, ho avuto un lungo colloquio con Bonomi, vogliamo il rispetto per le imprese», ha detto Stirpe all’e-meeting «Nessunoindietro» in occasione dell’assemblea elettiva del Comitato Piccola industria di Unindustria. «Questo governo non ama l’impresa, come quello precedente, prende decisioni e assume provvedimenti che vanno nella direzione opposta a quello auspicabile per ottenere lo sviluppo del sistema delle imprese. È un segno di scarsa competenza e a volte più sottile, come se ci fosse un gusto sadico a rendere più tortuoso il cammino dell’imprenditore», ha detto ancora Stirpe. Che ha ribadito il no alle nazionalizzazioni : «Porterebbero alla distruzione del tessuto imprenditoriale». Il pressing sul governo investe anche il decreto liquidità. Ieri il relatore ha parlato di possibili emendamenti «ordinamentali», mentre l’Abi è tornata a presentare «i possibili miglioramenti per velocizzare gli anticipi di liquidità».
Decreto congelato. Lo stallo sugli aiuti e le tensioni nella maggioranza frenano il varo della maxi manovra anti crisi