Dal Fabbro lascia Snam e lancia un fondo
Dimissioni da presidente per lanciare il primo fondo italiano da 100 milioni
In teoria si piacciono, ma finora la finanza e l’economia circolare hanno avuto poche occasioni per incontrarsi. Basta pensare che anche un gigante come BlackRock si è mosso solo nell’autunno scorso con il suo primo veicolo ad hoc, lanciato in collaborazione con i pionieri della Ellen MacArthur Foundation. In Italia ci proverà ora Luca Dal Fabbro, che ieri ha comunicato al cda di Snam le sue dimissioni da presidente. Resterà in carica fino all’assemblea del 18 giugno, ma intanto proseguirà nei preparativi per il primo fondo italiano di private equity interamente dedicato all’economia circolare.
La sfida non è banale: «Estrarre valore dagli scarti, offrendo al mercati rendimenti a doppia cifra», dice a Il Sole 24 Ore. Nessun problema con Snam, anzi: «Con l’ad Marco Alverà, che aveva già intrapreso un importante percorso d’innovazione tecnologica della società, abbiamo voluto imprimere un’accelerazione alla svolta green dell’azienda». Ma sul comfort che una poltrona da presidente può offrire, spiega, «ha prevalso la voglia di tornare a incarichi operativi ed esecutivi, e in particolare di rispondere alle sollecitazioni che mi arrivano dai temi legati all'economia circolare». Che è sfida ambiziosa e ora anche urgente viste le macerie che lascerà la pandemia: «Siamo come nel dopoguerra, bisogna far ripartire l’economia ma nella direzione giusta, bisogna lavorare su competitività e sostenibilità del business».
Il progetto del fondo è già a buon punto ed è in fase di avvio: sarà materia di studio per tutto il mondo della finanza d’impatto, che anche in Italia prova a muovere i primi passi. L’obiettivo di raccolta è a 100 milioni, con un primo closing a quota 50. La durata del fondo, che sarà gestito da una Sgr italiana con cui ci sono contatti molto avanzanti, sarà di dieci anni e l’obiettivo di rendimento almeno del 12%.
La chiave, spiega, è nella durata: «Si tratta di un tipico investimento paziente, che in un orizzonte di medio-lungo periodo può dare soddisfazioni anche superiori a quelle tipicamente offerte da prodotti più speculativi». Il focus sarà l’Italia per questi primi 100 milioni, dove studi di settore hanno individuato un tessuto di aziende “circolari” capaci di attirare equity per almeno un miliardo: nella pipeline del fondo, dice Dal Fabbro, ci sono già dieci potenziali investimenti sotto la lente del team di analisti.
Ovvero «società non quotate che hanno bisogno di denaro per investire nella trasformazione di una materia che è rifiuto/scarto e creare valore, piuttosto che per favorire l’integrazione con aziende più grandi, anche estere». Il tipico contributo del private equity, dunque, anche se il denominatore comune degli investimenti selezionati dal fondo non sarà verticale, e quindi un settore, ma orizzontale, con l’economia circolare. Che «diventerà un fattore di competitività fondamentale nel mercato post covid. Perché da un lato - sottolinea Dal Fabbro c’è la valenza ambientale che diventerà sempre più rilevante anche come leva di business, e dall’altro anche la capacità di accorciare le filiere in un’ottica di prossimità».
Tra i potenziali investitori si sono già fatti avanti alcuni importanti gruppi industriali, interessati anche al know how che un’esperienza di questo tipo può apportare, family office e assicurazioni. La platea poi potrà essere allargata a Fondazioni, banche, enti previdenziali. In pista, la costituzione di un advisory board di livello e di una base operativa a Milano. L’iniziativa, garantisce Dal Fabbro, sarà «puramente di mercato, non prevediamo alcun tipo di leva pubblica. L’unico incentivo sarà il ritorno a due cifre per gli investitori e i benefici per l’ambiente».