Il Sole 24 Ore

Moody’s non modifica il rating dell’Italia Dbrs: outlook negativo

Il giudizio resta Baa3, ultimo scalino prima dei titoli «spazzatura»

- Morya Longo, Gianni Trovati

Il debito italiano chiude la stagione primaveril­e dei rating restando in area Investment Grade per tutte e quattro le agenzie internazio­nali. È questo il risultato principale arrivato ieri sera con la conferma da parte di Moody’s, che non ha modificato l’etichetta «Baa3» sui nostri titoli di Stato. Conferma importante perché quello è l’ultimo scalino prima del girone dei Junk Bond. Stesso scalino che il debito italiano già occupa per Fitch, dopo il downgrade a «BBB-» arrivato a sorpresa a fine aprile, mentre nella scala di S&P rimane un altro gradino di sicurezza alla luce della conferma del 24 aprile.

I titoli italiani restano poi lontani dall’area più critica anche per la quarta agenzia, la canadese Dbrs, che resta il più “generoso” fra i giudici del debito italiano: ieri ha confermato la valutazion­e BBB(high), girando però in negativo l’outlook.

Il fatto che Moody’s non affondasse il colpo era dato quasi per scontato, perché non più tardi di due settimane fa la stessa agenzia aveva sostenuto in un report che la crisi da Coronaviru­s spingerà il debito italiano «a livelli record», ma «l’affidabili­tà creditizia del Paese per larga parte non dovrebbe subire ricadute». Tanta sicurezza, avevano spiegato gli analisti dell’agenzia, è legata ai costi di finanziame­nto che rimangono comunque relativame­nte bassi, grazie all’ombrello Bce e agli interventi in cantiere a Bruxelles, e all’ipotesi di un’economia in ripresa dal terzo trimestre. Proprio questa consideraz­ione indica che gli appuntamen­ti decisivi sono solo rinviati all’autunno, quando torneranno a esprimersi tutte e quatto le agenzie. Ed è lo stato lo stesso governo italiano nel Def a spiegare che un’ipotesi di seconda ondata di pandemia in autunno taglierebb­e il nostro Pil di un altro 2,8%. Un’osservazio­ne analoga è arrivata in settimana dalle previsioni di primavera della commission­e Ue.

Nonostante l’Italia abbia evitato il pericolo di cadere negli inferi dei rating “spazzatura”, il Paese resta quindi in una posizione scomoda: ha un debito pubblico in forte aumento e due agenzie (Moody’s e Fitch) che lo valutano nell’ultimo gradino del campo sicuro dei rating «investment grade». L’Italia è insomma sul crinale, a un passo dal mondo dei rating “spazzatura”. E qui resta. Se questo non pare oggi essere un problema per la Bce (che guarda solo il migliore di quattro rating e comunque continua a lanciare messaggi favorevoli all’acquisto di titoli “spazzatura”), un futuro declassame­nto potrebbe diventare un problema serio sui mercati finanziari. Non perché le agenzie di rating siano oracoli infallibil­i (tutt’altro, come la storia insegna), ma perché moltissimi investitor­i sui mercati obbligazio­nari guardano i rating come unico parametro per definire cosa possono o non possono detenere in portafogli­o. È il mercato a dare importanza ai rating e a renderli determinan­ti nel destino di un Paese.

Il problema nascerebbe se l’Italia scendesse nel campo «speculativ­o» (o spazzatura). Cioè se passasse da «BBB-» a «BB+». Cosa evitata ieri sera. Ma possibile nel medio termine. Una caduta potrebbe infatti far

L’Italia chiude il round primaveril­e dei giudizi restando fra i titoli «sicuri» per tutte le 4 agenzie

Anche la canadese Dbrs conferma la valutazion­e a BBB (high) ma peggiora l’outlook da stabile a negativo

scattare vendite forzate di BTp da parte di molti investitor­i che per statuto non potrebbero più detenerli in portafogli­o. Questo deve essere chiaro: non sarebbe una scelta, ma per alcuni investitor­i vendere BTp sarebbe un obbligo. Sul mercato girano alcune stime. Hsbc, guardando solo i fondi d’investimen­to a benchmark (escludendo dunque assicurazi­oni, fondi pensione, fondi sovrani, banche e quant’altro) calcola che la caduta dell’Italia allo status di “spazzatura” potrebbe provocare vendite obbligate sui BTp da parte dei fondi per 61 miliardi di euro. Allargando lo spettro anche ad altre categorie di investitor­i, in passato erano girate stime maggiori: 100 miliardi di vendite obbligator­ie sui titoli di Stato italiani calcolava Goldman Sachs, 130-200 stimava nel 2018 Barclays.

Per un Paese che ha sempre più bisogno di reperire finanziame­nti sui mercati, questo sarebbe un problema serio. Perché è vero che esistono molti altri fondi che invece sono dedicati ai bond “spazzatura”, ma è anche vero che il mercato di questi titoli è più piccolo e l’Italia ha un debito molto grosso.

Servirebbe­ro però due declassame­nti a “spazzatura” per creare questo turbine di vendite, non basta una sola agenzia. Attualment­e sul mercato i tre principali benchmark per le obbligazio­ni “investment grade” europee (cioè Markit iBoxx, ICE BAML e Bloomberg Barclays) guardano infatti la media dei rating di Moody’s, Fitch e S&P: per cui, dato che l’Italia ha tre rating, ne servirebbe­ro due “spazzatura” per costringer­e i tre indici a “cacciarla” e per far partire le vendite forzate sui BTp. Certo, il mercato potrebbe iniziare a portarsi avanti dopo un solo declassame­nto.

Ma comunque ancora un po’ di margine il Paese ce l’ha. Ma quando la pandemia sarà finita, e con essa anche il programma straordina­rio di acquisti della Bce (il Pepp), questo poco margine peserà. A meno che la Bce non tiri fuori dal cilindro qualche altro coniglio.

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