Aiuti pubblici, la Ue: Stato fino a sette anni nel capitale delle aziende
Per le quotate limite a sei anni Autorizzazione europea solo sopra i 250 milioni
Dopo un lungo tira-e-molla diplomatico e procedurale, la Commissione europea ha pubblicato ieri un nuovo e atteso emendamento alle regole sugli aiuti di Stato che dovrebbe permettere ai paesi membri di effettuare iniezioni di capitale più facilmente, nel drammatico contesto economico provocato dalla pandemia influenzale. È stata confermata la scelta di notifica e di autorizzazione per le operazioni superiori a 250 milioni di euro.
«Con l’evolversi della crisi, molte aziende avranno bisogno di capitali per rimanere a galla – ha spiegato in un comunicato la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager –. Se gli Stati membri decidessero di intervenire, applicheremo le nuove norme per garantire che i contribuenti siano sufficientemente remunerati e che il loro sostegno sia accompagnato da vincoli, tra cui un divieto di dividendi, pagamenti di bonus e ulteriori misure per limitare le distorsioni della concorrenza».
Il tema è delicatissimo. Da un lato, la Commissione europea vuole essere certa di poter permettere ai governi di salvare il tessuto produttivo. Dall'altro, è ben consapevole dei rischi di segmentare ulteriormente il mercato unico. In un primo emendamento, Bruxelles ha facilitato aiuti pubblici, in particolare sotto forma di garanzie finanziarie. Con il pacchetto presentato ieri intende facilitare operazioni di ricapitalizzazione ed eventualmente di nazionalizzazione.
In questo senso, l'esecutivo comunitario ha previsto che alcune condizioni debbano essere rispettate. In particolare, gli aiuti alla ricapitalizzazione dovranno essere concessi solo se non è disponibile un'altra soluzione adeguata e se vi sono chiari rischi sociali ed economici. Lo Stato poi deve essere «sufficientemente remunerato». L'uscita dal capitale, preparata in anticipo, deve avvenire entro sei anni per le società quotate ed entro sette anni per le società non quotate.
Anziché puntare su una data fissa entro cui lo Stato deve uscire, Bruxelles ha preferito optare su un periodo, facendo una differenza tra aziende quotate, tendenzialmente grandi, e aziende non quotate, tendenzialmente piccole. Il nuovo schema sarà in vigore fino al giugno del 2021. Un comunicato ha confermato che l’obbligo di notifica e di autorizzazione comunitaria varrà solo per le operazioni superiori a 250 milioni di euro (si veda Il Sole 24 Ore di ieri e del 29 aprile).
«Fino a quando lo Stato non sarà uscito completamente, i beneficiari sono soggetti a divieti di dividendi e riacquisto di azioni. Inoltre, fino a quando non verrà riscattato almeno il 75% della ricapitalizzazione, verrà applicata una rigorosa limitazione della remunerazione della gestione, incluso un divieto di pagamento di bonus. Tali condizioni mirano inoltre a incentivare i beneficiari e i loro proprietari ad acquistare le azioni di proprietà dello Stato non appena la situazione economica lo consenta».
Il nuovo schema non potrà essere applicato alle società già in difficoltà al 31 dicembre del 2019, si legge nel comunicato. Come detto, le linee-guida pubblicate ieri sono giunte dopo lunghe discussioni tra Bruxelles e i Ventisette per giungere a una quadratura del cerchio che permetta di salvare il tessuto economico se possibile senza sovra capitalizzazioni; contrastare svendite di società importanti ed evitare al tempo stesso nuove segmentazioni del mercato unico.
L’obiettivo è facilitare operazioni di ricapitalizzazione ed eventualmente di nazionalizzazione
Il nuovo schema non potrà essere applicato alle società già in difficoltà al 31 dicembre 2019