LA VERIFICA DEL CONTE II TRA MES E DECRETO
Se le polemiche per il caso Bonafede e per la mozione di sfiducia preparata dal centro-destra – su cui i renziani continuano a fare giochi tattici – hanno tenuto banco in questi giorni, adesso arrivano al dunque due vicende che rappresentano una “verifica” per Conte. Da un lato l’accordo sul Mes trovato al vertice di ieri dell’Eurogruppo che già divide la maggioranza: Zingaretti parla del Fondo come di «un’opportunità» e invece Di Maio esclude la possibilità di attivarlo in attesa del Recovery Fund. Un minuetto su cui, prima o poi, si imporrà la realtà. L’altra vicenda è molto più imminente e riguarda il decreto Rilancio che doveva arrivare ad aprile e invece continua a slittare. Ieri si è visto cos’è che non va perché sono piombate sul tavolo del Mef ben 766 pagine da cui estrarre la versione definitiva del provvedimento. Un assalto alla diligenza come nei tempi ordinari di Finanziaria senza che si sia colta la differenza con questo tempo straordinario.
Comunque, vista questa montagna di carta, si capisce bene la sfida che ha davanti il premier. Quelle pagine rappresentano, infatti, tutte le richieste e le relative mediazioni di cui dovrà farsi carico all’interno della coalizione tenendo conto che non può permettersi errori. È come se avesse solo un colpo e non potesse sbagliare bersaglio perché con questo decreto il premier può conquistare o perdere la credibilità per gestire la Fase 2 e 3 dell’emergenza. Una scommessa interna che si gioca non solo con i partiti ma con sindacati, imprese, commercianti, artigiani e con i cittadini. Ed esterna, perché il testo sarà analizzato con attenzione dai mercati e dalle istituzioni europee per cogliere la capacità del Governo di navigare nella tempesta della recessione. Una capacità già messa in dubbio in questa primissima fase in cui è andata in panne la macchina burocratica per far arrivare liquidità alle imprese ma pure la cassa integrazione è stata un problema. Dunque la prima cosa che ci si attende dal provvedimento è un taglio netto dei tempi e una sburocratizzazione delle procedure.
Accanto alla capacità amministrativa, c’è poi il tema più pesante: le risorse. Nel senso che per un Paese indebitato come il nostro, si è stanziata una tale quantità di soldi che è come se si fosse scommesso il “banco”. Se infatti il precedente decreto “Cura Italia” valeva 25 miliardi, quello che sta per arrivare mette in moto 55 miliardi per una cifra complessiva di 80 miliardi. Alla luce di questo sforzo finanziario sarà possibile rinunciare al Mes?
Quel che è certo è che il Dl Rilancio sarà il biglietto da visita che Conte presenterà al Paese e ai mercati (già nervosi per la sentenza della Corte tedesca) ma si parte da lontano, da quelle 766 pagine. Al Mef chiariscono che si tratta di una raccolta delle richieste arrivate dai ministeri ma già questo rivela il modo in cui si sta lavorando, senza una selezione all’origine e senza seguire una visione che avrebbero dovuto dare il premier e Gualtieri. Si riuscirà a trarre il succo da queste pagine? Il rischio è che le tensioni che serpeggiano, dal caso Bonafede alle tentazioni di rimpasto - Renzi in un’intervista a La Stampa faceva notare che ha la metà dei senatori del Pd ma solo tre dei suoi sono al Governo - potrebbero costringere Conte ad accontentare ciascun partito rinunciando a un disegno d’insieme.