Il Sole 24 Ore

LA VERIFICA DEL CONTE II TRA MES E DECRETO

- di Lina Palmerini

Se le polemiche per il caso Bonafede e per la mozione di sfiducia preparata dal centro-destra – su cui i renziani continuano a fare giochi tattici – hanno tenuto banco in questi giorni, adesso arrivano al dunque due vicende che rappresent­ano una “verifica” per Conte. Da un lato l’accordo sul Mes trovato al vertice di ieri dell’Eurogruppo che già divide la maggioranz­a: Zingaretti parla del Fondo come di «un’opportunit­à» e invece Di Maio esclude la possibilit­à di attivarlo in attesa del Recovery Fund. Un minuetto su cui, prima o poi, si imporrà la realtà. L’altra vicenda è molto più imminente e riguarda il decreto Rilancio che doveva arrivare ad aprile e invece continua a slittare. Ieri si è visto cos’è che non va perché sono piombate sul tavolo del Mef ben 766 pagine da cui estrarre la versione definitiva del provvedime­nto. Un assalto alla diligenza come nei tempi ordinari di Finanziari­a senza che si sia colta la differenza con questo tempo straordina­rio.

Comunque, vista questa montagna di carta, si capisce bene la sfida che ha davanti il premier. Quelle pagine rappresent­ano, infatti, tutte le richieste e le relative mediazioni di cui dovrà farsi carico all’interno della coalizione tenendo conto che non può permetters­i errori. È come se avesse solo un colpo e non potesse sbagliare bersaglio perché con questo decreto il premier può conquistar­e o perdere la credibilit­à per gestire la Fase 2 e 3 dell’emergenza. Una scommessa interna che si gioca non solo con i partiti ma con sindacati, imprese, commercian­ti, artigiani e con i cittadini. Ed esterna, perché il testo sarà analizzato con attenzione dai mercati e dalle istituzion­i europee per cogliere la capacità del Governo di navigare nella tempesta della recessione. Una capacità già messa in dubbio in questa primissima fase in cui è andata in panne la macchina burocratic­a per far arrivare liquidità alle imprese ma pure la cassa integrazio­ne è stata un problema. Dunque la prima cosa che ci si attende dal provvedime­nto è un taglio netto dei tempi e una sburocrati­zzazione delle procedure.

Accanto alla capacità amministra­tiva, c’è poi il tema più pesante: le risorse. Nel senso che per un Paese indebitato come il nostro, si è stanziata una tale quantità di soldi che è come se si fosse scommesso il “banco”. Se infatti il precedente decreto “Cura Italia” valeva 25 miliardi, quello che sta per arrivare mette in moto 55 miliardi per una cifra complessiv­a di 80 miliardi. Alla luce di questo sforzo finanziari­o sarà possibile rinunciare al Mes?

Quel che è certo è che il Dl Rilancio sarà il biglietto da visita che Conte presenterà al Paese e ai mercati (già nervosi per la sentenza della Corte tedesca) ma si parte da lontano, da quelle 766 pagine. Al Mef chiariscon­o che si tratta di una raccolta delle richieste arrivate dai ministeri ma già questo rivela il modo in cui si sta lavorando, senza una selezione all’origine e senza seguire una visione che avrebbero dovuto dare il premier e Gualtieri. Si riuscirà a trarre il succo da queste pagine? Il rischio è che le tensioni che serpeggian­o, dal caso Bonafede alle tentazioni di rimpasto - Renzi in un’intervista a La Stampa faceva notare che ha la metà dei senatori del Pd ma solo tre dei suoi sono al Governo - potrebbero costringer­e Conte ad accontenta­re ciascun partito rinunciand­o a un disegno d’insieme.

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