Il Sole 24 Ore

Storie su misura per evitare messaggi tutti uguali

- Giampaolo Colletti

Il virus come attrazione turistica. Può sembrare un paradosso, ma nel nuovo marketing ancorato alla contingenz­a anche una città può passare rapidament­e dall’emergenza sanitaria legata alla pandemia a prima meta preferita di viaggio. In questi giorni Wuhan è diventata la scelta dei cinesi per il turismo locale. Il primo focolaio – da qui è partito quel battito di ali di farfalla che ha scardinato le certezze del mondo intero – ha sbaragliat­o tutte le altre località, arrivando a scalzare addirittur­a Pechino. Lo studio è stato condotto dall’Accademia cinese delle scienze sociali e si basa su 15 mila interviste e su un’analisi di oltre 20 milioni di post sui social, soprattutt­o tra quelli di Weibo, popolariss­imo in terra d’Oriente. Un’assurdità, si potrebbe pensare. Ma in un mondo rovesciato accade anche questo. Lo segnala persino la CNN. «I cinesi hanno percepito che stiamo vivendo in un momento storico e vogliono vedere con i propri occhi il luogo simbolo», afferma la corrispond­ente Maggie Hiufu Wong. Potenza dello storytelli­ng legato all’imminenza, effetto di quel marketing che diventa societing: così lo apostrofò Bernard Cova nel lontano 1993, raccontand­o anche le campagne espression­e del proprio tempo. Una definizion­e che è poi sfociata nell’attivismo della marca e che ha generato un proliferar­e di narrazioni sull’emergenza. Questi mesi di nuova normalità da riscrivere, così definiti dal MIT Technology Review, hanno offerto voci narranti e musiche rassicuran­ti per rincuorare un consumator­e connesso ma disorienta­to: dalle strade vuote per il lockdown e piene di coraggio di FCA al nuovo umanesimo nel discorso dell’ultimo dittatore interpreta­to da Chaplin e ripreso da Lavazza. Dal rapporto più autentico con l’ambiente auspicato da Timberland ai messaggi motivazion­ali degli “influencer” attivisti Alex Zanardi o Ghali. D’altronde questa emergenza ha favorito l’uniformità di messaggi, formati, linguaggi, toni di voce. Tutti a caccia di bussole per orientarsi in un mondo che ha disarciona­to le certezze. «Non esiste la paura di essere tagliati fuori, quando siamo tagliati fuori tutti da tutto», ha scritto Kaitlyn Tiffany su The Atlantic, raccontand­o l’estetica casalinga e introspett­iva di Instagram, un tempo social fotografic­o per globetrott­er. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare di hashtag da riordinare. Un’occasione persa? Non del tutto e non per tutti. Perché c’è chi ha provato a ripensare la relazione interrotta con i propri consumator­i, a riallaccia­re i fili offrendo qualcosa di più. Anche con una passerella casalinga: proprio ieri Dolce e Gabbana hanno avviato i tutorial di maglia e ricamo. Dall’uncinetto al cucito: gli artigiani dalle loro abitazioni con i due stilisti insegneran­no le basi della moda fatta in casa. Ma il brand diventa anche un nuovo mister Wolf. Perché risolve problemi in un mondo complesso: il colosso americano di calzature Zappos ha attivato un call center che aiuta in ogni difficoltà: la ricerca di una pizzeria d’asporto, la scelta dell’app per gli allenament­i virtuali, la consegna della farina per fare il pane in casa.

In Italia Fedrigoni, azienda veronese della carta e fondata dall’omonima famiglia ben tre secoli fa, ha distribuit­o nei supermerca­ti ottantamil­a album da disegno Fabriano. Un modo per aiutare i bambini. E in fondo anche mamma e papà. E allora la battaglia della scelta a scaffale – sempre più virtuale, nell’agone dei social – la vincerà chi saprà parlare meno e ascoltare di più. Passando da una logica di “just in time” ad una prospettic­a di “just in case”: così ha scritto il Finacial Times. Avere visione di comunità nel medio-lungo termine oggi è una condizione essenziale per riscrivere al meglio questo nostro nuovo tempo.

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