Il paradosso della timidezza mediatica che penalizza le grandi marche
In questi mesi stiamo imparando a conoscere una discontinuità senza precedenti negli ultimi 50 anni che ha messo in discussione in modo profondo ogni regola sanitaria, sociale, educativa, istituzionale, fiscale, economica, di consumo e anche manageriale. In particolare, questa situazione ha evidenziato alcuni paradossi nell’approccio al mercato da parte delle imprese, che sono destinati a lasciare il segno nei prossimi anni. I due paradossi di marketing più interessanti sono, da un lato nell’ambito della comunicazione la presenza di un pubblico e la contemporanea scarsità di un messaggio, e dall’altro il dualismo tra luoghi di acquisto vicini e luoghi lontani.
Il primo paradosso è legato al fatto che da un lato proprio nel momento in cui, forse per la prima volta dopo molto tempo, l’audience dei mezzi di comunicazione tradizionali (e non solo) è cresciuta, dall’altro la propensione a dialogare con i consumatori da parte delle imprese si è ridotta. Basti pensare al fatto che Auditel, nella fase di lockdown, ha registrato un aumento della audience della Tv del +34,9% (+21,2% in daytime e +11,7% in primetime) con un aumento di ATV (Average Time Viewed) di circa 49 minuti a testa. Per non parlare di quanto è avvenuto sul web che, soprattutto per quanto riguarda la visione dei news website (come i siti di Sole 24 Ore, Corriere della Sera, La Repubblica, TgCom 24), ha registrato un aumento del numero di utenti unici mediamente superiore al 100%. Tutto questo si è tradotto in un incremento del potenziale di audience per la comunicazione delle imprese che però è di fatto “congelato” dalla necessità da un lato di rimodulare i costi variabili (come gli investimenti in advertising) e dall’altro da una contingenza sfavorevole ed imprevedibile che ha colpito soprattutto il mercato dei servizi e dei beni non alimentari.
Questa “timidezza mediatica”, che da un lato è comprensibile dal punto di vista finanziario e di mercato, rischia però di penalizzare in modo significativo e duraturo i prodotti e le marche che hanno un posizionamento di mercato di tipo premium (spina dorsale del sistema produttivo italiano). In assenza di una adeguata e consistente narrazione del proprio posizionamento (quello che gli americani definiscono storytelling), infatti, il consumatore tende normalmente a preferire soluzioni più economiche e/o più comode. La timidezza mediatica delle grandi marche ha inoltre favorito le “marche dei distributori” che sono passate dal 20,2% del 2019 al 22,8 del mese di Aprile (dati IRI) e le marche minori.
Il secondo paradosso riguarda il dualismo tra luoghi di acquisto vicini e luoghi di acquisto lontani. Nelle ultime settimane la grande distribuzione ha registrato tassi di crescita schizofrenici dovuti da un lato all’effetto accaparramento e dall’altro all’aumento dei momenti di consumo domestici (chiusura bar, ristoranti, smartworking).
Si consideri che il canale del food service ha registrato una contrazione di 6,7 miliardi di euro solo in parte compensata da maggiori vendite nella Gdo (+2,2milairdi, fonte IRI, REM Lab). Questi fattori hanno spinto le vendite della Gdo a registrare un +17,2% nel “periodo Covid” (marzo+ultima settimana di febbraio, dati IRI). I due canali che hanno però registrato i maggiori tassi di sviluppo sono stati l’e-commerce (+99,9%) e i piccoli negozi di quartiere (+24,9%). Le ragioni di questo dualismo tra l’e-commerce (il “km 1.000”) e i negozi di prossimità (il “km 0”) sono chiaramente connesse ai vincoli imposti dalle regole di comportamento previste dai decreti governativi per prevenire e contenere la diffusione del Covid19, ma avranno effetti molto significativi anche in prospettiva. Molte persone infatti hanno provato per la prima volta ad acquistare prodotti alimentari online (circa il 12% dei consumatori ha comprato food on-line; fonte REM LabUniversità Cattolica) oppure sono ritornati dopo molto tempo a fare la spesa nei negozi sottocasa, rimanendone in entrambi i casi complessivamente soddisfatti. Questo significa che la “nuova normalità” postCoronavirus, che oggi sembra ancora un miraggio, ci riserverà molte sorprese fatte da comportamenti di acquisto e di consumo discontinui, non lineari, più selettivi, dualistici e dissonanti molti dei quali dipenderanno da quello che le imprese sapranno, vorranno e potranno fare in questa fase di grande cambiamento.
Professore ordinario di Shopper & consumer behaviour Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza Società Italiana Marketing
‘‘ In assenza di adeguata narrazione i consumatori preferiscono soluzioni più economiche o più comode