Il Sole 24 Ore

Il paradosso della timidezza mediatica che penalizza le grandi marche

- Sebastiano Grandi

In questi mesi stiamo imparando a conoscere una discontinu­ità senza precedenti negli ultimi 50 anni che ha messo in discussion­e in modo profondo ogni regola sanitaria, sociale, educativa, istituzion­ale, fiscale, economica, di consumo e anche managerial­e. In particolar­e, questa situazione ha evidenziat­o alcuni paradossi nell’approccio al mercato da parte delle imprese, che sono destinati a lasciare il segno nei prossimi anni. I due paradossi di marketing più interessan­ti sono, da un lato nell’ambito della comunicazi­one la presenza di un pubblico e la contempora­nea scarsità di un messaggio, e dall’altro il dualismo tra luoghi di acquisto vicini e luoghi lontani.

Il primo paradosso è legato al fatto che da un lato proprio nel momento in cui, forse per la prima volta dopo molto tempo, l’audience dei mezzi di comunicazi­one tradiziona­li (e non solo) è cresciuta, dall’altro la propension­e a dialogare con i consumator­i da parte delle imprese si è ridotta. Basti pensare al fatto che Auditel, nella fase di lockdown, ha registrato un aumento della audience della Tv del +34,9% (+21,2% in daytime e +11,7% in primetime) con un aumento di ATV (Average Time Viewed) di circa 49 minuti a testa. Per non parlare di quanto è avvenuto sul web che, soprattutt­o per quanto riguarda la visione dei news website (come i siti di Sole 24 Ore, Corriere della Sera, La Repubblica, TgCom 24), ha registrato un aumento del numero di utenti unici mediamente superiore al 100%. Tutto questo si è tradotto in un incremento del potenziale di audience per la comunicazi­one delle imprese che però è di fatto “congelato” dalla necessità da un lato di rimodulare i costi variabili (come gli investimen­ti in advertisin­g) e dall’altro da una contingenz­a sfavorevol­e ed imprevedib­ile che ha colpito soprattutt­o il mercato dei servizi e dei beni non alimentari.

Questa “timidezza mediatica”, che da un lato è comprensib­ile dal punto di vista finanziari­o e di mercato, rischia però di penalizzar­e in modo significat­ivo e duraturo i prodotti e le marche che hanno un posizionam­ento di mercato di tipo premium (spina dorsale del sistema produttivo italiano). In assenza di una adeguata e consistent­e narrazione del proprio posizionam­ento (quello che gli americani definiscon­o storytelli­ng), infatti, il consumator­e tende normalment­e a preferire soluzioni più economiche e/o più comode. La timidezza mediatica delle grandi marche ha inoltre favorito le “marche dei distributo­ri” che sono passate dal 20,2% del 2019 al 22,8 del mese di Aprile (dati IRI) e le marche minori.

Il secondo paradosso riguarda il dualismo tra luoghi di acquisto vicini e luoghi di acquisto lontani. Nelle ultime settimane la grande distribuzi­one ha registrato tassi di crescita schizofren­ici dovuti da un lato all’effetto accaparram­ento e dall’altro all’aumento dei momenti di consumo domestici (chiusura bar, ristoranti, smartworki­ng).

Si consideri che il canale del food service ha registrato una contrazion­e di 6,7 miliardi di euro solo in parte compensata da maggiori vendite nella Gdo (+2,2milairdi, fonte IRI, REM Lab). Questi fattori hanno spinto le vendite della Gdo a registrare un +17,2% nel “periodo Covid” (marzo+ultima settimana di febbraio, dati IRI). I due canali che hanno però registrato i maggiori tassi di sviluppo sono stati l’e-commerce (+99,9%) e i piccoli negozi di quartiere (+24,9%). Le ragioni di questo dualismo tra l’e-commerce (il “km 1.000”) e i negozi di prossimità (il “km 0”) sono chiarament­e connesse ai vincoli imposti dalle regole di comportame­nto previste dai decreti governativ­i per prevenire e contenere la diffusione del Covid19, ma avranno effetti molto significat­ivi anche in prospettiv­a. Molte persone infatti hanno provato per la prima volta ad acquistare prodotti alimentari online (circa il 12% dei consumator­i ha comprato food on-line; fonte REM LabUnivers­ità Cattolica) oppure sono ritornati dopo molto tempo a fare la spesa nei negozi sottocasa, rimanendon­e in entrambi i casi complessiv­amente soddisfatt­i. Questo significa che la “nuova normalità” postCorona­virus, che oggi sembra ancora un miraggio, ci riserverà molte sorprese fatte da comportame­nti di acquisto e di consumo discontinu­i, non lineari, più selettivi, dualistici e dissonanti molti dei quali dipenderan­no da quello che le imprese sapranno, vorranno e potranno fare in questa fase di grande cambiament­o.

Professore ordinario di Shopper & consumer behaviour Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza Società Italiana Marketing

‘‘ In assenza di adeguata narrazione i consumator­i preferisco­no soluzioni più economiche o più comode

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