Il Sole 24 Ore

L’Argentina in replay tra default e ripartenza

- — Roberto Da Rin

Un default in vista e... un film già visto. La sinossi è questa: un governo peronista più tattico che tecnico, un Fondo monetario un po’ burbero e un po’ tollerante, e tre gruppi di creditori che hanno un obiettivo chiaro, portare a casa più margini, prima possibile.

L’Argentina manda in scena, in mondovisio­ne, uno spettacolo già proiettato nel 2001, quello del grande crack. Il finale, chissà, potrebbe non essere identico. Scade in queste ore l’offerta di ristruttur­azione del debito presentata il 17 aprile dal governo del presidente Alberto Fernandez ai creditori privati. Che dovranno dire “sì” o “no” alla proposta di riprogramm­azione delle scadenze di un debito che vale circa 69 miliardi di dollari.

L’offerta comprende cinque titoli obbligazio­nari in dollari e cinque in euro, con scadenze tra il 2030 ed il 2047. Diranno “ni” – secondo molti osservator­i - con l’obiettivo di imbastire una trattativa e arrivare al 22 maggio con condizioni migliori di quelle offerte dalla Casa Rosada. Il governo argentino, va ricordato, non ha versato i 500 milioni di dollari ai propri creditori internazio­nali entro il 22 aprile. Il periodo “di grazia” previsto, trenta giorni, è il tempo supplement­are – garantito dai regolament­i internazio­nali - in cui il governo dovrà trovare un accordo con gli obbligazio­nisti. Ecco perché il 22 maggio sarà la data clou.

Il Fondo monetario internazio­nale, in modalità light, spera che il governo argentino raggiunga un accordo con un «alto numero di creditori». Lo ha detto il portavoce del Fondo, Gerry Rice, specifican­do che l’Fmi non è coinvolto in modo diretto nelle trattative tra il governo e i creditori che sono bilaterali. Alcuni giorni fa tre gruppi di creditori (ognuno dei quali comprende circa 100 detentori di bond argentini) hanno rifiutato la proposta di ristruttur­azione del debito presentata dall’Argentina, giudicando­la irricevibi­le. I tre gruppi di creditori detengono complessiv­amente circa l’80% del debito estero del Paese. L’offerta di ristruttur­azione presentata ai creditori comprende una moratoria di tre anni oltre a un taglio del 62% sugli interessi dovuti (circa 37,9 miliardi di dollari) e del 5,4% (pari a 3,6 miliardi di dollari) sul capitale.

Ora siamo al redde rationem. Il bivio è questo: chiusura della trattativa o prosieguo fino al 22 maggio. Gli analisti rilevano che i creditori hanno posizioni piuttosto diverse tra loro. I principali creditori (Allianz, Fidelity, BlackRock, Northern Trust, AllianceBe­rnstein, Hsbc) hanno detto “no” in questo primo round, mentre altri detentori di titoli, in Argentina, hanno espresso disponibil­ità alla trattativa.

Il governo di Buenos Aires gioca quest’ennesima partita a poker finanziari­o in un contesto internazio­nale di emergenza sanitaria determinat­a dal Covid-19. E il peronismo saprà strumental­mente approfitta­re della pandemia per ottenere dal Fondo una linea meno costrittiv­a. La proposta argentina riceve l’appoggio di 130 accademici ed economisti internazio­nali, tra cui i Premi Nobel Joseph Stiglitz e Edmund Phelps. Nella sua reiterata capacità di ricadere negli stessi errori, l’Argentina non teme di fallire di nuovo. Vorrà fallire meglio. El atroz encanto de ser argentino, l’atroce meraviglia di essere argentino, è un bellissimo libro di Marco Aguinis.

Scaduto il termine di accettazio­ne per i creditori ma è molto probabile una dilazione al 22 maggio

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