«Si deve ridurre la catena tra committente e fornitore»
«Il mondo di oggi è molto complicato e, per quanto riguarda il nostro mestiere, non funziona più il processo lineare di una volta, che partiva dal cliente, passava per l’architetto e arrivava al fornitore. Oggi è necessaria una integrazione di tutte le funzioni e competenze. Ciascuno deve fare un passo indietro per poter fare tutti assieme un passo avanti». Franco Guidi è co-fondatore e amministratore delegato di Lombardini 22, il gruppo di architettura e ingegneria nato nel 2007 e diventato in poco più di dieci anni il primo in Italia per fatturato (15,8 milioni di euro nel 2018) secondo la classifica Guamari. Ma non è un architetto: è un economista laureato in Bocconi e proprio il suo background “esogeno” al settore esprime bene l’anima stessa dello studio, fondata sulla multidisciplinarietà. Lombardini 22 sarà una delle società di architettura presente nel Padiglione Contract Hall di Cersaie, a novembre.
Qual è la chiave per il futuro?
Prima di tutto bisogna essere sul mercato, farsi conoscere e incontrare possibili nuovi partner. C’è la necessità di una integrazione maggiore tra le diverse componenti della filiera delle costruzioni: le aziende che producono i materiali, i developer e i progettisti.
Il contract può essere il canale privilegiato dell’integrazione della filiera?
Il contract è un sistema molto interessante, perché richiede la capacità di creare un’alleanza tra tutti gli elementi della catena. Il nostro Studio si basa proprio su questa logica: siamo 305 dipendenti, provenienti da 17 nazioni e da percorsi molto differenti, architettura, ingegneria, economia, comunicazione e neuroscienze. Siamo abituati a lavorare facendo dialogare tante competenze diverse.
Quali elementi di competitività può giocare la ceramica in questo settore?
È un materiale destinato ad avere un ruolo sempre più importante nel futuro del contract, perché risponde a temi urgenti come la sostenibilità e l’economia circolare, grazie alla sua durevolezza nel tempo e alla possibilità di riciclo; ma anche alle esigenze di pulizia che dopo l’esplosione della pandemia da Covid-19 sono diventate prioritarie. Dal punto di vista di noi progettisti, inoltre, i prodotti in ceramica offrono un ampio spettro di possibilità di utilizzo, grazie a formati e spessori sempre nuovi e diversi che le aziende italiane immettono sul mercato.
In quali ambiti dell’architettura l’uso della ceramica si presta maggiormente?
Un po’ tutti, dal residenziale agli spazi pubblici, proprio grazie a questa estrema versatilità e a un buon rapporto qualità-prezzo che, mi creda, è un argomento molto importante quando dobbiamo convincere i general contractor nella scelta dei prodotti. Noi lavoriamo molto nella progettazione di centri commerciali e abbiamo utilizzato la ceramica in molti casi, ad esempio per le Fonti del Corallo di Livorno o per il rinnovamento dei centri Unicoop di Firenze. In ambito alberghiero, invece, abbiamo usato di recente ceramiche di grande formato con effetto pietra per le testate dei letti e per i bagni del Regency di Roma.
Le aziende italiane sono pronte per un sistema complesso come il contract?
Sono aziende molto capaci e innovative sul prodotto. Credo che ora dovrebbero fare passo in avanti nella conoscenza del cliente finale: sarà sempre più importante ridurre il numero di intermediari tra il produttore e il committente, perché il mercato chiede una comprensione diretta e profonda delle esigenze dei clienti. Torniamo al tema dell’integrazione: è necessaria la collaborazione di tutti per raggiungere nel modo più rapido, efficace e conveniente gli obiettivi.