Ceramica, il contract per la ripresa
Dopo l’emergenza Covid, le commesse pubbliche e private saranno la leva per rilanciare i consumi Secondo uno studio di Pwc, l’Asia è il mercato più promettente anche se c’è da battere la concorrenza di Cina e India
Èforse esagerato affermare che il contract – ovvero il mercato delle grandi forniture internazionali e dei progetti chiavi in mano – salverà l’industria italiana della ceramica dall’impatto del Covid-19. Ma è innegabile che, per un settore da sempre legato a doppio filo a quello dell’edilizia e dell’architettura, la domanda di piastrelle destinate ai grandi cantieri in tutto il mondo rappresenta un’ancora di salvezza in una fase in cui la rete distributiva è rimasta chiusa in quasi tutti in Paesi e in molti, compreso il nostro, lo è ancora.
Secondo le stime di PwC, il consumo di piastrelle in ceramica nel segmento del contract ha un valore di circa 5 miliardi di metri quadrati (su un consumo complessivo di 13 miliardi) e incide tra il 20 e il 25% sul fatturato delle imprese produttrici.
Non basterà certo a compensare le perdite che le imprese italiane hanno subito in seguito all’esplosione della pandemia, stimate finora in oltre mezzo miliardo di euro, su un fatturato complessivo di 5,4 miliardi nel 2019. Ma è sicuramente un punto di ripartenza, come conferma il presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani: «Il mercato dei grandi progetti è destinato a diventare sempre più rilevante – osserva – perché i prodotti made in Italy hanno caratteristiche tecniche e un contenuto di innovazione che li rendono adatti a rivestire qualsiasi tipo di superficie, dalle facciate di un edificio al ripiano di un mobile, garantendo igienizzazione e pulizia anche frequenti senza rischio di rovinare il materiale».
Un aspetto particolarmente sentito, in questo momento, dal mercato. «Ci aspettiamo un aumento della domanda destinata soprattutto a scuole, ospizi, stazioni e aeroporti – dice ancora Savorani –. Noi siamo pronti con prodotti adeguati, soprattutto con i grandi formati, che hanno una parte di fughe e giunzioni insignificante rispetto alla superficie ceramica, che garantisce il massimo della pulizia».
Prestazioni che si aggiungono alle caratteristiche di sostenibilità, resistenza, flessibilità e buon rapporto qualità prezzo che già rendevano la ceramica particolarmente appetibile per architetti e costruttori.
«L’emergenza in corso ha sicuramente frenato il mercato a livello globale – osserva Caterina Moliterno, director Pwc Strategy e curatrice di un’indagine sul mercato delle piastrelle per il segmento contract – perché molti cantieri si sono fermati o hanno registrato significativi rallentamenti. Tuttavia le previsioni sono di una progressiva ripresa e crescita, spinta anche dalla necessità di ripensare gli spazi sul medio-lungo periodo, per adattarli alla cosiddetta nuova normalità, che richiede una maggiore attenzione su temi come l’igiene e il distanziamento sociale».
In quest’ottica i prodotti italiani sono molto competitivi, aggiunge Moliterno, «perché da sempre le aziende investono molto sull’innovazione dell’offerta e hanno realizzato ad esempio piastrelle autopulenti o che addirittura purificano l’aria circostante». Un fattore non da poco, soprattutto su mercati ad alto potenziale, come il Regno Unito o gli Stati Uniti, dove le piastrelle italiane scontano la concorrenza di rivestimenti tradizionali come la moquette o di prodotti a basso costo.
Le stime al 2024, elaborate da PwC tenendo conto dell’impatto di Covid19, parlano di un aumento, sul 2019, di quasi il 5% del mercato delle piastrelle in ceramica per il contract nel Regno Unito, dove il consumo attualmente è di appena 10 milioni di mq. Molto più significativo il peso degli Stati Uniti, con 145 milioni di mq nel 2019 e 160 milioni nel 2024 (+2%). Anche in Italia si attende una buona crescita, con consumi in aumento dell’1,3%, a quota 66 milioni di mq di piastrelle destinate al contract nel 2024. Ma è l’area Asia-Pacifico il vero Eldorado per le aziende, con un mercato atteso in crescita del 7%, da 5,6 a 7,1 miliardi di mq. Il problema, in questa parte del mondo, è la concorrenza dei produttori locali a basso costo Cina e India su tutti.
«Le aziende italiane si difendono sul segmento alto del mercato, puntando su qualità, sostenibilità e design – osserva Roberto Sollevanti, di PwC –. Proprio il contract è il veicolo che consente di sfruttare al meglio queste caratteristiche per competere sui mercati». Ma per riuscirci, i produttori italiani devono imparare a investire, oltre che su prodotto, servizi e certificazioni, anche sull’organizzazione della filiera distributiva: oggi la rete è basata ancora su un modello tradizionale, che delega sostanzialmente ai rivenditori la gestione dei rapporti con progettisti e general contractor. «Sempre più, invece, le aziende dovranno virare su una struttura organizzativa che consenta di approcciare in modo specifico e diretto questo mercato», suggerisce Sollevanti. Proprio a questa esigenza risponde il nuovo progetto espositivo proposto da Cersaie, la fiera del settore organizzata da Confindustria Ceramica, che giovedì ha confermato l’edizione 2020, spostando però a novembre (dal 9 al 13) le nuove date. L’esperienza positiva della sezione Archincont(r)act lanciata nel 2019, quest’anno si trasforma in un vero e proprio padiglione, Contract Hall, destinato a far incontrare le aziende della ceramica con il mondo del progetto.