Il Sole 24 Ore

LO SCAFANDRO IDEOLOGICO DELLA CORTE DI KARLSRUHE

- Di Sergio Fabbrini

Èstato un vero e proprio pandemonio. La sentenza della Corte costituzio­nale tedesca (Bundesverf­assungsger­icht o BVerfG) del 5 maggio scorso ha preso tre obiettivi con un colpo solo. Ha definito ingiustifi­cabile il quantitati­ve easing perseguito dalla Banca centrale europea (Bce), a partire dal 2015, con il Public Sector Purchase Programme (PSPP), gettando un’ombra sul suo attuale programma anti-pandemico. Ha giudicato “ultra vires” (al di là dei suoi poteri) la sentenza del 2018 della Corte di giustizia europea (Cge), che aveva considerat­o il PSPP compatibil­e con il mandato della Bce. Ha criticato il governo tedesco e il Bundestag (la camera popolare del parlamento) per non aver difeso gli interessi di risparmiat­ori, banche e assicurazi­oni della Germania che, per anni, avevano accusato Mario Draghi di averli danneggiat­i azzerando i tassi di interesse (a vantaggio dei Paesi debitori come l’Italia). Tale pandemonio non è stato però creato accidental­mente. Quella sentenza radicalizz­a la visione politica dell’integrazio­ne europea che il BVerfG sta affermando da anni. Se per la Cge (sin dalla sentenza Van Gend en Loos del 1963) l’integrazio­ne europea «ha creato un nuovo ordine giuridico» sovranazio­nale, per il BVerfG l’Europa integrata continua ad essere indiscutib­ilmente un’organizzaz­ione interstata­le. Vediamo meglio.

Sin dai primi anni Novanta del secolo scorso, il BVerfG ha usato le sue sentenze per contrastar­e, con sistematic­ità e continuità, la visione sovranazio­nale dell’Unione europea (Ue).

In singolare coincidenz­a con l’unificazio­ne della Germania dell’ottobre 1990, il BVerfG ha sviluppato una critica radicale del sovra-nazionalis­mo, in quanto privo (a suo giudizio) di legittimaz­ione democratic­a. Per il BVerfG, l’Ue non può essere investita di poteri indipenden­ti perché non si basa su un popolo europeo (omogeneo) che possa legittimar­ne l’uso. Per il BVerfG, l’Ue è una organizzaz­ione che deriva dalla volontà degli stati nazionali che l’hanno costituita. Questi ultimi sono “i signori dei Trattati” e i loro organi democratic­i (parlamenti, governi e corti) debbono avere il controllo sulle decisioni che vengono prese a livello europeo. Nella sentenza sul Trattato di Maastricht (Maastricht-Urteil) del 1993, il BVerfG precisa che «il Bundestag deve mantenere compiti e poteri di peso sostanzial­e (in quanto) il Parlamento europeo ha solamente un ruolo di supporto nel fornire legittimaz­ione (all’Ue)». Nella sentenza del 2009 sul Trattato di Lisbona (Lissabon-Urteil), il BVerfG critica il Trattato perché non ha riconosciu­to al parlamento tedesco «sufficient­i diritti di partecipaz­ione nelle procedure legislativ­e europee e in quelle per l’emendament­o dello stesso Trattato». L’adozione del criterio di “proporzion­alità degressiva” per la composizio­ne del Parlamento europeo ha reso quest’ultimo ancora meno democratic­o. Quel criterio, in quanto sovra-rappresent­a i piccoli stati rispetto ai grandi stati, penalizza gli elettori tedeschi (che pure eleggono il maggior numero di parlamenta­ri europei). Le sentenze del 2012 su Fiscal Compact e Meccanismo europeo di stabilità rafforzano lo stesso principio, ovvero sono costituzio­nali «solamente in quanto garantisca­no al Bundestag» di esercitare un «pieno controllo» sulle decisioni di spesa.

Nella visione del BVerfG convergono sia le teorie stataliste che costituzio­naliste della tradizione tedesca. Lo stato costituzio­nale (secondo Paul Kirchhof, l’architetto del Maastricht-Urteil) è la condizione irrinuncia­bile per la preservazi­one della democrazia e per la difesa dell’identità del suo popolo. Vista la storia della Germania, è un gran bene che il BVerfG difenda con vigore i principi costituzio­nali. Tuttavia, in quella difesa, c’è un’idea politica che ha la forma di una vera e propria ideologia. C’è l’idea che senza un popolo omogeneo non possa esserci democrazia, con la conseguenz­a che quest’ultima può prosperare unicamente nello stato nazionale costituzio­nale. Tale idea è priva di evidenza empirica, anche se riflette la specifica vicenda tedesca. In altri Paesi europei (come la Francia e l’Inghilterr­a), il popolo è storicamen­te un derivato dello stato, non già un suo presuppost­o. Ma soprattutt­o in unioni di stati divenute federali (come gli Stati Uniti e la Svizzera), la democrazia è stata costruita in assenza di un popolo omogeneo e di uno stato centralizz­ato. Se, come sostiene il BVerfG, la democrazia può esistere solamente nello stato nazionale, allora le istituzion­i sovranazio­nali dell’Ue possono agire solamente se sono controllat­e dalle istituzion­i nazionali. Così, per il BVerfG, la Bce è piuttosto un Sistema di banche centrali, la Cge è piuttosto una delle corti del pluralismo costituzio­nale europeo, la Commission­e è piuttosto un insieme di commissari nazionali, il Parlamento europeo è piuttosto un’espression­e di elettorati nazionali. In questa estremizza­zione ideologica, lo stesso mercato unico è destinato ad essere messo in discussion­e, dato che esso non può esistere senza l’autonomia di istituzion­i sovranazio­nali (come la Cge e la Commission­e). Ne sono consapevol­i coloro che vogliono trovare una mediazione con le pretese del BVerfG di poter nullificar­e le decisioni degli organi sovranazio­nali?

Insomma, con la sentenza del 5 maggio, il BVerfG ha fatto un grande passo in avanti nell’affermare la sua visione politica. Una visione interstata­le, non sovranista, anche se utilizzabi­le da governi come quello polacco e ungherese. Il BVerfG è all’interno di uno scafandro ideologico che gli impedisce di capire la diversità sostanzial­e tra la vicenda tedesca e l’integrazio­ne europea. È talmente affascinat­o dalla retorica dei suoi ragionamen­ti che non si pone il problema delle loro conseguenz­e. Anche John Caldwell Calhoun (1782 – 1850), l’uomo politico americano che più di altri elaborò la teoria degli States’ Rights, era compiaciut­o dalla retorica dei suoi ragionamen­ti. Quella teoria, secondo la quale l’America era un’unione di stati sovrani che avevano il potere di nullificar­e le misure del governo federale, contribuì non poco a creare le condizioni della Guerra Civile esplosa dieci anni dopo la sua morte. C’è qualcuno che è in grado di aprire lo scafandro di Karlsruhe?

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Il 24 novembre sarà in edicola (a 12,90 euro oltre al prezzo del quotidiano) e in seguito anche in libreria il volume «Ritratti italiani» che raccoglie tutte le rubriche domenicali di Paolo Bricco «A tavola con» pubblicate negli ultimi due anni. Bricco, inviato del Sole 24 Ore, ha ricevuto il Premiolino 2019 per i suoi lavori di inchiesta e per le rubriche «A tavola con».
Il volume. Il 24 novembre sarà in edicola (a 12,90 euro oltre al prezzo del quotidiano) e in seguito anche in libreria il volume «Ritratti italiani» che raccoglie tutte le rubriche domenicali di Paolo Bricco «A tavola con» pubblicate negli ultimi due anni. Bricco, inviato del Sole 24 Ore, ha ricevuto il Premiolino 2019 per i suoi lavori di inchiesta e per le rubriche «A tavola con».
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