Professionisti compatti: è il momento di abolire l’Irap
L’abolizione richiesta dal presidente designato di Confindustria Bonomi trova l’appoggio delle categorie. Luciano (Cassa forense): «Iniqua perché colpisce chi dà lavoro»
Il drammatico impatto della pandemia sul quadro economico e sullo scenario della ripresa potrebbe essere il momento giusto per ripensare o superare del tutto una delle tasse più controverse e contestate.
Il mondo delle professioni risponde compatto alla proposta del presidente designato di Confindustria, Carlo Bonomi, di abolire l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, nella doppia finalità di alleggerire il carico fiscale che grava sul settore produttivo, di semplificare gli adempimenti e in sostanza di evitare una partita di giro inutilmente complicata in queste settimane tra misure di sostegno da erogare e imposta da riscuotere.
«Molte volte in passato, l’ultima nel 2018, avevamo proposto la riforma dell’Irap – dice Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili – oggi sostengo che è giusto tagliarla, con un colpo di spugna sulla drammatica congiuntura che stiamo vivendo». E il buco di gettito che ne deriverebbe? «Più avanti ci sarà tempo e occasione di riconsiderare la partita, si valuterà come compensare la riduzione di gettito e il finanziamento del sistema sanitario. Ma oggi è urgente cancellare questa imposta che, nonostante sia stata limitata negli anni, continua ad avere effetti distorsivi, a complicare adempimenti e in definitiva ad aggravare i costi per imprese e professionisti».
Concetti questi rafforzati da Gaetano Ragucci, presidente dell’Associazione nazionale tributaristi, secondo cui «l’Irap è ormai un residuo del passato, ha smarrito la sua funzione originaria ed è una duplicazione destrutturata dell’imposta sui redditi». Quanto all’impatto negativo della sua eventuale abolizione «stiamo parlando di 25 miliardi che entrerebbero in forma di liquidità disponibile nel sistema produttivo, nell’ambito di una manovra emergenziale che oggi sta cercando risorse per 55 miliardi. Non mi sembra un aspetto trascurabile» chiosa Ragucci. In prospettiva. poi, «la riforma dell’Irap potrebbe passare da un’addizionale Irpef, con platea diversa ma effetti meno distorsivi».
Per Marina Calderone, presidente del Comitato unitario delle professioni «quando si parla di ridurre la pressione fiscale sulle aziende italiane c’è solo da essere d’accordo. In particolare, per tutte le piccole e medie aziende che stanno cercando di gestire anche la crisi di liquidità creatasi con il lockdown. Eliminare l’Irap va certamente nella direzione giusta, anche se si devono trovare nuove misure di sostegno per i servizi regionali, sanità in testa. Ma questa auspicabile eliminazione non risolve il problema immediato degli imprenditori, alle prese con il pagamento dei debiti maturati in questi mesi di chiusura. Il ricorso al credito bancario non è risultato né semplice né fruibile. Quindi si rende necessario comunque intervenire con contributi a fondo perduto, utili a fare ripartire».
Via libera convinto anche dalle casse autonome dei professionisti. «Sono assolutamente d’accordo con il presidente designato di Confindustria – dice Nunzio Luciano, presidente di Cassa forense – è una tassa da eliminare senza esitazioni, iniqua tra l’altro perché, mi riferisco in particolare agli studi professionali, colpisce chi dà lavoro e quindi chi è già più “visibile” all’amministrazione finanziaria. Eliminiamola senza rimpianti, ricordandoci poi che il Pil dipende in larga misura dalle Pmi, tanto più oggi». «Perfetta identità di vedute con Bonomi – aggiunge Walter Anedda, presidente della Cassa dottori commercialisti – il contributo al Pil di imprese e professionisti è determinante, bisogna iniziare a pensare di favorire chi produce e non di complicargli la vita e i conti. Questo è il momento di iniziare dalle priorità, senza esitazioni».
Marina Calderone (Cup): intervento necessario per cercare di gestire anche la crisi di liquidità