Sconti fiscali fino a 2 milioni per ricapitalizzare le Pmi
Fisco. Taglio a Irpef o Ires del 20% per Spa e Srl che abbiano un fatturato tra 5 e 50 milioni e in calo del 33% sul 2019 Cdp. L’intervento sui capitali delle imprese soggetto a vincoli stringenti: c’è anche l’obbligo di mantenere l’occupazione
Sconti fiscali per le piccole e medie aziende che rafforzano il capitale. La misura è pensata per Spa ed Srl fra i 5 e i 50 milioni di fatturato, escluse banche, assicurazioni e intermediari finanziari, che per l’emergenza sanitaria abbiano perso almeno il 33% del fatturato. Si tratta, secondo la bozza della maximanovra circolata ieri, di uno sconto fino a due milioni in tre anni sull’Ires o sull’Irpef per aiutare le ricapitalizzazioni private nelle Pmi. Per le quali è poi prevista una nuova spinta ai Pir per gli investimenti nelle aziende. L’architettura degli aiuti di Stato deve ancora chiarire alcuni tasselli cruciali: sopra i 50 milioni di fatturato interverrebbe l’operazione «patrimonio destinato» di Cdp, che durerà 12 anni ma sarà regolata da un decreto del Mef chiamato anche a recepire i vincoli fissati dalle nuove regole Ue.
Uno sconto fiscale fino a due milioni in tre anni sull’Ires o sull’Irpef per aiutare le ricapitalizzazioni private nelle piccole e medie imprese; sempre per le Pmi, una nuova spinta ai Pir per gli investimenti nelle aziende. E poi l’architettura degli aiuti di Stato, che però deve ancora chiarire alcuni tasselli cruciali: sopra i 50 milioni di fatturato interverrebbe l’operazione «patrimonio destinato» di Cdp, che durerà 12 anni ma sarà regolata da un decreto del Mef chiamato anche a recepire i vincoli fissati dalle nuove regole Ue sugli aiuti di Stato che fra le altre cose imporrebbero di ripagare con interessi elevati il capitale pubblico (Sole 24 Ore di ieri); fra i 10 e i 50 milioni di fatturato sarebbe invece il campo d’azione degli aumenti di capitale pubblico-privati guidati dal meccanismo del «pari passu».
Nella bozza della maximanovra anticrisi circolata ieri il binario privato per i sostegni alle imprese sembra viaggiare più dritto di quello pubblico. Anche se tutto il pacchetto continua a essere al centro delle tensioni nella maggioranza che ieri hanno animato il vertice fiume fra Conte, Gualtieri e i capi delegazione e che continuano a far slittare il consiglio dei ministri.
E poggia, prima di tutto, sugli sconti fiscali per le piccole e medie aziende che rafforzano il capitale. La misura è pensata per Spa ed Srl fra i 5 e i 50 milioni di fatturato, escluse banche, assicurazioni e intermediari finanziari, che per l’emergenza sanitaria abbiano perso almeno il 33% del fatturato: sul punto la bozza propone due periodi di riferimento, marzo-aprile o gennaio-aprile 2020, da confrontare con lo stesso periodo del 2019. Un punto chiave sarà rappresentato dalla finestra temporale in cui agisce l’agevolazione: che si chiude al 31 dicembre, ma potrebbe aprirsi solo con l’entrata in vigore del decreto, tagliando fuori gli aumenti già deliberati.
Lo sconto funzionerebbe sia sull’Irpef sia sull’Ires: nel primo caso come detrazione e nel secondo come credito d’imposta, da scontare nel primo anno utile e nei tre successivi. Ma la porta è chiusa per chi già utilizza gli incentivi per le start up (Dl 179/2012) e per le Pmi innovative (Dl 3/2015). Nella bozza si fa strada poi un ulteriore credito d’imposta, che si misura sul 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto e può arrivare al 30% dell’aumento di capitale.
Più articolato, e al momento più indefinito, è il meccanismo degli interventi pubblici. Il fatturato minimo per accedere al «pari passu» sale a 10 milioni (il massimo resta 50). La quota pubblica sarebbe erogata, su richiesta, da un fondo statale tramite strumenti finanziari che durano 6 anni e non maturano interessi. Al meccanismo accederebbero gli aumenti di capitale da almeno 250mila euro, e l’azienda interessata, a patto di essere in regola con gli obblighi fiscali e contributivi e con le norme edilizie e lavoristiche, potrebbe chiedere una somma compresa fra questo limite minimo e l’importo effettivo dell’aumento di capitale, con un tetto a 3 milioni. In cambio dovrebbe però sottoscrivere cinque impegni vincolanti: il più insidioso è l’ultimo, che in forma molto generica chiede di «non porre in essere operazioni dalle quali derivi la riduzione del valore di rimborso» per gli strumenti finanziari erogati dal fondo.
Ma nel pacchetto entra anche l’obbligo di non deliberare dividendi o altre mosse che finirebbero per remunerare i soci con i soldi pubblici, il vincolo a «non diminuire i livelli occupazionali esistenti al momento della presentazione della domanda» e l’obbligo di utilizzare l’aiuto statale per finanziare costi di personale, investimenti o capitale circolante in Italia. Sarebbe vietato usare soldi pubblici per il pagamento di debiti pregressi, e non sarebbe derogabile il termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio per l’approvazione del bilancio.
L’agevolazione prende la forma di detrazione Irpef o credito di imposta Ires. Il limite di 2 milioni su tre anni
600 MILIONI PER LE BOLLETTE ELETTRICHE La dote per la riduzione nel periodo aprile giugno per le micro imprese. La misura sarà attuata dall’Authority per l’energia (Arera)